Cecoslovacchia: breve storia della Nazionale

Nata nel 1918 dalla dissoluzione dell’Impero Austro-Ungarico, la Cecoslovacchia visse come entità politica fino al 1992, quando venne divisa tra Repubblica Ceca e Slovacchia. Tra i momenti più alti della Nazionale: due finali mondiali (1934 e 1962), un Europeo (1976) e un oro olimpico (1980).

Nel regno austro-ungarico della doppia corona il calcio comincia ad interessare i giovani a cavallo dell’inizio del ventesimo secolo. Il primo incontro internazionale della Boemia la vede impegnata a Budapest dove viene sconfitta di misura per 1-2. Gli incontri della Boemia in quel periodo si svolgono principalmente con l’Ungheria e con l’Austria, che l’affrontava con la denominazione di Wiener Team, non riconoscendo ai boemi l’identità nazionale.

Nel congresso della FIFA del 1908 la potente Football-Association inglese riuscì a favorire la federazione austriaca ottenendo la defenestrazione della federazione boema e così fino al 1920 il calcio ceco non ebbe che rari contatti internazionali. Ma queste rare apparizioni non impedirono alla Boemia di ottenere la prima vittoria sull’Austria (4-1) nel 1910 e risultare la migliore selezione centro-europea quando i maestri inglesi guidati da Woodward vennero in visita nel 1908 infliggendo all’Austria un umiliante doppia sconfitta per 1-6 e 1-11, e all’Ungheria un perentorio 0-7. Il calcio boemo fece miglior figura riuscendo a limitare i danni ad un accettabile 0-4.

In ambito interno le due massime entità calcistiche, lo Slavia e lo Sparta, entrambe di Praga, convogliavano l’attenzione degli sportivi. Poi con la sconfitta dell’impero Austro-Ungarico nella guerra 1915-18 il nuovo assetto, permetteva a cechi, boemi e rumeni di costituire fin dal 1918 la Repubblica cecoslovacca.

La nuova entità nazionale fu accettata nella FIFA e l’impatto con il calcio continentale avvenne nel giugno 1919 con due partite a Roma sulla strada delle Olimpiadi militari che si effettuarono a Joinville nei pressi di Parigi. Della formazione facevano parte Hojer, Janda, Kolenaty. Nei due incontri, che non ebbero carattere di ufficialità, i cechi sconfissero una rappresentativa italiana (1-0) della quale facevano parte De Vecchi, Sala e Carcano e furono battuti per 3-2 dal Belgio. L’impressione dei tecnici fu enorme dato che poco si conosceva sull’effettiva consistenza del calcio boemo e sulle qualità di atleti possenti, piuttosto lenti nei movimenti ma dalla tecnica di base fenomenale. A Joinville la nazionale cecoslovacca prevalse facilmente sul Belgio (4-1) sugli USA (8-2) e sul Canada (3-2) mettendo in evidenza Kada che fu il giocatore europeo di maggior fama negli anni venti.

Olimpiadi 1920: un momento della finale Cecoslovacchia-Belgio

La risonanza della vittoria nel l’Olimpiade militare non superò comunque l’ambiente degli addetti ai lavori. Solamente l’anno dopo nella VII edizione delle Olimpiadi moderne che si tennero in Belgio, ad Aversa, il valore dei calciatori cecoslovacchi si affermò in tutta evidenza. I cechi cominciarono l’avventura olimpica battendo nettamente la Jugoslavia (7-0) la Norvegia (4-0) che aveva eliminato l’Inghilterra, e la Francia (4-1) guadagnando l’accesso alla finale con i padroni di casa, vittoriosi sulla Spagna (3 reti di Coppee a Zamora) e l’Olanda.

L’incontro, che ebbe luogo nello stadio del Beerschot alla presenza di cinquantamila spettatori, fu contrassegnato da diversi incidenti che l’arbitro inglese John Lewis non fu capace di prevenire. I belgi godevano dei favori arbitrali e passavano in vantaggio per 2-0 abbandonandosi ad un gioco intimidatorio che Lewis avrebbe dovuto punire convenientemente. Per colmo d’ironia al primo intervento duro di Steiner, l’inglese lo inviò negli spogliatoi e al seguito del terzino cecoslovacco sparirono nel sottopassaggio anche i suoi compagni che abbandonarono la partita.

Dalle prime imprese olimpiche fino al 1939, anno tragico dell’ennesima occupazione tedesca, la Cecoslovacchia occupò le prime posizioni nella scala dei valori europei.

Il primo periodo della storia della Nazionale cecoslovacca sfociò nella partecipazione al campionato del mondo che si disputarono in Italia nel 1934. La formazione, guidata dal tecnico Patru, basava le sue possibilità soprattutto su un trio che oltre ad essere dotato di gran talento, aveva alle spalle ben otto anni di militanza nella rappresentativa maggiore: PlanickaSvobodaPuc. Quest’ultimo, tra l’altro, aveva già avuto modo di dimostrare di che pasta era fatto. Basti pensare che all’esordio in Nazionale, neanche a dirlo contro la Jugoslavia, era immediatamente andato a rete, inaugurando una serie di segnature che si sarebbe interrotta solo a quota 34. A questi si aggiungeva un giovane destinato ad esplodere definitivamente proprio in questa competizione: Oldrich Nejedly.

La Cecoslovacchia ai Mondiali 1934

La Cecoslovacchia arrivò alla finale dopo tre vittorie consecutive a scapito di Romania, Svizzera e Germania. Le reti segnate furono complessivamente 8 (Nejedly 5, Puc, Svoboda, Sobotka), mentre Planicka ne incassò 4. Si giocò dunque la finale, con la rete della speranza di Puc, e poi la sconfitta durante i tempi supplementari. I commenti di tutti gli esperti, comunque, sottolinearono che la formazione italiana aveva avuto di fronte e battuto una grande avversaria.

Il successivo campionato del mondo, però, mostrò una Cecoslovacchia incapace di ripetere le belle prove di quattro anni prima. L’eliminazione ad opera del Brasile nei quarti di finale, mise a nudo alcune crepe dovute soprattutto all’età avanzata di alcuni alfieri: Puc e Nejedly compresi. Il solo che sembra ancora resistere fu Planicka che con il tempo accumulò consensi, diventando uno dei portieri più applauditi del periodo.

L’interruzione bellica restituì alla Cecoslovacchia un’attività internazionale fatta soprattutto di amichevoli con gli altri paesi socialisti: avversari, per lo più, accondiscendenti. Tranne, ovviamente, la grande Ungheria di Puskas. Ed fu proprio una partita amichevole persa contro l’Ungheria a Budapest nel 1954 per 1-4 a segnare l’esordio del più grande calciatore cecoslovacco del dopoguerra: Jozef Masopust.

Giocatore di gran classe e con una spiccata propensione alla regia, si impose immediatamente come il leader naturale di una formazione che, al contrario di quella che conquistò la medaglia d’argento ai Mondiali italiani, non possedeva altri giocatori con grossa personalità. Si spiegavano cosi le repentine eliminazioni dalle prime fasi dei Mondiali del ’54 (di qualche mese precedente all’esordio di Masopust) e del ’58. Quattro anni più tardi Masopust aveva raggiunto la piena maturazione e, con lui, anche la squadra.

La Cecoslovacchia ai Mondiali 1962

Ecco dunque imporsi nuovamente all’attenzione una Nazionale cecoslovacca all’altezza della sua tradizione. Come detto, le stelle non erano molte, ci si basava soprattutto sulle qualità del buon Jozef. La Cecoslovacchia fu costretta ad arrendersi soltanto al Brasile, in finale, e a quale Brasile! Orfano di Pelé, in quella gara sono pur presenti Didi, Vavà e Garrincha. Dall’altra sponda il solo Masopust a contrastare tanta classe: fu lui, tra l’altro, l’autore dell’unica rete per i suoi. Da notare che prima della finale il Brasile aveva sempre vinto tranne che in una occasione, nella prima fase: proprio contro la Cecoslovacchia aveva pareggiato per 0-0.

Quattro anni dopo la nazionale ceca fu eliminata dal Portogallo di Eusebio nelle qualificazioni per il mondiale inglese. I cecoslovacchi riuscirono ad accedere ai Mondiali del 1970 sconfiggendo l’Ungheria (4-1) con una magistrale lezione di contropiede nel drammatico spareggio di Marsiglia nel dicembre del ’69. In Messico la selezione deluse pienamente perdendo i tre incontri giocati a Guadalajara con il Brasile (1-4), la Romania (1-2) e l’Inghilterra (0-1) e al ritorno a Praga la Federazione inflisse una pesante squalifica ai venti componenti la comitiva.

Eliminata dalla modesta Romania per la Coppa delle Nazioni 1972 la crisi sembrava ormai irreversibile, ma poi le sorti del calcio cecoslovacco cambiarono con la fioritura di una generazione di campioni. Nel campionato europeo Under 23 che la Cecoslovacchia vinse battendo in finale l’URSS, si segnalarono come campioni di sicuro avvenire i ventenni Marian Masny e Zdenek Nehoda. Masny proveniva dalle file dello Slovan di Bratislava, ala destra classica, dalla velocità notevole e Zdenek Nehoda, cannoniere forte di testa e di piede, buon dribblatore già a diciassette anni giocava in prima divisione nel Godraldoff ed era ben presto passato al Dukla di Praga.

Con Viktor, Dobias, Ondrus, Pivarnik, Petras le reclute diedero alla selezione il marchio della invincibilità e al culmine dell’ascesa il titolo continentale premiò le capacità di manovra che il tecnico Václav Ježek aveva introdotto sulla scorta delle trascorse esperienze olandesi (Den Haag). Con la conquista del campionato d’Europa per nazioni il 20 giugno 1976 a Belgrado, dopo una estenuante finale con la Germania di Beckenbauer, conclusasi sul 2-2 dopo due ore di gioco e risoltasi per 5-3 con i calci di rigore, la Cecoslovacchia sembrava aver riconquistato quel livello ottimale che per lungo tempo aveva occupato nell’arengo europeo.

Campione d’Europa 1976

Un lungo periodo di imbattibilità, protrattosi dal 13 novembre 1974 al 13 ottobre 1976, 19 incontri internazionali senza sconfitta la qualificava fra le più serie candidate al Mundial argentino. Poi il 17 novembre 1976 sembrò spezzarsi l’incantesimo con la sconfitta nell’incontro-rivincita di Hannover con la Germania (0-2) e quattro mesi più avanti nell’inaspettata sconfitta di Wrexham da parte del Galles (0-3), rendeva problematica la conquista della qualificazione divenuta impossibile quando il 21 settembre 1977 la Scozia travolse Ondrus e compagni a Glasgow per 3-1.

Messa da parte la parentesi, la Cecoslovacchia si qualificò per Euro 1980 e arrivando seconda nel suo gruppo alle spalle della Germania Ovest affrontò l’Italia nella finale per il terzo posto, che vinse ai rigori. Sempre nel 1980 a Mosca arrivò anche la medaglia d’oro olimpica: sconfitta l’URSS in semifinale e domati i campioni uscenti della DDR in finale per 1-0. Un match equilibrato e anche teso, con due espulsioni, una per parte: il cecoslovacco Berger e il tedesco Steinbach. La rete decisiva arrivò al 77′, segnata da Svoboda, entrato sei minuti prima al posto di Vizek, protagonista all’Europeo in Italia, su ribattuta di un tiro da fuori di Nemec.

Alla Coppa del Mondo del 1982 in Spagna, la Cecoslovacchia venne eliminata nella fase a gironi dopo aver pareggiato con il Kuwait e la Francia e aver perso 2-0 contro l’Inghilterra.
L’ultimo grande torneo a cui partecipò la Cecoslovacchia unita fu la Coppa del Mondo del 1990 in Italia. I cechi, allenati ancora dal mitico Jozef Vengloš, erano inseriti nel gruppo dell’Italia assieme a Stati Uniti e Austria. Una vittoria per 5-1 sugli States e un franco 1-0 sull’Austria spianarono la strada verso gli ottavi di finale. A Genova, i rossi approfittarono del sorteggio fortunato e travolsero per 4-1 il Costa Rica con una tripletta del futuro genoano Tomáš Skuhravý prima di essere eliminati dalla Germania nei quarti di finale castigati da un rigore di Lothar Matthäus.

Il Mondiale del 1990 fu l’ultima competizione internazionale alla quale la Cecoslovacchia unita partecipò. Il 1 gennaio 1993 lo stato si scisse nella Repubblica Ceca e nella Slovacchia anche se la nazionale cecoslovacca rimase provvisoriamente “in vita” come rappresentativa unita delle due nuove nazioni, al fine di concludere le qualificazioni (fallite) ai Mondiali di USA ’94, prima della nascita delle due federazioni ceca e slovacca.

17 novembre 1993, Belgio-Cecoslovacchia: l’ultimo match della Nazionale unita