Lo stopper campione del mondo lasciò la squadra rossonera nell’estate del 1982.
- Testo di Sergio Taccone. Le dichiarazioni di Fulvio Collovati sono tratte dal libro “Il Milan all’inferno. Il racconto della stagione 1981/82” (Sergio Taccone, Storie Rossonere, 2024)
Dalla Stella del 1979 alla stalla della seconda retrocessione in appena tre anni. Per Fulvio Collovati, tassello inamovibile nel Milan di Liedholm che vinse il decimo scudetto, la stagione 1981/82 sarebbe stata l’ultima trascorsa in maglia rossonera. Un’annata che vide il Diavolo finire nuovamente nell’inferno della serie cadetta da cui era riemerso appena undici mesi prima. Una buona squadra, con tanti reduci del tricolore conquistato al tramonto degli anni 70, che si ritrovò immersa fino al collo nei bassifondi della classifica, finendo per retrocedere il 16 maggio ‘82.
“Ancora oggi, a distanza di oltre quarant’anni, non riesco a dare una spiegazione completa di quel campionato. Fu una stagione cominciata male e finita nel modo peggiore, con parecchi episodi negativi e intoppi fisici e atletici in serie” ricorda Fulvio Collovati.
Quel Milan venne affidato a Gigi Radice, l’allenatore che aveva salvato senza patemi il Bologna malgrado la penalizzazione di 5 punti, pesante lascito dello scandalo del calcioscommesse. Una stagione che sin dall’inizio riservò bocconi amari ai rossoneri, a partire dalla qualificazione in Coppa Italia sfumata, dopo il pareggio all’ultimo minuto dell’interista Bergomi, nel derby del 6 settembre ‘81.
In campionato andò peggio: appena un gol all’attivo nelle prime sette giornate (l’autorete di Ferrario che decise Napoli–Milan a favore dei rossoneri) e una lunga sequela di prestazioni tra il mediocre e il disastroso, su tutte il 3-0 subito a Catanzaro. Battuta anche ad Ascoli, la squadra di Radice toccò il fondo della classifica. Era il 22 novembre 1981.
Tra le principali cause di quel pessimo rendimento venne evidenziata la preparazione estiva. Per Collovati
“…furono commessi errori e ci fu un’eccessiva insistenza verso allenamenti quasi da mezzofondo. Durante la settimana ci allenavamo due volte al giorno, arrivando spesso molto stanchi alla partita. Joe Jordan, ad esempio, era stremato pur essendo abituato a certi ritmi, avendo militato per molti anni nella massima serie inglese. Altri giocatori, me compreso, provammo a parlare con l’allenatore che decise di proseguire per la sua strada. Oltretutto, Gigi Radice era uno dei tecnici migliori presenti allora in Italia, aveva fatto benissimo con il Torino, arrivava da un’ottima annata a Bologna. C’erano tutte le premesse per far bene anche con il Milan. Gli errori avvennero in fase di preparazione”.
Alcune indiscrezioni, dopo le prime sconfitte in campionato, riferirono di alcuni veterani intenti a remare contro il tecnico.
“Remare contro Radice? E a che sarebbe servito? Non è vero che non c’impegnavamo. Molti giocatori di quel Milan non erano abituati a lottare nelle zone basse della classifica, avendo sempre giocato per obiettivi di maggior prestigio. Ritrovarsi negli ultimi posti della classifica causò in noi un contraccolpo maggiore rispetto ad altre squadre più avvezze alla lotta per non retrocedere”
ribatte Collovati che in quel periodo era titolare fisso, da circa due anni, nella Nazionale maggiore guidata da Enzo Bearzot, impegnata nelle partite di qualificazione al Mundial di Spagna.
Il malato rossonero, intanto, non guariva ma peggiorava. Dopo un buon pareggio in trasferta al cospetto della quotata Roma di Liedholm, arrivarono uno scialbo 0-0 casalingo contro il Genoa e la netta sconfitta al Partenio di Avellino (2-0). Il Milan passò il Natale ‘81 al penultimo posto, in piena zona retrocessione e con il peggiore attacco della serie A (3 gol segnati in 12 giornate). Si fece ricorso anche a scaramantici pantaloncini rossi contro il Cagliari, battuto a San Siro da un gol di Battistini nella prima partita del nuovo anno.
A Torino, il Diavolo venne punito allo scadere dai granata dell’ex Giacomini. Ulteriore pessimo segnale di una stagione che non ne voleva sapere di svoltare in senso positivo.
“Ogni settimana dicevamo: alla prossima vinciamo e ci riprendiamo, salvo poi restare delusi”
dirà Walter Novellino, tra i pochissimi milanisti a salvarsi dal naufragio stagionale. I calzoncini rossi vennero indossati anche nella vittoriosa partita casalinga contro il Cesena, al giro di boa dell’ultima di andata. Altra vittoria pesante contro una diretta concorrente per la salvezza. Radice venne esonerato dopo la sconfitta casalinga inflitta ai rossoneri dall’Udinese, corsara a San Siro grazie ad un gol di Franco Causio nei minuti finali.
La fortuna voltò spesso le spalle al Milan in quel campionato. A Torino, contro la Juve, arrivò una sconfitta immeritata (3-2). Collovati realizzò la rete del momentaneo 1-1 in un pomeriggio in cui si scatenò il non ancora diciannovenne Beppe Galderisi, autore della tripletta che diede la vittoria alla squadra di Trapattoni. Due settimane prima, il Milan era tornato da Firenze con l’ennesima battuta d’arresto ma dopo aver disputato una buona prestazione, mettendo in difficoltà la squadra viola, capolista del campionato.
La dea bendata fu avversa anche al cospetto del Napoli. Fu il portiere partenopeo Castellini a negare la vittoria ai rossoneri, impantanati in penultima posizione dopo diciotto giornate.
“Ricordo anche la sconfitta subita all’andata contro la Juventus, a San Siro. Uscimmo dal campo battuti dopo aver messo alle corde, in alcune circostanze, i bianconeri. Quattro o cinque punti lasciati per strada che sarebbero stati decisivi a fine campionato” prosegue Collovati.
Stagione maledetta anche per la lunga assenza di Baresi. Per il difensore nato a Teor nel maggio ‘57
“influì tantissimo l’assenza di Franco, punto di forza della squadra già dalla stagione della Stella. Con Baresi in campo per l’intero campionato 1981/82 non saremmo retrocessi, ne sono certo”.
Baresi e Collovati era stata la giovanissima e solidissima coppia di difensori nel Milan che aveva vinto lo scudetto nel ‘79.
“Diciotto anni Franco, ventuno io. – prosegue Fulvio Collovati – Liedholm ci diede fiducia e noi rispondemmo nel modo migliore. Il nostro rendimento fu elevato e costante per l’intero campionato della Stella. Abbiamo dormito molte volte nella stessa stanza. Franco era un vero fuoriclasse, un campione di grande personalità e correttezza. Liedholm mi ripeteva spesso, prima di ogni partita: ‘tu marca’. Sapevo cosa volesse dire e a fine partita, negli spogliatoi, incrociavo il suo sguardo di approvazione per la mia prestazione in campo. Liedholm fece un capolavoro con i suoi schemi capaci di mandare in gol parecchi giocatori. Aldo Maldera sfiorò il record di reti di Facchetti. Inoltre, il Barone seppe sfruttare al meglio le caratteristiche di Chiodi, nell’aprire spazi in fase offensiva, sfruttati da Bigon, Novellino, Antonelli, Rivera e, soprattutto, Maldera”.
Il dopo Radice ebbe il volto di Italo Galbiati, arrivato sulla panchina rossonera nel gennaio 1982. La tanto sperata svolta, come la primavera di un celebre brano di Franco Battiato, tardava ad arrivare.
Il 21 marzo, a Como, il Milan visse uno dei pomeriggi più brutti della sua storia. Battuta 2-0 dai lariani, ultimi in classifica, la squadra rossonera venne pesantemente contestata. Allo stadio Sinigaglia scoppiò il finimondo. Una domenica di autentica follia. Accadde di tutto. Collovati, quel giorno con la fascia di capitano al braccio, venne ferito alla testa.
“Mi tirarono un pezzo di porfido dal settore dei tifosi milanisti. Furono necessari parecchi punti di sutura. Un vero e proprio trauma. Addossarono tutte le colpe su di me, diventai il capro espiatorio di una situazione diventata quasi irreversibile e che riguardava l’intera squadra. A Como venne scritta una delle pagine più brutte del nostro calcio nei primi anni 80. Sembravamo in un clima di guerra. Dissi subito al presidente Farina di voler essere ceduto. Non c’erano più le condizioni per continuare in maglia rossonera. La società, che allora attraversava una fase piuttosto confusionaria, fece poco o nulla per trattenermi. L’unico che si impegnò veramente per farmi restare al Milan fu Gianni Nardi, componente del direttivo societario e persona veramente straordinaria. Influì molto anche Enzo Bearzot. Il Ct azzurro mi disse che scendendo nuovamente in B avrei rischiato di perdere la Nazionale. A quel punto, insieme alla società, presi la decisione di lasciare il Milan. I tifosi non me l’hanno mai perdonato. Purtroppo non mi diedero altre possibilità e dovetti lasciare la squadra in cui ero cresciuto”.
La speranza di acciuffare la salvezza riaffiorò il mese successivo. L’ultima partita con il Milan, Fulvio Collovati la giocò a San Siro, contro il Torino, il 9 maggio, giorno del suo venticinquesimo compleanno. Un infortunio lo mise fuori causa dopo mezz’ora di gioco.
“L’epilogo di quel campionato lo considero ancora oggi difficilmente spiegabile per certi versi. Penso a quel che avvenne nel finale di Napoli-Genoa che rese vana la nostra vittoria in rimonta contro il Cesena. Noi avevamo tutte le caratteristiche per arrivare entro le prime sei della classifica e invece finimmo all’inferno: terzultimi e retrocessi. Pazzesco”
rammenta l’ex difensore rossonero. La fine della lunga parentesi rossonera riservò a Collovati solo amarezze.
“Al Milan ho trascorso il periodo più bello della mia carriera calcistica: quello del settore giovanile. Dormire nei letti a castello, studiare al collegio, fare la trafila nelle varie compagini del vivaio, fino alla Primavera e poi in prima squadra. Tempi che custodisco nel mio cuore. Quella stagione ebbe un finale straordinario per me e per il calcio italiano, con il trionfo mondiale, in Spagna, della Nazionale. Personalmente, ricordo anche, alla fine del 1981, il mio matrimonio con Caterina”.
Il difensore di origini friulane parla anche di alcuni momenti della stagione 1980/81, quella che vide il Milan giocare in B per la prima volta.
“In quell’annata mi trovai in campo, alcune volte, di sabato con l’Italia e la domenica con il Milan. Era una gioia immensa essere convocato in Nazionale e scendere in campo il giorno dopo con la maglia rossonera. Ad inizio dicembre ‘80, dopo la partita Grecia-Italia, valida per le qualificazioni ai Mondiali ‘82, andai in aeroporto ad Atene: rientrai in Italia con un volo di linea per non saltare la trasferta di campionato con il Milan. Stesso discorso due mesi prima, dopo Lussemburgo-Italia, dove segnai anche un gol. Il giorno dopo scesi in campo a San Siro contro il Verona. Partita che vincemmo 2-1”.
Collovati, infine, fa riferimento alla squadra Primavera del Milan.
“Arrivammo due volte in finale nel prestigioso Torneo di Viareggio, nel 1976 e l’anno dopo. La prima finale la perdemmo contro il Dukla Praga, nella seconda venimmo battuti dalla Sampdoria. In squadra c’erano Incontri in porta, Lorini, De Nadai, Gaudino, Vincenzi, De Vecchi. Nel 1977 trovai anche Minoia e, soprattutto, Franco Baresi. Non fummo fortunati nelle due finali. Quell’anno venni premiato come miglior giocatore del Viareggio”.
Il 15 giugno ‘84, la Gazzetta dello Sport titola in prima pagina: “Il Milan strappa Collovati all’Inter”. La società rossonera vinse l’asta riguardante la comproprietà del giocatore, offrendo 2 miliardi e 11 milioni di lire, cento milioni in più rispetto all’offerta dei nerazzurri. L’intenzione del presidente Farina era di cedere il difensore alla Juve per arrivare al laziale Manfredonia. Lo stopper della Nazionale venne richiesto da varie squadre: Roma, Udinese, Fiorentina e Torino. Quasi al termine della sessione estiva del calciomercato, Collovati passò all’Inter a titolo definitivo.
Quattro mesi e mezzo dopo, le insondabili mappe del dio Eupalla riservarono al difensore campione del mondo un momento che l’avrebbe collocato per sempre nella storia della stracittadina milanese ma dalla parte sbagliata. Il riferimento è al derby del 28 ottobre ‘84, marchiato a fuoco dal colpo di testa dell’inglese Mark Hateley, centravanti del Milan, che superò in elevazione proprio lo stopper interista.
“Se ti succede qualcosa in un derby finisci nei poster e a me è capitato quella domenica. Quella partita mi viene sempre rinfacciata. Aggiungo solo che Hateley, quel giorno, fu bravissimo”
dirà l’ex difensore milanista. In maglia nerazzurra, – dove rimase fino al 1986, collezionando 109 presenze e 3 reti in campionato – il giocatore friulano non vinse nulla, pur in un periodo che vide nell’Inter la presenza di giocatori del calibro di Altobelli, Rummenigge, Beccalossi, Serena, Müller, Oriali, Causio, Brady, Marini, Bagni, Bergomi, Ferri e Zenga.
Il bilancio di Fulvio Collovati in partite ufficiali con il Milan – dall’esordio in prima squadra nel giugno 1976 all’ultima partita nel maggio ‘82 – è di 198 presenze, 8 reti, uno scudetto, una Coppa Italia e una Mitropa Cup. La vetta più alta della sua carriera, che ha registrato anche le stagioni con le maglie di Udinese, Roma e Genoa, è costituita dal titolo mondiale conquistato l’11 luglio 1982 a Madrid. In quell’Italia “campeon”, guidata da Bearzot, Collovati è stato titolare, uno degli indimenticabili eroi dell’epica notte del Santiago Bernabeu.
- Testo di Sergio Taccone. Le dichiarazioni di Fulvio Collovati sono tratte dal libro “Il Milan all’inferno. Il racconto della stagione 1981/82” (Sergio Taccone, Storie Rossonere, 2024)