Come l’Inter evitò la B

Dopo lo scisma del 1921/22, che dette vita a due campionati vinti da Novese e Pro Vercelli, i nerazzurri, arrivati ultimi, avrebbero dovuto retrocedere ma si guadagnarono la salvezza negli spareggi decisi per riunificare il torneo.

Dunque, lo scenario va posto in uno dei momenti cruciali del calcio italiano: quello dello scisma fra grandi e piccole società che diede addirittura luogo a due distinti campionati 1921-22, vinto uno dalla Novese (quello ufficiale della FIGC) e l’altro dalla Pro Vercelli (quello sostanziale, che raggruppava tutti i club più significativi, sotto l’egida della C.C.I., ovvero confederazione calcistica italiana).

Tutto nacque da un progetto di riforma affidato dalle società più importanti a Vittorio Pozzo, allora giovane studioso di calcio, forte di esperienze internazionali in paesi calcisticamente più evoluti, come Svizzera e Inghilterra.

Per ovviare alle dimensioni pletoriche assunte dal campionato nel primo dopoguerra, il progetto Pozzo prevedeva la selezione di 24 squadre, divise in 2 gironi di 12, «con disputa finale tra le 2 prime classificate in modo da ottenere il Campione d’Italia nel volgere di 24 domeniche». I criteri di selezione erano così fissati: valore tecnico, anzianità di fondazione, saldezza finanziaria. Fu naturalmente quest’ultimo il pomo della discordia.

Nella stagione precedente, nel solo Nord si erano schierate 64 squadre. Il fatto che 40 di esse avrebbero dovuto uscire dal calcio di vertice provocò la ribellione immediata, e violenta, delle società minori. Queste si riunirono a Novi Ligure e bollarono il progetto Pozzo come «lesivo dei principi sportivi», mentre i club più potenti, riuniti a Milano, risposero che, in caso si bocciatura del progetto, essi sarebbero usciti dalla Federazione.

Un’infuocata assemblea plenaria, tenutasi il 23 e 24 luglio 1921 alla Camera di Commercio di Torino, provocò lo scisma. Bocciata la proposta di designare il direttore della «Gazzetta dello Sport», Emilio Colombo, a capo di una commissione «di conciliazione», si passò ai voti. Le «piccole» vinsero con 113 voti contro 65. Le «grandi» diedero corpo alla loro minaccia. Uscirono dalla FIGC e fondarono la Confederazione calcistica italiana (CCI) che organizzò un proprio campionato a 24 squadre, in linea con il progetto Pozzo.

Nel 1921-22, dunque, si disputarono parallelamente due tornei: uno federale e uno confederale. In quest’ultimo, largamente il più seguito, la Pro Vercelli colse il settimo e ultimo dei suoi scudetti. Vicenza e Inter si classificarono all’ultimo posto dei due gironi.

Nel campionato federale, il titolo andò invece alla Novese, dopo ben tre finali con la Sampierdarenese: finite sullo 0-0 le prime due, nello spareggio di Cremona la Novese (che aveva nel centravanti Cevenini III il suo elemento di spicco) si impose per 2-1.

Ma intanto già stava scoppiando la pace, anche nell’interesse della Nazionale, che era vistosamente penalizzata dalla diaspora in atto. Nel giugno del 1922, si incontrarono le delegazioni della FIGC, rappresentata dagli avvocati Lombardi, Ferretti e Cavazzana, e della CCI, rappresentata da Pasteur, Nizza e Albertini, per dar vita, di comune accordo, alla «composizione della prima divisione nei campionati federali di calcio», che tornavano, quindi, sotto l’egida unitaria.

Gli accordi prevedevano che «nel prossimo anno sportivo (1922-1923), in via transitoria, le squadre ammesse in prima divisione siano 36 e non più, da ridursi nel secondo anno a 24»; che doveva «esser fatta giusta ed equa parte alla FIGC e alla CCI in relazione al valore tecnico e alla consistenza sociale», che di conseguenza ciascuno dei due enti doveva fornire d’autorità la segnalazione di 12 squadre da iscrivere alla prima divisione.

Dodici più dodici uguale ventiquattro; mancavano altre dodici formazioni, per la cui designazione si provvedeva ad eleggere un arbitro, cui spettava la scelta, «lasciandolo completamente libero di adottare all’uopo il sistema che più ritenga rispondente ai criteri sportivi e alla valutazione delle forze che militano nei due campi».

Tale arbitro fu individuato in Emilio Colombo, il direttore della Gazzetta dello Sport (come si vede il ruolo della stampa era allora tenuto in alta considerazione), e col nome di «lodo Colombo» rimase noto il complesso documento che sintetizzò il ponderoso lavoro di selezione.

Ecco i passi del lodo Colombo che direttamente riguardano il nostro campo d’indagine.

  • A) «Si devono ritenere iscritte d’ufficio alla costituenda prima divisione dell’ente che risulterà dalla fusione fra FIGC e CCI, le seguenti squadre: Pro Vercelli, Novara, Bologna, Mantova, Doria, Juventus, Genoa, Alessandria, Pisa, Modena, Padova, Casale (le dodici ex CCI – ndr); Novese, Torinese, Esperia, Cremonese, Petrarca, Udinese, Spal, Virtus, Pro Livorno, Lucchese, Sampierdarenese, Speranza (le dodici ex FIGC – ndr).
  • B) «Si devono ritenere iscritte d’ufficio per delibera dell’arbitro le seguenti squadre: Hellas Verona, US Milanese, Milan, Legnano, Savona, Torino (e con questa fanno trenta – ndr).
  • C) «Si indicono due gare di qualificazione, la prima fra il Vicenza (ultimo classificato girone A confederale) e il Derthona (primo classificato della 2. divisione confederale); la seconda fra l’Internazionale (ultima classificata del girone B confederale) e lo S.C. Italia (2° classificato della 2. divisione confederale)».

Seguono altre gare di qualificazione indette fra le partecipanti all’ex campionato FIGC, sino ad arrivare al quadro di sei spareggi finali, cosi articolati: Livorno contro la vincente Como-Piacenza; Spezia contro la vincente Pastore-Viareggio; vincente Vicenza-Derthona contro vincente Bentegodi-Sestrese; vincente Internazionale-SC Italia contro vincente Libertas Firenze-Enotria. Da questi spareggi sarebbero uscite le sei squadre per completare la futura Prima Divisione.

L’Inter, come abbiamo visto, per guadagnarsi la permanenza in prima categoria, è costretta a due successivi spareggi. Il primo, contro lo Sport Club (SC) Italia, va in onda il 2 luglio 1922 sul campo del Milan Club. O meglio, dovrebbe andare in onda, perché lo Sport Club Italia non si presenta e l’Internazionale ottiene il 2-0 per forfait.

Intanto, sul neutro di Bologna, la Libertas Firenze si è sbarazzata dell’Enotria, penalizzata dall’espulsione di Bosi dopo appena dieci minuti «per aver fisicamente minacciato un avversario». I fiorentini si impongono per 2-1, gol decisivo all’88’ e si preparano allo scontro con i nerazzurri.

La seconda fase degli spareggi prevede gare di andata e ritorno. Il 9 luglio, sul proprio campo, l’Internazionale si afferma con netto punteggio: 3-0. Riportiamo l’inizio della cronaca: «L’incontro ha avuto forse maggior interesse nell’attesa dei giorni scorsi che non sul suo svolgimento. Dopo qualche momento di bel giuoco, ambedue le squadre sono naufragate». Non si può dire che l’Inter godesse di buona stampa, se anche una sua vittoria per 3-0 veniva a tal punto svilita.

Una settimana dopo, 16 luglio, retour-match a Firenze. Attenzione, la data è importante. Un largo seguito di supporters accompagna la trasferta dell’Internazionale e questa è la prima migrazione di massa al seguito di una squadra che la storia del calcio ricordi.

Diamo ancora voce al cronista dell’epoca: «Il pubblico delle grandi occasioni ha stipato il campo libertiano. Alle 16.47 l’arbitro Venegoni di Legnano fischia l’inizio. Dopo dieci minuti l’Internazionale riesce a portare alcune insidie alla porta di Parodi, segnando un goal, annullato però per fuorigioco». Il primo tempo si chiude comunque sullo 0-0.

«La ripresa è caratterizzata dalla vivacità dei libertiani. Al 15° minuto Mattei riesce a dribblare il suo half e manda con un traversone la palla nella rete dell’Internazionale. Al 30° minuto Aebi, con un’azione isolata, aiutato da un errore di piazzamento di Gozzini, segna il pareggio. I fiorentini ritornano all’attacco. Due gol vengono loro annullati per fuorigioco». Finisce 1-1 e l’Inter è salva sul campo.

Ecco risolto il mistero. L’Inter è rimasta in prima divisione perché ne ha acquisito il diritto tramite gli spareggi; il Vicenza è sceso di categoria perché ha perduto (4-0) la sfida in campo neutro con il Derthona (9 luglio 1922 a Brescia).

Certo, quell’Inter se la vide brutta. E corse ai ripari, ingaggiando un tecnico dall’Inghilterra, Bob Spottishwood, e due assi danubiani, Schonfeld e Weisz, quest’ultimo poi destinato a diventare famosissimo come allenatore. In tal modo, i nerazzurri aprirono la strada a massicce importazioni di giocatori.