Coppa Internazionale: Gli anni d’oro dell’Italia

Il primo torneo internazionale europeo fu organizzato nel 1927, con notevole ritardo rispetto ad Inghilterra e Sud America: ma l’importante, in ogni modo, era cominciare. Nacque così la Coppa Internazionale, manifestazione triennale riservata ad Austria, Ungheria e Cecoslovacchia, ma a cui ben presto si aggiunsero Svizzera e Italia. Il torneo sorse dalla ribellione delle squadre danubiane, escluse con l’accusa di professionismo dalle Olimpiadi. Decisivo fu il contributo di Hugo Meisl, ex-arbitro e giocatore, segretario della federazione austriaca e futuro ct del «Wunderteam», l’Austria delle meraviglie. Meisl, classe 1861, apparteneva a una ricca famiglia israelita di origine viennese: fu uno dei grandi cervelli del calcio di quell’epoca. In palio, una coppa di cristallo di Boemia, la Svelha Pokal: sarebbe stata assegnata alla squadra che avrebbe vinto tre edizioni.

PRIMA EDIZIONE

La durata della Coppa internazionale fu stabilita in tre anni e nella gara d’esordio, il 23 ottobre 1927 a Praga, l’Italia pareggiò 2-2 con la Cecoslovacchia: doppietta dell’oriundo Libonatti al 28’ e 79’, risposta di Svoboda al 32’ e al 51’ su rigore. In panchina, per l’Italia, Augusto Rangone. Un debuttante per gli azzurri: Zanello, difensore della Pro Vercelli. Tra i pali della Cecoslovacchia, uno dei grandi numeri uno dell’epoca: Planicka. Arbitro, il belga Langenus, il miglior fischietto del mondo dal 1925 al 1935.

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Tappa successiva, la gara in casa con l’Austria, in programma a Bologna il 6 novembre. Gli azzurri persero 0-1: rete decisiva di Runge al 44’. L’Italia tornò in corsa con due vittorie consecutive. La prima il 1° gennaio 1928, quando gli azzurri superarono 3-2 la Svizzera: doppietta di Libonatti (10’ e 58’), gol decisivo firmato da Magnozzi al 68’. Fu la gara del debutto in una competizione ufficiale del centravanti Angelo Schiavio, autore del gol decisivo nella finale mondiale del 1934, e del centrocampista Alfredo Pitto, atleta versatile. Prima di arrivare al calcio, aveva praticato pugilato, ciclismo ed atletica: in una gara studentesca corse i 100 metri in 11 e 2. Incredibile, ma vero: alla visita militare, qualche anno più tardi (si presentò al distretto all’età di 26 anni, dopo gli studi universitari), sarà assegnato ai servizi sedentari perché «piede piatto bilaterale, articolo 15».

Il 25 marzo, a Roma, la nazionale batté 4-3 l’Ungheria, rimontando lo 0-2 del primo tempo con una ripresa straordinaria. Fu Conti, ala destra dell’Inter, a suonare la carica: in 27 minuti, dal 48’ al 75’, l’Italia passò dallo 0-2 al 3-2. La rete di Takacs al 76’ permise ai magiari di pareggiare. All’85’, però, il solito Libonatti regalò all’Italia la vittoria.

Dopo una lunghissima pausa, per lasciare spazio alle Olimpiadi di Amsterdam, l’Italia tornò in campo per la Coppa Internazionale il 14 ottobre a Zurigo e superò 3-2 la Svizzera: doppietta di Rossetti (17’ e 30’), rete decisiva di Baloncieri all’80’ dopo un’azione personale. Sulla panchina italiana non c’era più Rangone: aveva pagato per tutti una «guerra» politica all’interno della federazione. Al suo posto, Carlo Carcano, l’allenatore che guiderà la Juve nel periodo d’oro.

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Il trio Baloncieri-Libonatti e Rossetti

Un altro successo sulla Cecoslovacchia il 3 marzo 1929, un 4-2 con tripletta di Rosetti e rete di Libonatti, poi la batosta in casa dell’Austria. Il 7 aprile i «bianchi» di Meisl diedero una lezione di calcio agli azzurri: 3-0. Per Carcano, la breve avventura in nazionale era agli sgoccioli: la sconfitta in amichevole con la Germania (1-2) del 28 aprile gli fu fatale. Eppure, l’esperienza di Carcano fu importante per il calcio azzurro. Suoi i primi schemi difensivi: posizioni, movimenti, i cosiddetti «blocchi».

Arrivò Vittorio Pozzo. Il Grande Vincente del calcio italiano si presentò alla sua maniera: tre vittorie e un pareggio prima di affrontare l’Ungheria a Budapest, nell’ultima gara della Coppa Internazionale. Pozzo portò la squadra in ritiro a Tarvisio. In una serata di festeggiamenti, alla vigilia della partenza per Budapest, il sindaco tenne un breve discorso. L’italo-argentino Renato Cesarini, che diventerà celebre per un gol segnato all’ultimo minuto (la famosa zona-Cesarini), con una fionda elastica cominciò a scagliare palline di carta contro il primo cittadino mentre questi discorreva. Il sindaco parlava della patria, del dovere e, senza interrompere il discorso, si portava la mano al viso, sul naso, sul collo. Finché Cesarini non fu scoperto: e allora ci fu una risata generale, sindaco compreso.

A Budapest, però, l’Italia non scherzò per niente. Prima della partita, Pozzo si appellò ai valori della patria. Il discorso colpì nel segno. L’11 maggio 1930 gli azzurri compirono un’impresa leggendaria. Vinsero 5-0, con tripletta di Meazza (17’, 65’ e 70’) e gol di Magnozzi (72’) e Costantino (84’). Bellissimo il terzo gol di Meazza: su tiro di Costantino, il «Balilla» intercettò il pallone, invitò il portiere all’uscita, lo dribblò ed entrò in porta con la palla. Un capolavoro. L’Italia così conquistava la Coppa Internazionale: era il primo trofeo azzurro dei «formidabili» anni 30.

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SECONDA EDIZIONE

La seconda edizione cominciò bene per gli azzurri, che il 22 febbraio 1931 a Milano liquidarono 2-1 l’Austria. Da quasi vent’anni l’Italia non batteva i «bianchi». Segnarono Meazza e Orsi e il gol del primo fu da manuale del calcio: saltò due uomini, si accentrò, con una finta superò il portiere Hiden e il terzino Schramseis che si scontrarono e, ormai libero, depositò il pallone in rete. Tutto il pubblico si alzò in piedi e applaudì la prodezza di Meazza.

Nella seconda gara, il 29 marzo a Zurigo, l’Italia pareggiò 1-1 con la Svizzera: gol azzurro di Cesarini. Terza tappa, a Roma, la Cecoslovacchia: 2-2 e molta sofferenza per gli azzurri. In vantaggio dopo appena sei minuti grazie a un colpo di testa di Pitto, gli azzurri furono raggiunti al 10’ da Svoroba. Al 12’, Italia di nuovo avanti: Orsi fu atterrato in area, rigore: Bernardini non perdonò, 2-1. Ma al 42’, i cechi tornarono in parità con il solito Svoroba.

Nella quarta partita l’Italia si ritrovò di fronte l’Ungheria, a Torino, il 13 dicembre 1931. Gli azzurri vinsero 3-2 e fu in questa occasione che nacque la leggenda della «ZonaCesarini». L’italo-argentino segnò con un’autentica «furbata»: soffiò il pallone a Costantino, puntò il portiere Ujvari, finse il passaggio a Orsi, disorientando l’intera difesa avversaria: invece tirò e invano Ujvari cercò di tuffarsi: il pallone entrò in rete e il gioco non fu neppure ripreso. Era il 90’.

Tappa successiva, la Svizzera. Si giocò a Napoli, il 14 febbraio 1932. Pozzo, che non trascurava la geo politica, fece giocare due attaccanti del Napoli: il centravanti Sallustro e il debuttante Vojak. Esordio anche per il laziale Guarisi, ma, soprattutto, per la mezzala del Bologna Fedullo, che segnò i tre gol della vittoria. Il più bello fu il secondo: un tiro al volo su cross di Guarisi. Finì 3-0 per gli azzurri.

A Vienna, il 20 marzo, l’Austria si prese la rivincita sugli azzurri: i «bianchi» vinsero 2-1, doppietta di «Cartavelina» Sindelar, il centravanti che si toglierà la vita con il gas nel 1939. Sindelar, di origine ebraica, fu uno dei fuoriclasse dell’epoca. Meazza, però, si tolse la soddisfazione di segnare un altro gol da favola: dribblò un difensore, invitò il portiere Hiden a uscire e lo batté con un tocco preciso.

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Avanti. A Budapest, l’8 maggio, 1-1 in casa dell’Ungheria. Azzurri in vantaggio al 4’ con Costantino, ma al 24’ arrivò il pareggio dei magiari: Rosetta e Allemandi fecero «sandwich» su Cseh, rigore: Toldi superò Combi. Nella ripresa, dopo appena due minuti incredibile gol mancato da parte dell’Italia: il tiro di Meazza superò József Háda, ma s’impantanò nel fango prima di superare la linea di porta. Poco dopo, fu concesso un altro rigore a favore degli ungheresi, ma Combi bloccò il tiro di Toldi.

Il 28 ottobre 1932 l’Italia fu sconfitta 2-1 dalla Cecoslovacchia. Segnò Ferrari, Meazza colpì un palo, il portiere Gianni (Bologna) evitò un passivo più pesante parando un rigore di Puc. La sconfitta compromise la classifica, gli azzurri si classificarono secondi.

TERZA EDIZIONE

L’Italia si prese la rivincita nell’edizione successiva, la terza. Gli azzurri ripercorsero il cammino della prima, vinta grazie alla straordinaria partita di Budapest: cinque vittorie, un pareggio e due sconfitte. Migliorò la differenza reti: + 8 (18 gol all’attivo e 10 al passivo) rispetto al + 6 di quella precedente (21 e 15). La seconda Coppa Internazionale, 1933-1935, sfruttò la congiuntura favorevole: il 1933 fu l’anno in cui cominciò la preparazione del mondiale, il 1934 fu l’anno del mondiale e nel 1935 si visse di rendita sul lavoro svolto nelle due stagioni precedenti.

L’avvio dell’Italia fu perentorio: 3-0 alla Svizzera (doppietta di Schiavio e chiusura di Meazza), 2-0 alla Cecoslovacchia, esordio nello stadio di di Firenze, progettato dall’ingegnere Pier Luigi Nervi. La torre di «Maratona» valse allo stadio l’appellativo del «più bello nel mondo». Il tempo, però, non fu clemente. La pioggia condizionò la partita. Gli azzurri chiusero il discorso alla fine del primo tempo: gol di Ferrari al 41’ su cross di Costantino e raddoppio di Schiavio al 44’. Spettacolare il gol del centravanti del Bologna: due difensori saltati in dribbling e il portiere Planicka superato in uscita.

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7 maggio 1933: L’Italia nel fango dello stadio Berta di Firenze, la nuovissima struttura inaugurata un paio di anni prima

Alla fine del 1933 arrivarono altri due successi che permisero all’Italia di spiccare il volo in classifica. Il primo a Budapest il 23 ottobre, in casa dell’Ungheria, con uno splendido gol firmato dall’esordiente Borel, soprannominato «Farfallino», neppure vent’anni, centravanti della Juventus. Furono ben nove gli juventini in campo quel giorno: Combi, Rosetta, Caligaris, Monti, Bertolini, Cesarini, Borel, Ferrari e Orsi. Gli unici «estranei» furono Pizziolo (Fiorentina) e Guarisi (Lazio). Erano gli anni d’oro della Juventus, cinque scudetti consecutivi dal 1930 al 1935. Il 1933 si chiuse con il quarto successo di fila in Coppa, 5-2 alla Svizzera: Ferrari, Pizziolo, Orsi, Meazza e Monti. Ma gli azzurri rischiarono: a metà del primo tempo erano in svantaggio 1-2.

La prima sconfitta arrivò l’11 febbraio, a Torino, contro l’Austria: 2-4. L’Italia chiuse in nove per gli infortuni di Bertolini e Cesarini: all’epoca non esistevano le sostituzioni. A quel punto scattò «l’operazione-mondiale» e la Coppa Internazionale andò in letargo per un anno. Il torneo ricominciò all’inizio del 1935. Il 24 marzo, a Vienna, sfida decisiva con gli austriaci. Gli azzurri vinsero 2-0 con una doppietta di Piola, all’esordio in Nazionale. Il centravanti della Lazio segnò il primo gol al 6’ della ripresa: un tiro da venti metri su lancio di Ferrari. Il bis al 36’: Piola dribblò Pavliceck, scartò anche Platzer e con un tocco morbido depositò il pallone in rete. Anche il pubblico austriaco applaudì il gesto tecnico del centravanti italiano.

La sconfitta di Praga, sette mesi dopo, in casa della Cecoslovacchia, fu ininfluente: la doppietta di Horak vanificò il gol di Pitto. Sotto la pioggia di Praga, quel pomeriggio giocarono per la prima volta insieme Meazza e Piola: i due avrebbero trascinato l’Italia alla conquista del secondo titolo mondiale.

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La conquista matematica della Coppa avvenne nell’ultima partita. Si giocò a Milano, il 24 novembre, avversario l’Ungheria. Alla vigilia del match, la classifica era la seguente: Italia punti 10, Austria 9 (e tutte le gare già disputate), Ungheria 8. Bastava un pareggio e pareggio fu. Ungheria in vantaggio al 43’ con Sarosi. Uno-due degli azzurri nella ripresa: al 24’ gol di Colaussi, al 25’ raddoppio di Ferrari. L’Ungheria ebbe la forza di agguantare il pareggio a tredici minuti dalla fine, sempre con Sarosi, ma l’Italia amministrò senza problemi il risultato.

Un anno dopo il titolo mondiale, l’Italia otteneva un’altra vittoria di prestigio. Il momento d’oro continuava. Finiva, invece, la carriera azzurra di Pitto: quella di Milano fu la sua ultima gara con la maglia azzurra.

Fu anche la fine, in pratica, della Coppa internazionale. L’edizione successiva, la quarta (1936-37), fu annullata per i problemi politici che travolsero l’Austria. Nel dopoguerra, si disputarono le ultime due edizioni: nel 1949-1953 (vittoria Ungheria) e 1955-60 (Cecoslovacchia). Ma ormai non era più la Coppa di una volta e anche l’Italia non era la stessa degli anni 30: quarta nel 1953, addirittura ultima nel 1960. Gli anni 30 erano uno splendido ricordo.