CUELLAR Leonardo: nel segno dello scorpione

Il fantasista messicano faceva subito impressione per l’appariscente chioma. Ma sotto c’erano talento e cervello. E lo ha dimostrato sia in campo che nella vita.

«Tosatelo, tosatelo!». Era la tarda primavera del 1978 e la nazionale messicana era in tournée europea per preparare i Mondiali di Argentina, ai quali si presentava con grandi ambizioni, dopo avere fallito la qualificazione quattro anni prima. Una sera El Tri fu di scena a Granada contro la Spagna, e dagli spalti partì l’urlo divertito del pubblico ogni volta che la palla capitava – e succedeva spesso – tra i piedi di Leonardo Cuéllar, uno dei migliori giocatori della squadra, centrocampista esterno di sinistra poi centrale, nato a Città del Messico il 14 gennaio 1952.

Che aveva da tosarsi Cuéllar? Semplice, come evidenziato anche dalle foto in questo post: una invincibile chioma afro, o leonina, come era più facile dire allora, che ad esempio portò uno dei più celebri radiotelecronisti messicani, Angel Fernàndez a soprannominarlo El Leon de la Metro, che si aggiunse a El Alacràn (lo scorpione) e alla battuta secondo la quale ogni mattina Cuéllar dopo la doccia infilasse le dita nella presa della corrente (molto originale…).

La chioma, per gli osservatori superficiali, fu tutto quel che rimase di Leo, dopo una pessima edizione dei Mondiali in cui il Messico perse 3-1 dalla Tunisia, 6-0 dalla Germania Ovest e 3-1 dalla Polonia. A dire il vero Cuéllar, in campo per ogni minuto di quelle disfatte, fu il migliore dei suoi, e vero leader: dopo lo 0-6 con i tedeschi fu lui a confortare all’uscita dal campo l’allora ventenne Hugo Sànchez, e pazienza se proprio su un quotidiano apparve qualche giorno dopo una caricatura di un calciatore teutonico che spazzava il terreno di gioco usando una scopetta che assomigliava fin troppo alla capigliatura di Cuéllar.

Che in patria, con i Pumas dalla sovrabbondante massa pilifera in cui giocava assieme allo stesso Sànchez, a Bora Milutinovic, al bomber brasiliano Cabinho, al peruviano Juan José Munante, ad Arturo Vàzquez Ayala, aveva fatto bottino sin dal 1972. Periodo ruggente per i Pumas, che si erano dati una struttura professionale, pur restando squadra universitaria, solo nel 1975: coppa e supercoppa nel 1976, titolo nazionale un anno dopo.

Con Hugo Sanchez nei Pumas

Divenuto celebre per il dinamismo e le sue avanzate palla al piede, anima della nazionale in cui giocò 41 volte al ritornello di «quando Leo funziona, funziona tutto El Tri», senza però centrare la qualificazione al Mondiale del 1982, Cuéllar dimostro che sotto quella capoccia funzionava un cervello calcistico non trascurabile e accettò a fine 1979 l’offerta dei San Diego Sockers della Nasl, con cui giocò fino al 1981 venendo votato miglior giocatore in tutte e tre le stagioni.

Tornò poi nella Nasl dal 1983 al 1985, con i San José Earthquakes, ma nell’anno di mezzo fu protagonista dell’avventura di una delle squadre dal nome più affascinante mai viste, gli Atletas Campesinos, tra l’altro primo club messicano ad avere uno sponsor sulla divisa: in un curioso caso di involontaria mobilità sociale, gli “studenti” (Estudiantes) di Santiago di Querétaro erano stati acquistati dall’imprenditore Armando Presa e trasformati nei “contadini”, con tanto di trattorino sulla maglia, promossi in massima serie nel 1980, anonimi nelle due stagioni successive e dopo lunghe battaglie tra Presa e la Federazione, per i metodi non ortodossi di gestione e pagamento, trasferiti sulla costa orientale a Tampico proprio nel periodo in cui arrivava, emigrante di ritorno, il buon Leo, che con i campesinos e i loro destini sentiva una certa affinità e venne subito nominato capitano.

Cuellar con la maglia dei San Jose Earthquakes affronta il tedesco Granitza

Terminata la carriera da giocatore nel 1985 a San José, Cuéllar rimase in California fino al 1999, con vesti diverse, e assorbendo sia la lingua inglese sia la passione per il football americano: vice-allenatore degli Earthquakes, vice della squadra maschile alla US International University di San Diego, dove iniziò la sua relazione sentimentale con la golfista Helen Alfredsson, dal 1988 al 1999 professore di educazione fisica, allenatore della squadra maschile e femminile della Cal State University a Los Angeles.

Dal 1998 al 2016 è stato il commissario tecnico del settore femminile messicano: come tutti i personaggi dalle opinioni forti, ha avuto molti nemici (e nemiche: nota la polemica continua con la top scorer Maribel Domínguez, alias Marigol, che accusava di essersi montata la testa e di snobbare le compagne, forse perché giocava nel Barcellona) ma il suo lavoro costante, di arricchimento della cultura calcistica femminile in una nazione dove strutture e mentalità non paiono favorire la pratica da parte delle donne prima ancora che di lavoro sul campo, diede frutti nel 2004 con la sorprendente qualificazione delle Tricoloras alle Olimpiadi di Atene (prima nazionale latina a farcela, grazie alle nove reti di Marigol nelle qualificazioni, e ottavo posto finale), e a ben 3 partecipazioni ai Mondiali femminili (1999, 2011 e 2015, eliminazione al primo turno).

«Tosatelo, tosatelo»? Barba e capelli li faceva Cuéllar, a chiunque osasse mettere in dubbio la crescita delle sue ragazze.

  • Testo di Roberto Gotta
Cuellar con le sue ragazze ai Mondiali del 2011

Leonardo Cuéllar Rivera (Città del Messico, 14 gennaio 1952)

StagioneSquadraPres (Reti)
1972-1979 Pumas UNAM119 (14)
1979-1980 San Diego Sockers56 (9)
1980-1981 Atl. Campesinos30 (3)
1981 San Diego Sockers1 (0)
1981-1982 Atl. Campesinos16 (3)
1982-1984 G.B. Earthquakes71 (3)