DEL PIERO Alessandro: il campione della porta accanto

Il ragazzo prodigio che sognava con la gigantografia di Platini nella cameretta ha riempito le pareti dei tifosi di tutto il mondo. Storia del campione della porta accanto, che ha attraversato ventanni di calcio frantumando ogni record della storia juventina

La magia dei poster è l’assenza di confini. Il bimbo che osserva con aria sognante la gigantografia del suo idolo troverà facilmente una porticina attraverso la quale proiettarsi nel fantastico mondo del calcio. Basta un attimo per diventare compagno di squadra o erede del campione preferito. Nella cameretta del piccolo Alessandro Del Piero c’è il poster di Michel Platini: prima un idolo, poi un esempio, infine un obiettivo. Papà Gino capisce in fretta che il destino del figlio è dentro quel poster. Lavora all’Enel e di luci se ne intende: piazza le lampadine per giocare fino a tarda sera in cortile e quando non bastano accende perfino i fari della macchina per illuminare il Campetto dei sogni.

La famiglia è una presenza silenziosa e discreta, una guida sicura che consente ad Alessandro di crescere con i valori giusti. Famiglia vuol dire anche normalità: un concetto difficile da associare a un ragazzo che con il tempo viene riconosciuto in ogni angolo del mondo, ma basilare per la maturazione di Del Piero che, tanto per fare un esempio, può appendere alla parete il suo bel diploma di ragioneria. La gioventù del futuro campione segue i classici binari: qualche vetro rotto in casa; le partite all’oratorio di Saccon, frazione di San Vendemiano, dove abita; l’approdo al Padova dopo la soffiata del prete con l’occhio lungo e competente; l’esordio in serie B a 16
anni; l’attenzione degli osservatori.

Un giovanissimo Del Piero tra Ivone De Franceschi e Andrea Boscolo con la maglia del Padova, nelle giovanili del club biancoscudato, primi anni 1990.

Fino al giorno in cui Giampiero Boniperti riceve una telefonata: «Corri, qui c’è un fenomeno». Dopo pochi mesi e un assegno di cinque miliardi, il fenomeno è a Torino: i riccioli lunghi durano pochissimo, il primo appuntamento è dal parrucchiere. Adesso non accadrebbe più e pensandoci bene sembra passato mezzo secolo. Nessun sito annuncia l’arrivo di Del Piero alla Juve semplicemente perché Internet è ancora in forma embrionale. Nessun sms trasmette la notizia perché il boom del telefonino è lontano e i pochi modelli esistenti non possono mandare o ricevere messaggi.

Forse basterebbe questo viaggio nel tempo e tra i progressi della tecnica per spiegare la grandezza di Del Piero: ci sono bambini che non hanno conosciuto un calcio senza di lui, ci sono ragazzi che sono cresciuti con lui, ci sono uomini che quando lo hanno visto smettere hanno preso coscienza che il tempo passa per tutti. E ci sono nonni che lo hanno usato come emblema di un calcio che non c’è più: un calcio di sentimenti e passione, oltre che di tecnica e classe.Il su o percorso professionale appassiona perché è tortuoso e la gente apprezza chi sa rialzarsi dopo essere caduto. Soprattutto se le cadute sono improvvise, impreviste e dolorose.

L’inizio dell’avventura nella Juve, comunque, è in linea con le attese: Giovanni Trapattoni si fida di Del Piero e appena può lo fa giocare. Alessandro, che con la Primavera vince il Viareggio e il campionato, ci mette poco a conquistare i compagni: il gol alla seconda presenza, una tripletta al Parma, bagliori di luce in una stagione grigia. Nel 1994 alla Juve arriva Marcello Lippi e comincia una lunga epopea di successi. La prima mossa del nuovo tecnico è il tridente offensivo, Del Piero è la riserva di Vialli, Ravanelli e soprattutto Roberto Baggio. Il Codino si fa male, guarda caso proprio a Padova, e lascia il posto libero per oltre tre mesi.

Juventus-Fiorentina 3-2: la splendida rete di Del Piero

Questa è la prima delle tre grandi svolte della carriera di Del Piero. Con la leggerezza dei 20 anni Ale si mette sulle spalle la maglia numero 10 della Juve e si gode il momento. Una settimana dopo l’infortunio di Baggio, quasi a voler mandare un messaggio, Del Piero segna quello che resta indiscutibilmente il gol della sua vita: il pallonetto al volo di esterno destro su un lunghissimo lancio di Alessandro Orlando ammalia per l’eleganza e la genialità. In quella giocata non c’è pensiero, solo istinto: è calcio allo stato puro, un gesto che entra direttamente nella storia come la rovesciata di Parola. Quel gol, che serve alla Juve per completare la rimonta sulla Fiorentina e per volare verso lo scudetto, certifica il passaggio di Del Piero dallo status di giocatore a quello di campione.

I mesi seguenti servono a Moggi e Lippi per prendere la decisione più sofferta ma anche più logica: per liberare lo spazio ad Ale-Pinturicchio viene ceduto Baggio-Raffaello. 1 due soprannomi sono ovviamente dell’Avvocato Gianni Agnelli, che con il paragone artistico fa notare al nuovo gioiello di avere ancora un po’ di strada da compiere. Ale risponde con classe: «Onestamente ignoravo l’esistenza di questo pittore. Penso che l’Avvocato abbia fatto questo accostamento per segnalare una situazione in evoluzione».

E l’evoluzione è repentina. L’obiettivo della Juve è la Champions League e sulla vetrina europea Ale mette in mostra i “gol alla Del Piero”. Lo schema è semplice: azione sulla sinistra, conversione verso il centro, tiro a giro sul secondo palo, palla all’incrocio. Così cadono Borussia Dortmund, Steaua Bucarest e Rangers Glasgow. Del Piero conquista l’Europa, sui poster adesso c’è lui. Nei quarti segna su punizione al Real Madrid e nella notte della finale di Roma contro l’Ajax è pronto a vivere l’emozione più grande. La partita si conclude ai rigori, ad Ale spetterebbe il quinto ma la Juve festeggia prima. Il grande sogno è diventato realtà e nella casa di San Vendemiano papà Gino e mamma Bruna si abbracciano felici.

26 novembre 1996: la rete di Del Piero nella finale dell’Intercontinentale tra Juventus e River Plate

A fine anno, come dodici mesi prima, Del Piero chiude al quarto posto la classifica del Pallone d’oro: l’appuntamento con il trofeo individuale più prestigioso sembra solo rinviato. Le cose andranno diversamente, ma Ale non se ne farà mai un cruccio. Le vittorie di squadra gli interessano di più e nel giro di pochi mesi arrivano la Coppa Intercontinentale e la Supercoppa europea. In Giappone Del Piero ha tantissimi tifosi, la sfida con il River Plate può essere l’incoronazione planetaria. La Juve è cambiata moltissimo: non ci sono più Vialli e Ravanelli, sono arrivati Zidane, Boksic, Vieri e Amoruso. A soli 22 anni Del Piero già rappresenta la continuità. E a Tokyo mette la firma sul trionfo bianconero con la versione 2.0 del suo classico gol: distanza minore, stesso angolo, conclusione prepotente. Uno schiaffo da conquistatore, non una carezza da prestigiatore. Anche la Supercoppa europea finisce in bacheca: il Paris St. Germain viene sepolto da sei gol in Francia e da tre a Palermo (due di Del Piero).

La Juve di Lippi sembra invincibile: nel 1997 e nel 1998 conquista altri due scudetti giocando un calcio spettacolare e sbaglia solo due partite. Disgraziatamente sono le due finali di Champions League. La prima, nel 1997 a Monaco, per Ale è una tripla delusione: per la sconfitta (3-1 con il Borussia Dortmund a causa di episodi sfortunati, di ingenuità difensive e di errori arbitrali), per la panchina a cui Lippi lo tiene inchiodato per tutto il primo tempo e per l’inutilità della sua meraviglia di tacco che per qualche minuto rimette la Juve in corsa. La seconda, nel 1998 ad Amsterdam, è il segnale che la ruota sta girando: dopo una stagione strepitosa Del Piero è considerato il più forte giocatore del mondo insieme a Ronaldo. Ma il Real Madrid vince 1-0 (gol in fuorigioco), Del Piero gioca male e si procura un infortunio muscolare.

La sua partecipazione al Mondiale in Francia è in dubbio, a conferma di un complicato rapporto con la maglia azzurra. L’Europeo in Inghilterra nel ’96 era stato una delusione e due anni dopo la situazione non migliora: Ale, stanco e fuori forma, ritrova sul suo cammino Roberto Baggio, invocato come il salvatore della patria. L’Italia di Cesare Maldini esce nei quarti con la Francia, ai rigori: mentre Di Biagio sbaglia il tiro decisivo, Alessandro lo osserva malinconicamente dalla panchina.

Baggio e Del Piero in Nazionale: amici/nemici

Ma non è quella la sofferenza più grande con cui Del Piero deve confrontarsi nel 1998. L’8 novembre, nel recupero di Udinese-Juve, si rompe il legamento crociato anteriore e posteriore del ginocchio sinistro: dopo l’operazione negli Stati Uniti resta fermo nove mesi. Questa è la seconda svolta della carriera di Ale: quando tornerà in campo sarà un giocatore diverso, meno esplosivo e straripante, più consapevole del suo ruolo di uomo-squadra. Il campionato del ritorno in campo (1999-2000) è quello più strano: la Juve di Ancelotti butta un campionato già vinto sprecando un largo vantaggio nelle ultime partite, mentre Ale segna solo su rigore fino alla penultima giornata quando di testa batte il Parma regalando l’illusione dello scudetto.

E a proposito di illusioni, Del Piero vive anche quella di diventare campione d’Europa con la Nazionale. Nella finale di Rotterdam contro la Francia Alessandro spreca due colossali occasioni per raddoppiare il gol di Delvecchio. A pochi istanti dalla fine Wiltord pareggia, nei supplementari Trezeguet ci castiga. Mentre Berlusconi se la prende con il c.t. Zoff, il colpevole della gente è Alessandro Del Piero. È il punto più basso, la caduta più fragorosa: in pochi scommetterebbero sulla sua riscossa. E puntuale ecco il nuovo ironico soprannome dell’Avvocato: Godot. Quello che tutti aspettano e chissà se arriva. Ad arrivare, purtroppo, è il dolore più intenso: nel febbraio del 2001 muore papà Gino. Pochi giorni dopo Ale segna un bellissimo gol al Bari, esplode in un pianto liberatorio e come d’incanto riannoda il filo col passato glorioso. La Juve perde nuovamente uno scudetto allo sprint, questa volta con la Roma,ma  ritrova il suo campione.

Nell’estate del 2001 Lippi torna sulla panchina e lo promuove capitano. La stagione di Del Piero è strepitosa: segna 21 gol complessivi e compone con Trezeguet la coppia migliore della storia bianconera. Il 5 maggio 2002 la Juve vince 2-0 a Udine con le reti, manco a dirlo, di David e Ale e sorpassa l’Inter sconfitta dalla Lazio. E lo scudetto più bello. Il fallimento azzurro nel Mondiale nippocoreano stavolta non lo coinvolge più di tanto e Ale trascina la Juve alla Supercoppa italiana con una doppietta al Parma.

L’esultanza di Del Piero contro il Real Madrid nel 2003

La stagione 2002-03 è densa di momenti importanti: i bianconeri vincono il campionato con serenità ed è il quinto scudetto per Pinturicchio, ma perdono la Champions League e l’Avvocato. Gianni Agnelli muore il 24 gennaio 2003 e due giorni dopo Del Piero lo ricorda con uno splendido gol di tacco al Piacenza. Il desiderio di dedicargli la Coppa dei Campioni svanisce a Manchester nella finale tutta italiana contro il Milan: Ale trasforma il quinto rigore, ma Shevchenko non fallisce quello decisivo. Negli occhi resta la memorabile prestazione, sua e della squadra, nella semifinale contro il Real Madrid: un dominio tecnico e atletico ben certificato dal 3-1 che eliminai blancos dopo l’1-2 del Bernabeu. Contro la squadra di Zidane, Del Piero manda in gol Trezeguet e poi raddoppia con un’azione personale. Anche l’Europa adesso sa che il vero Del Piero è tornato.

Alessandro, intanto, è sempre più popolare. Con la sua spontaneità, l’immagine semplice e un’educazione antica conquista tutti: le aziende che lo scelgono come testimonial, le televisioni che lo invitano alle trasmissioni. Davanti alle telecamere si muove sciolto e sicuro come in campo dove, con l’arrivo di Fabio Capello sulla panchina, conosce qualche delusione. Per il nuovo tecnico i titolari sono Trezeguet e Ibrahimovic. Il capolavoro di Ale è quello di non mollare e di non ribellarsi in modo plateale. La faccia è spesso scura, ma non c’è mai una parola fuori posto, mai un gesto antipatico, mai una lamentela. E sui due scudetti consecutivi vinti dalla Juve c’è la sua firma. Nel 2005 risolve lo scontro diretto con il Milan a San Siro inventandosi una rovesciata-assist che Trezeguet trasforma di testa. Nel 2006, sempre a San Siro, spegne le velleità di rimonta dell’Inter con una punizione vincente a pochi minuti dalla fine. Il conto degli scudetti arriva a quota sette, ma all’improvviso ecco la terza svolta della carriera: Calciopoli.

In poche settimane la giustizia sportiva cancella due anni di lavoro: lo scudetto 2005 viene revocato, nel campionato 2006 la Juve viene penalizzata e retrocessa all’ultimo posto. Nel frattempo l’Italia di Marcello Lippi dimostra al mondo cosa è in grado di fare un gruppo unito: in Germania gli azzurri diventano campioni andando oltre i propri limiti tecnici. Nella semifinale contro i tedeschi Ale rispolvera il “gol alla Del Piero”, proprio nella stessa città (Dortmund) e nella stessa porta in cui era nato nel 1995. La gioia è infinita, ma al ritorno in Italia c’è una triste realtà ad attendere Ale: la Juve in B. Lui per un po’ tace: «Come spesso mi capita, mi ritiro sulla mia collina per valutare, pensare, osservare, concentrarmi. Ho fatto come Achille che si defilava dalla guerra». Quando parla, esalta i tifosi garantendo fedeltà assoluta alla società e rivendicando i titoli vinti sul campo.

Mondiali 2006: Del Piero firma il raddoppio nell’epica sfida con la Germania

E sempre sul campo dimostra di essere ancora bravissimo nel 2006-07 (capocannoniere nel campionato di B vinto nonostante 9 punti di penalizzazione) e nel 2007/­08 (capocannoniere nel campionato di serie A, chiuso al terzo posto). Gli anni passano, ma Ale ha imparato a gestirsi. Insieme al fratello Stefano, che ne cura gli interessi con la sensibilità del parente e la competenza di chi ha provato a fare il calciatore, ha creato una struttura di tre persone che lavora per lui allo scopo di migliorarne le prestazioni atletiche. E il 5 novembre 2008 il Santiago Bernabeu gli regala una standing ovation dopo i due gol con cui schianta il Real Madrid in Champions. Per Ale si era già alzato l’Old Trafford di Manchester.

Omaggio al talento, al campione, ma anche all’uomo. Un uomo che attraverso il sito propone una serie di iniziative benefiche, che riesce a non perdere mai di vista la realtà, che ricorda giorno dopo giorno gli insegnamenti di papà Gino e mamma Bruna. La famiglia è importante e con la moglie Sonia, sposata in gran segreto il 12 giugno 2005, Ale ne ha costruita una tutta sua: Tobias, Dorotea e Sasha riempiono le sue giornate e lo fanno correre come in campo. Nel 2010 e nel 2011 la Juve zoppica, ma il capitano resta sempre il leader e il punto di riferimento. Grazie al lavoro integrativo studiato e fatto svolgere da Giovanni Bonocore, fidato preparatore personale, riduce al minimo infortuni e cali di forma.

Andrea Agnelli lo porta a firmare l’ultimo contratto nel nuovo stadio: un momento simbolico per collegare il passato e il futuro. Del Piero ha battuto tutti i record della storia bianconera, adesso può godersi ancora una stagione per trasmettere ai compagni quei valori che gli hanno consentito di diventare un punto di riferimento. Il 13 maggio 2012 disputa la sua ultima partita in campionato con la maglia della Juventus, contro l’Atalanta, segnando il 290º gol della sua carriera bianconera; il capitano bianconero esce dal campo al 57′, acclamato dai tifosi in lacrime.

di G.B. OLIVERO