DIRCEU – Intervista settembre 1982

Una lunga notte in treno col brasiliano del Verona, per scoprirne la filosofia spicciola: non ha nostalgia, sceglie sempre il miglior offerente e sogna una fine carriera in Arabia, sotto una cascata di petrodollari

Lo sceicco

ROMA Stazione Termini di notte: il panorama è quello solito: file davanti alle biglietterie, treni in ritardo, assalto via finestrino ai pochi posti liberi: gente d’ogni età e d’ogni condizione piena di sonno e con gli occhi rossi di stanchezza. Tra questi un ragazzo biondo, capelli ricci, fisico asciutto: sembra davvero un giocatore di calcio. Si aggira preoccupato e spaesato alla ricerca di uno strapuntino sul quale appoggiare i suoi 500 milioni di muscoli. Parla un italiano apprezzabile ma con l’inconfondibile cadenza sudamericana: è più che comprensibile, visto che si tratta di José Guimarães Dirceu, da Zoff meglio conosciuto col solo nome di Dirceu, uno dei pochi che possono ancora vantarsi d’averlo battuto. Con un tiro da venticinque metri. 24 giugno 1978. Brasile-Italia per il terzo posto al Mondiale d’Argentina: vantaggio di Causio. pareggio di Nelinho e 2-1 di Dirceu al 70′ che ci costa il terzo posto.
SVENDITA. «E’ veramente un grande portiere — dice subito — Però a Barcellona gli è andata bene, perché Santana non mi ha fatto giocare contro l’Italia. Se fossi sceso in campo, avrei ripetuto Baires e l’Italia non sarebbe campione del mondo. Però, ancora oggi, non riesco a capire come abbiamo potuto perdere una partita già vinta. No, pareggiata. Ti ricordi che a noi bastava un pareggio? Un pareggio, capisci? E niente: volevamo vincere, volevamo dimostrare a tutto il mondo che eravamo i più forti e invece in più forti ora siete voi. Ma sai cos’è successo dopo la partita? I.’aspetto più divertente, nonostante la sconfitta, è stata la svendita, hai capito bene, ho detto SVENDITA, la svendita dei biglietti delle partite di semifinale e finale agli italiani. Barcellona era piena di brasiliani che avevano comprato tutto quello che si poteva comprare. Sconfitto il Brasile non c’era più motivo di restare e così, oltre alla partita, agli italiani abbiamo regalato anche tutto il resto. Un puesto costò cinquenta y mila? Nos regalamos a los italianos a trenta o venti y mila. Alegrìa v desesperacion? Capisci? Anche stupidi siamo stati. Abbiamo perso la partita, vi abbiamo mandati in finale (perché a quel punto battere il Brasile significava entrare in finale) e vi abbiamo pure regalato i biglietti. Siete stati proprio fortunati! Quando incontrerete di nuovo gente come noi?».

— Però siamo stati riconoscenti. Ti abbiamo subito trovato un ingaggio qui, in Italia…
«lo sono venuto molto volentieri in Italia. No, Italia no es problema. Me gusta Italia, me gusta mucho. Però non dimenticare che non è la prima volta che gioco lontano dal Brasile. Sto girando il mondo da quattro anni. Ho cominciato col Vasco de Gama. poi sono stato un anno all’America di Città del Messico e tre anni all’Atletico di Madrid. Adesso sono qui da voi, bel paese, bella gente, tanti tifosi, ottimi dirigenti, tifosi anche loro. A Verona sto bene. Io sono in prestito al Verona, perché io sono proprietario del mio cartellino e il mio cartellino l’ho venduto alla Roma. Io gioco quest’anno a Verona, poi se la Roma mi vorrà andrò a Roma, altrimenti resterò a Verona, io ho intenzione di restare tre anni, qui da voi, in Italia».

— E se potessi scegliere?
«Se potessi, sceglierei Napoli. Me gusta Napoli: me gusta el clima, la gente, al sol, el mar e la pizza».

FILOSOFIA. Ecco il carattere bello e schietto di questo brasileiro sin saudade. Falcao deve tornare una volta al mese in Brasile perché ha nostalgia? Dirceu no. Dirceu va dove viene chiamato e trattato meglio. Adesso in Italia e domani chissà. Dirceu non ha la sregolatezza di Altafini, non ha il carisma di Falcao: ha piuttosto i lineamenti di quel notissimo personaggio di Walt Disney: quello che, alla vista del bigliettone color verde, ha gli occhi sbarrati dalla «esse con due stanghette verticali». È un personaggio che ha preso la vita come un gioco e il gioco del calcio come una vita: tu mi paghi e io gioco: tu mi paghi bene e io gioco meglio: patti chiari e fedeltà lunga. «A Verona, assaggerò anche la nebbia che, in trent’anni, non ho mai visto. Ma non è un problema. A casa m’aspettano mia moglie e mio figlio. Soprattutto mio figlio, che è quello cui tengo di più. Mia moglie io la chiamo il carabiniere, perché ha visto le tifose veronesi e mi ha messo subito le manette. Vedi questo Play-men? Adesso me lo devo sfogliare in fretta e vedere bene le figure, perché prima d’arrivare dovrà fare un bel volo fuori dal finestrino».

— Con tutte le belle ragazze che avete in Brasile, adesso tua moglie .si preoccupa di quattro tifose italiane.
“Si, devo confessare che in Brasile la piazza offre di meglio; il panorama è certamente più piacevole da ammirare».

— E tuo figlio? Anche lui fa il carabiniere come tua moglie? L’hai già promosso maresciallo?
«Oh! No. Lui e nato maresciallo. E il mio comandante. Vedessi come parla bene lo spagnolo! Ha solo quattro anni ma tre anni di Madrid sono serviti moltissimo. La mia lingua è il portoghese ma lui parla spagnolo perché ha legato facilmente con i suoi amichetti e non ne vuole sapere della mia lingua. Adesso a Verona é sempre con noi ma fra qualche settimana lo manderemo all’asilo e sono convinto che a Natale ci farà gli auguri in italiano».

— Come si chiama?
«Dirceu».

— Come? Dirceu?
«Sì, sì: Dirceu. Si chiama Dirceu come me. Dirceu es el nombre, non appelido. Si chiama Dirceu perché è nato il 15 giugno, lo stesso giorno mio. Poi è nato nel 1978 e se vai a rileggere la storia dei Mondiali, vedrai che il 15 giugno del 78 il Brasile jugó a Mendoza v ganò el Perù 3-0. Dos goles de Dirceu. Per me fu una giornata fantastica. Il più bel giorno della mia vita».

— E le giornate italiane, le giornate di Verona come sono?
«No tengo ningun problema, lo sto bene a Verona e adesso comincio a intendermi anche coi compagni di squadra. A Verona siamo due stranieri, io e Zmuda. Io sono stato agevolato dalla lingua, perché il portoghese ha molti termini in comune con l’italiano. Poi il mio ruolo in campo: io gioco a centrocampo, ho una certa libertà di manovra, l’intesa con i compagni è già buona, Zmuda, invece, ha avuto più problemi di me, perché in Polonia il gioco difensivo viene svolto in maniera diversa che in Italia. Adesso è infortunato ma presto tornerà a giocare, abbiamo bisogno di lui. Per quanto riguarda gli altri, tutto bene: Spinosi. Sacchetti il fiorentino, anche Garella, nonostante l’errore del rigore di Roma al novantesimo. Pesa troppo Garella, oltre novanta chili: se dimagrisse un po……»

— Quanti anni resterai in Italia?
«Dos o tres. Es solo una cuestión de dinero».

— E poi?
«Poi spero che il Mundial 86 si giochi in Brasile, perché io voglio giocare il mio quarto Mondiale. Ho cominciato in Messico, quando abbiamo battuto vosotros italianos, poi sono stato in Germania nel 74, in Argentina 78 e in Spagna 82. Poi, voglio finire la carriera in Arabia».

— Ma sai che gli arabi promettono ma non pagano?
«Con me pagheranno, vedrai. Eccome se pagheranno. Antes los dineros en Brasil. despues Dirceu andrà in Arabia a buscar un pullman do petroleo».