E alla fine arrivò Lippi…

Per la stagione 1994/95 rivoluzione alla Juve: Bettega vicepresidente esecutivo, Lippi allenatore. E poi: Paulo Sousa, Deschamps, Jarni, Ciro Ferrara. Battendo il Milan a San Siro arriva lo scudetto dopo una lotta infinita col Parma, affrontato anche in Coppa Uefa e Coppa Italia.

Estate 1994: dopo oltre un ventennio, finisce l’era manageriale di Boniperti. La Juventus si ristruttura con un nuovo assetto dirigenziale: nasce la cosiddetta Triade, formata dal direttore sportivo Luciano Moggi, dall’amministratore delegato Antonio Giraudo e dal vicepresidente Roberto Bettega, questo ultimo già bandiera bianconera da giocatore.

Rinnovato quindi lo stato maggiore, con qualche mugugno della tifoseria più accesa per le antiche stimmate granata di Giraudo e Moggi, si procede anche al rinnovo dello staff tecnico, con il definitivo addio al Trap e l’ingaggio di Marcello Lippi, di cui è particolarmente piaciuta la stagione al Napoli. Bettega, vicepresidente esecutivo, rilancia la sua juventinità:

«Abbiamo il dovere di provare a vincere sempre e tutto, perché questo è il destino della Juventus. Mai accontentarsi di un ruolo da comprimari, che non rientra nelle corde di questa società”.

E’ una critica, implicita ma molto chiara, ai secondi posti dell’ultima gestione, accolti e sbandierati come un successo. E’ anche una dichiarazione d’intenti, che desta molto scetticismo: la Juventus 1994/95 non è fra le favorite, il Milan pigliatutto di Capello, reduce da due scudetti consecutivi, appare ancora fuori portata e altre squadre si sono poderosamente rinforzate, in particolare il Parma e le due romane.

La rosa e lo staff tecnico della Juventus 1994-1995. Da sinistra, in alto: Carrera, Ferrara, Tacchinardi, Jarni, Ravanelli, Kohler, Porrini, Torricelli; al centro: Conte, Fusi, Francesconi (ceduto a stagione in corso), Pezzotti (all. in seconda), Lippi (allenatore), Bordon, (prep. portieri), Ventrone (prep. atletico), Marocchi, Orlando (acquistato a stagione in corso), Sousa; in basso: Giunta (massaggiatore), Di Livio, Deschamps, Peruzzi, Baggio, Rampulla, Vialli, Del Piero, Giordano (massaggiatore)

Tanto per cominciare, la Juventus fa piazza pulita dei suoi stranieri, ad eccezione di Kohler: viaggio di ritorno in Germania per Andreas Möller, accompagnato da Julio Cesar. Entrambi a Dortmund e il destino li opporrà proprio alla Juve in una drammatica semifinale di Coppa Uefa. Arriva dal Portogallo Paulo Sousa, reputato playmaker di spicco europeo: deve dare alla squadra quel punto di riferimento tattico che si è dileguato dai tempi di Platini, una volta assodato che Roberto Baggio è un fuoriclasse, ma non un leader. Centrocampista anche l’altro acquisto straniero, il francese Deschamps, ex Marsiglia. Completa il gruppo il croato Jarni, irruente cursore di fascia mancina, teoricamente di rincalzo, perché Kohler, Sousa e Deschamps formano in partenza il terzetto di prima scelta.

La difesa potenziata

L’arrivo di due centrocampisti esterni prelude a una cessione che desta clamore, quella di Dino Baggio, un sicuro talento, però di non facile collocazione tattica. Finisce al Parma, una concorrente diretta per lo scudetto e nell’intero corso della stagione si rivelerà un’implacabile bestia nera per la sua ex squadra.

In compenso la difesa riceve il decisivo potenziamento con l’innesto di Ciro Ferrara, ex bandiera del Napoli, mentre meno determinante si rivelerà l’apporto del libero granata Fusi. E’ una Juventus in apparenza meno brillante, ma più solida e concreta, meglio equilibrata sul piano tattico.

L’inizio non è francamente esaltante. Il campionato si avvia sull’onda di un deludente pareggio interno col Chievo in Coppa Italia e registra nella prima partita il pareggio di Brescia, subìto in rimonta. Lippi ha coraggiosamente sfoderato il tridente offensivo, attirandosi pronte critiche per questo eccesso di audacia, cui la squadra non sarebbe ancora pronta. La stiracchiata vittoria interna col Bari, maturata soltanto nel finale, non migliora l’umore dei tifosi, già mentalmente predisposti a un’altra stagione di attesa.

Ma a Napoli, nel posticipo in notturna, la Juve comincia a togliersi la maschera. Gran gol di Ravanelli, replica deliziosa di Del Piero. La classifica si fa ambiziosa e ancor più lo diventa la domenica successiva, quando il primo gol in serie A di Di Livio ferma al Delle Alpi la Sampdoria.
Considerato che il Milan ha i suoi problemi, che l’Inter sta clamorosamente deludendo, che Lazio e Roma emettono lampi ma procedono a corrente alternata, su questa Juventus si cominciano ad appuntare inedite attenzioni.

Però la squadra inciampa proprio nell’lnter, al Delle Alpi, per un pareggio senza gloria che rivela all’Italia televisiva (la partita, notturna, è in diretta pay-tv) un gioco decisamente dimesso. E la giornata seguente, a Foggia, arriva la prima sconfitta, propiziata da un errore arbitrale ma favorita anche da una retromarcia strategica di Lippi, che rinuncia in partenza a Ravanelli, indispensabile col suo slancio e il suo altruismo ai meccanismi d’attacco. La squadra del giorno è il Parma, per la Juve il ridimensionamento sembra alle porte. E invece proprio dal rovescio di Foggia, parte la riscossa bianconera.

Ravanelli e Vialli

La bomba Vialli

La guida un ritrovatissimo Luca Vialli, che Lippi ha pazientemente ricostruito sul piano psicologico e atletico. Vialli espugna la sua Cremona con uno spettacolare gol in rovesciata, un marchio di fabbrica, mentre Roby Baggio, con un inusuale colpo di testa ravvicinato, risolve il turno seguente la sfida col Milan. La caccia al Parma è lanciata. La Juventus ha una partita in meno rispetto all’avversaria, perché il derby col Torino è saltato in seguito alla tremenda alluvione che ha inginocchiato il Piemonte.

Altra rovesciata acrobatica di Vialli, che poi replica, ed ecco sistemata la Reggiana; punizione al bacio di Roby Baggio e anche Padova si arrende. Nel pieno di questa impetuosa progressione, però, il ginocchio del Divin Codino entra in crisi. La Juventus perde il suo fuoriclasse per un lungo arco di tempo e qui affronta il primo dilemma della sua stagione: se è ancora Baggiodipendente, deve dire addio ai sogni di gloria.

Il primo test lo propone la Fiorentina e l’inizio è agghiacciante, uno-due dei viola, Juve nella polvere. Tutto finito? Neanche per sogno. Vialli lancia l’operazione rimonta, con una doppietta folgorante, Del Piero la completa firmando allo scadere il gol del sorpasso, un pallonetto al volo che è un’assoluta delizia tecnica. Tre a due ed entusiasmo dilagante.

La trasferta a Roma, sul campo della Lazio, parte anch’essa in salita, ma ormai la Juve si è perfezionata in rincorse brivido. Doppietta dello scatenato Del Piero, c’è pure un gol del baby Grabbi, finisce 4-3 per i bianconeri in un delirio di calcio spettacolo. Il coraggio di Lippi comincia a pagare, questa Juventus è una macchina di punti e di gol.

La splendida rete di Del Piero in Lazio-Juventus 3-4

Le sfide col Parma

Col Parma il testa a testa è serrato. Gli emiliani tornano al comando quando a Torino la Juve viene costretta al pari dal Genoa, con un altro gol fantasma (questa volta di Galante, agli sgoccioli di una partita ormai vinta). Bettega attacca il Palazzo, la sosta serve a placare gli animi. E si riprende con lo scontro diretto al Tardini di Parma, quasi un giudizio di Dio.

Scala decide di sfidare Lippi sul suo terreno preferito e adotta anch’egli il tridente in attacco, venendone inizialmente ripagato dal gol d’apertura di Dino Baggio, ex scomodissimo. Ma la Juve estrae il jolly. Paulo Sousa si è ormai ritagliato uno spazio determinante nella squadra, ne è l’imprescindibile direttore d’orchestra, anche se non si affaccia mai in zona gol. A Parma colma la lacuna, con un missile che rimette in corsa i bianconeri. E su un Parma sbilanciato, Ravanelli affonda per due volte il suo micidiale contropiede. E’ una vittoria di incalcolabile portata, anche sul piano morale. Dimostra a tutti che la Juve è la più forte.

La penultima d’andata propone una rivale storica, la Roma. A Torino succede il finimondo, perché una rimessa laterale di Aldair, sullo zero a zero, è disturbata da un guardalinee distratto e il rimpallo favorisce lo scaltro Ravanelli che fulmina Cervone. Poi la Juve dilaga e vince tre a zero, ma le polemiche si sprecano e il polverone si alza altissimo. Logico che la squadra ne risulti frastornata.

Perde malamente il recupero del derby col Toro, che rimonta spavaldo con Rizzitelli, e viene seccamente sconfitta a Cagliari, alla chiusura del girone d’andata. Il doppio schiaffo ha peraltro effetti limitati, anche perché il Parma non ne profitta se non in misura minima.

Assorbita la burrasca, la Signora riparte in quarta: vittorie con Brescia e Napoli a Torino, a Bari e a Genova con la Samp, dove Vialli, il figliol prodigo, rilancia una candidatura azzurra che Sacchi non raccoglie. Un pareggio bianco a Milano con l’Inter, che si è trasformata dopo l’avvento di Moratti alla guida della società, completa il formidabile ciclo della Juve senza Baggio.

Del Piero è stato una sublime alternativa, ma il campione è ormai pronto al rientro. Ed eccolo domare il Foggia con una delle sue punizioni velenose, mentre Vialli concede un’altra acrobazia vincente contro la Cremonese.
Per legittimare uno scudetto ormai vicino, manca solo l’imprimatur del tricampione uscente. Il Milan viene affrontato al Meazza, quando la Juve ha già scelto (fra le polemiche) lo stadio di San Siro per la sua semifinale di Coppa contro il Borussia Dortmund. E’ dunque una prova generale, che si risolve in un autentico trionfo. Nell’anticipo del sabato, le due punte bianconere, Ravanelli e Vialli, fanno saltare in aria la conclamata difesa milanista.

E’ un vero e proprio passaggio delle consegne, anche se il Parma non abbandona le speranze e rimane tenacemente in scia. La formula dei tre punti per vittoria consente, teoricamente, ancora il ribaltone. E la Juventus par quasi che sadicamente si diletti a rilanciare le chances dell’antagonista. Perde contro il Torino anche il derby di ritorno, poi si fa addirittura infilzare a domicilio dal Padova, in lotta per la salvezza.

Il Parma, mentalmente già rassegnato e sintonizzato su altri obiettivi, spreca l’occasione di un sostanzioso ravvicinamento, poi si fa sbranare nella sfida diretta, che la Juventus si aggiudica per quattro a zero, vendicando così il fresco affronto subito nella finale di Coppa Uefa, e dando i contorni definitivi della matematica alla sua conquista tricolore.

Dopo lunghi nove anni di attesa, il ventitreesimo titolo va ad arricchire la prestigiosa bacheca della Signora del calcio italiano. Alla fine, pur totalizzando sette sconfitte, la Juventus chiude con dieci punti di vantaggio sulle seconde, Lazio e Parma, e correda la sua stagione con un brillantissimo rendimento esterno: undici vittorie in trasferta, è li che la squadra di Lippi ha fatto la differenza con le sue concorrenti.

Diciassette gol di Vialli, quindici di Ravanelli, otto del baby Del Piero, le punte hanno lavorato con profitto. Esemplare anche lo sfruttamento che il tecnico ha fatto del suo organico ampio: ben ventitré giocatori sono stati ruotati in campo.

Sfiorato il grande Slam

Una stagione epica, per la Juventus, in corsa su tutti i fronti e a un passo dal conquistare un “en plein” inedito nella storia del calcio italiano. Alla prova dei fatti, è mancata soltanto la Coppa Uefa, sfuggita nella finale con l’eterna rivale, il Parma, dopo mille rimpianti.

La Juventus aveva compiuto il suo capolavoro in semifinale, eliminando il fortissimo Borussia Dortmund, nelle cui file gli ex Möller, Julio Cesar e Reuter inseguivano con accanimento la grande rivincita. Dopo aver subito il pareggio per 2-2 a San Siro, sede prescelta (non senza polemiche) per le decisive sfide europee, la Juventus andava ad espugnare il campo di Dortmund, affrontando cosi la finalissima col Parma nelle vesti di netta favorita. Nella partita di andata, però, fra squalifiche e infortuni, l’intero reparto difensivo titolare era costretto a dare forfait e la squadra, pur mantenendo le redini del gioco, era dapprima fermata dalle grandi parate di Bucci, poi infilzata dal gol in contropiede dell’ex Dino Baggio.

Personaggio chiave della vicenda, perché nel retour-match di San Siro era ancora lui a replicare nella ripresa allo stupendo gol d’apertura di Vialli e a firmare il pareggio che consegnava al Parma la Coppa.

Il cosiddetto “grande slam” sfumava, ma la Juventus si ripagava abbondantemente centrando gli altri due traguardi, sempre avendo il Parma come antagonista designato. Va sottolineato che l’accoppiata scudetto-Coppa Italia è evento raro, nella storia del calcio italiano e in precedenza era stato centrato soltanto tre volte: dal Grande Torino nel 42-43, dalla stessa Juventus nel 59-60, dal Napoli nell’86-87.

Una Coppa Italia che per la Juventus era cominciata fra gli affanni (pareggio interno col Chievo, alla partita d’esordio!) e si concludeva trionfalmente, con una doppia vittoria sul solito Parma: 1-0 a Torino, gol del difensore Porrini, 2-0 a Parma, ancora Porrini e poi Ravanelli, al suo sesto bersaglio personale nel torneo. La vittoria di Parma era ancor più significativa perché la Juve, già priva di Roberto Baggio e Paulo Sousa, perdeva dopo pochi minuti anche Vialli. Priva dei suoi tre giocatori più classici (per non parlare delle altre assenze, da Peruzzi a Kohler) la squadra di Lippi imponeva tuttavia la superiore freschezza atletica e la mentalità aggressiva, doppia arma vincente di una stagione indimenticabile.