ENZO BEARZOT – Intervista giugno 1978

“Ho davvero sognato di vincere la coppa, dice Bearzot, ma gli errori di conclusione e quattro gol eccezionali ce lo hanno impedito. Non vedevo da 10 anni tiri come quello di Haan” – Il ct. racconta le fasi della spedizione mondiale dai fischi di Roma contro la Iugoslavia al miracoloso recupero in Argentina – “Nessuno fra i 22, aggiunge, ha chiuso il suo rapporto con la Nazionale, ma il campionato esprimerà altre forze nuove” – Il prossimo obiettivo sarà il titolo europeo nel 1980

Italia come gioco campione del mondo

BUENOS AIRES — “Ad un certo punto ho davvero sognato di vincere Il titolo. Non ci siamo riusciti perché non sono state concretizzate le occasioni create con Olanda e Brasile e perché abbiamo avuto la sfortuna di incassare quattro gol eccezionali. E’ l’unico vero rimpianto. Per il resto, sul piano del gioco, l’Italia è campione del mondo”. Con questa convinzione Enzo Bearzot ha lasciato ieri sera l’Argentina. Gli restano il quarto posto contro ogni previsione e il riconoscimento unanime, da parte dei critici stranieri, di aver esaltato il calcio totale con un gioco brillante, forse il migliore visto nel «mundial». Lui non ha la pretesa di aver sconfitto il «catenaccio», anzi respinge la brutta immagine che questo modulo difensivo all’Italiana aveva suscitato in passato negli altri.

«Poiché il catenaccio li aveva tatti soffrire, lo odiavano, ma a noi aveva procurato non poche soddisfazioni — dice Bearzot —. Se si è imboccata una strada diversa sull’esempio dell’Olanda è perché abbiamo trovato giocatori che si sposano alle esigenze del calcio moderno. Qui c’è stata l’affermazione di un gruppo di amici che si sono dati aiuto reciproco. Il fatto che in campo ci fossero otto o nove juventini conta relativamente. L’attesa e poi l’impatto con il “mundial” sono stati i momenti più delicati ma gli azzurri si sono comportati benissimo. Graziani, ad esempio, ha reagito da vero uomo all’esclusione. Avevo deciso il lancio di Rossi dopo il secondo tempo con il Deportivo e non certo per la pressione dei giornalisti. Rossi è una realtà. Tengo a precisare che con l’Argentina ho mandato in campo la miglior formazione ma non perché i titolari volevano giocare a tutti i costi. Bettega, ad esempio, avrebbe riposato volentieri. Non sono affatto pentito di aver battuto l’Argentina poiché la cosa che più mi stava a cuore era offrire un’immagine pulita al mondo che ci stava guardando. A Fiumicino non mi aspetto accoglienze entusiastiche sul piano personale. E’ attraverso il gioco che si ottengono i risultati. Qui non siamo stati premiati ma se i critici capiscono ciò che abbiamo fatto anche il tifoso cieco li segue. Gli sportivi che ragionano non possono che apprezzare quanto di buono abbiamo fatto”.

Bearzot non si atteggia a «taumaturgo»: sa che un selezionatore non inventa ma deve amministrare nel migliore del modi il patrimonio che gli viene offerto dal campionato adattandolo agli avversari che incontra. Per questo merita l’elogio degli sportivi italiani, per il proficuo lavoro che ha svolto fra problemi e polemiche di una travagliata vigilia che solo i risultati hanno messo a tacere. Ha lottato e sofferto, covando forse propositi di abbandono (dopo il «mundial», beninteso) che l’amore e la passione per il calcio e la sua professione hanno fatto rientrare. Carraro ha detto che la conferma di Bearzot è una scelta coerente per quanto ha fatto, perché conosce il football e sa dialogare con i giocatori ed è una brava persona. Il nuovo contratto, che lo legherà per altri due anni alla Nazionale, sino alla conclusione del campionato d’Europa, è pronto da oltre un mese, ma Bearzot vuole pensarci su. Carraro ha aggiunto che Bearzot potrà lavorare in pace dopo la Coppa del mondo, ma il ct. ribatte: “Lui sicuramente sì, io no. Adesso aumentano le responsabilità e dopo quanto si è visto in Argentina la gente pretende almeno il titolo europeo che l’Italia, indubbiamente, cercherà di vincere”.

Bearzot chiede certe condizioni ed è giusto che il suo contratto venga aggiornato sul piano economico dopo l’avventura esaltante cominciata 45 giorni fa. L’ 11 maggio scattò l’«operazione Argentina» e per Bearzot fu subito calvario. Roma, sede dei raduno, gli dimostrò una assurda ostilità per la scelta di una formazione-base che andava senz’altro ritoccata e aggiornata ma che, potenzialmente, era ben costruita. Gli acciacchi di Bellugi, le incerte condizioni di Antognoni, accesero una campagna-stampa in favore del laziale Manfredonia e del romanista Di Bartolomei che, per i suoi calci di punizione, è considerato dal sostenitori giallorossi il «Platini de noantri», ma che, come il giovane stopper della Lazio, ha poca esperienza internazionale. Rassicurato dai medici, Bearzot ignorò le pressioni campanilistiche e decise di confermare Antognoni nel gruppo dei 22. “Fisicamente è guarito, deve solo trovare la condizione e lo porto in Argentina anche se dovesse giocare 45 minuti a partita” , mi confidò poche ore prima di partire per Buenos Aires. Appariva amareggiato per le feroci critiche ricevute dalla Nazionale dopo la deludente amichevole con la Jugoslavia, per gli insulti del tifosi che lo avevano dileggiato e fischiato. Ciò nonostante ostentava fiducia e riteneva che il clima frizzante di Buenos Aires avrebbe rigenerato gli azzurri.

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Non si è sbagliato. Tardelli, Causio, Bettega e Scirea che erano fra i più discussi, hanno ritrovato la condizione. Anche Graziani, reduce da una stagione tutt’altro che esaltante, è apparso in progresso, ma Bearzot non poteva ignorare un Paolo Rossi che, dopo lo splendido campionato, aveva dimostrato con il Deportivo Italiano di poter essere una pedina importante. Quanto a Cabrini, che con Rossi è la rivelazione azzurra dei «mundial», Bearzot aveva già deciso da tempo di schierarlo contro la Francia anche se alla «bombonera» aveva presentato inizialmente Maldera per confondere le idee a Hidalgo. Attorno alla Nazionale, salvo poche eccezioni, il pessimismo era generale. Bearzot predicava umiltà ma era convinto che potevamo passare il turno. E i fatti non solo gli hanno dato ragione, ma hanno confermato che il nostro calcio merita di stare nell’élite mondiale. Bearzot, dunque, si è preso grosse rivincite. Solo una volta ha perso il «self control» a Mar del Plata dopo il successo sull’Ungheria, poi ha goduto in silenzio i momenti belli. Ha peccato di presunzione — e lo ammette — quando ha visto l’Italia umiliare l’Olanda per 45 minuti, decidendo di sostituire Causio per risparmiarlo in vista della finalissima. I giornalisti argentini l’hanno pubblicamente ringraziato per la collaborazione che ha loro offerto.

Insomma, Bearzot è campione del mondo in pubbliche relazioni. In Inghilterra e in Argentina lo adorano, solo in Italia c’è chi lo contesta. Lui incassa le critiche e perdona le offese, ma non le dimentica. In questo periodo ha fumato due pacchetti di sigarette al giorno e dopo la sconfitta con il Brasile è riuscito a prendere sonno solo alle 5 del mattino, perché gli era difficile smaltire la rabbia di un’altra partita persa immeritatamente. Nel fare un bilancio della Coppa del Mondo, dice che la gara più sofferta è stata quella con la Francia, perché “dopo le critiche, per la verità stimolanti, di Roma, ci siamo trovati soli, con un gol a freddo da rimontare, e la squadra ha dimostrato carattere e maturità”. La vittoria che gli ha dato più soddisfazione è stata quella con l’Argentina, mentre sul piano tecnico la prestazione più bella è stata con la Germania Ovest.

Nega che all’Italia sia mancato lo spirito per vincere il titolo o che la nostra formazione abbia accusato un calo fisico: “Ci siamo accorti di potercela fare, sebbene fossimo partiti per disputare un mondiale di transizione. A volte non vince chi gioca meglio. Però, il bilancio è estremamente positivo. Siamo sullo stesso livello delle rappresentative più evolute, non abbiamo più complessi di inferiorità, e, in rapporto alle attese, abbiamo anche dimostrato di avere fondo atletico. Pur perdendo due volte, la squadra non mi ha deluso: per un tempo ha ridicolizzato l’Olanda, realizzando purtroppo un solo gol, e subendo l’inevitabile reazione di un avversarlo che ha “trovato” due reti irripetibili. Con il Brasile si è verificata la stessa situazione. Solo quattro incredibili tiri ci hanno condannato, poiché olandesi e brasiliani non sono mai stati in grado di segnare su azione ravvicinata”.

Secondo Bearzot, il «Mundial» ha fatto trionfare la marcatura «a uomo», mentre quella «a zona» ha accusato crepe. “Noi entravamo con facilità tra le difese che la adottavano — chiarisce Bearzot —, mentre gli avversari avevano problemi per superare la nostra retroguardia. Dobbiamo continuare con il marcamento a uomo, realizzato da elementi eclettici. I gol segnati da Haan a Maier e Zoff non li vedevo da dieci anni. L’Olanda ha pescato due clamorosi “jolly” contro di noi. Zoff non ha colpe specifiche, e non lo dico per difenderlo: il nostro portiere si è comportato benissimo, e non è affatto giunto al capolinea. Lo stesso discorso riguarda Benetti. Nessuno fra i ventidue presenti in Argentina chiude il suo rapporto con la Nazionale. Naturalmente, Il futuro è per i giovani, ma un paio di anziani possono ancora servire benissimo”.

— Quali giovani speranze offre Il calcio italiano?
“Il nostro campionato deve ancora produrre altre forze nuove. Il “Mundial” ha espresso la bontà di una linea: si sono raccolti i frutti di un gioco che si era già intravisto a New York, nel torneo del Bicentenario. La Nazionale è una forza trainante anche per il campionato, e questo il grande risultato che è stato ottenuto. Qui c’erano Trapattoni, Radice, Fabbri, Di Marzio, allenatori che da tempo puntano sul calcio totale. Speriamo che altri li seguano. Ci vuole gente più versatile, basta con gli specialisti. Più aumenta il numero degli eclettici e più cresce il tasso di classe. Questo è il patrimonio, insieme con l’esperienza, che abbiamo acquisito in Argentina. Ormai siamo avviati verso il gioco collettivo, e se nella Coppa del Mondo gli assi non si sono visti è perché hanno giocato al servizio della squadra”.

— Dopo i risultati ottenuti dal tandem Bettega-Rossi, ci sarà ancora posto per Graziani?
“Graziani può giocare in tandem con entrambi. Potrebbero coesistere tutti e tre, ma senza modificare lo schema tradizionale. Bettega è in grado di occupare qualsiasi ruolo, ha le caratteristiche per fare la mezza punta o il “regista”. Ma è chiaro che per giocare da interno avrebbe bisogno di effettuare alcune prove prima di esprimere un rendimento elevato”

— Noi ci siamo presentati al «Mundial» con una dozzina di partite, fra gare di qualificazione e amichevoli. Sono state sufficienti, oppure era necessario intensificare la preparazione?
“Noi abbiamo spremuto sino all’osso un programma prestabilito. Di più non si poteva fare. Anche perché non sempre le partite del mercoledì danno risultati apprezzabili”.

— Da adesso fino alla fase finale dei campionati europei 1980 ci saranno solo amichevoli. La squadra riuscirà a trovare la forma giusta per puntare con successo al titolo?
«E’ presto per parlarne. Tutte le partite, anche le amichevoli, aggiungono qualcosa. Per l’Europeo si vedrà. Adesso penso alle vacanze, al mio Friuli…’.