I messicani sono ormai logori e l’Italia viene eliminata dal Belgio padrone di casa. Tutto facile per i bianchi di Helmut Schön che grazie a campioni del calibro di Beckenbauer e Gerd Muller non hanno problemi a liquidare in finale l’URSS.
Germania über alles
Una eccezionale fioritura di campioni all’inizio degli anni Settanta proietta i bianchi tedeschi occidentali ai vertici mondiali, in una scalata che parte proprio dal trofeo continentale, colto significativamente in una edizione davvero “ecumenica”. Al quarto appuntamento, gli Europei sono ormai adulti: vi partecipano tutte le squadre del continente, con la sola eccezione del Liechtenstein. Per la fase finale (semifinali e finali) viene scelto il Belgio come Paese ospitante. Un’edizione di buona qualità, che i tedeschi nobilitarono al massimo presentandovi squarci di grande calcio, a un livello assolutamente superbo. Al punto che la grande Germania del 1972 è ancora oggi da molti critici considerata persino più forte di quella (basata sulla stessa ossatura, ma diversa) che di lì a due anni avrebbe guardato il resto del mondo dall’alto nei Mondiali giocati in casa.
La Germania dell’Europeo aggiungeva alla conosciuta e rinomata classe del leggendario Beckenbauer l’arma micidiale Müller, centravanti di devastante efficacia in area di rigore, già capocannoniere due anni prima ai Mondiali del Messico, e un paio di talenti nuovi di zecca. Gunther Netzer era un atleta superbo, l’ampia falcata, l’incedere elegante, la morbidezza del tocco di palla e la visione di gioco ne facevano automaticamente un leader del centrocampo.Fu un peccato che la sua personalità di fuoriclasse andasse in quegli anni a scontrarsi, anziché a sommarsi come nei voti del Ct Helmut Schön, a quella di Wolfgang Overath, il mancino d’oro del calcio tedesco occidentale. Insieme avrebbero potuto fare sfracelli, ma il destino li volle rivali. Nel 1972 Overath, infortunato, nella fase finale non poté estrarre dalla custodia il suo sinistro dagli accenti musicali, lasciando spazio al rivale: si sarebbe preso la rivincita due anni dopo al Mondiale, quando il divismo di Netzer avrebbe sobillato i compagni di squadra a prendere decisamente posizione contro di lui e in favore dell’asso del Colonia.

Se Netzer impugnava la bacchetta del direttore d’orchestra, Uli Hoeness era il grande solista del centrocampo. Non ancora ghermito dai crudeli infortuni che ne avrebbero qualche anno dopo compromesso la carriera, zigzagava col suo dribbling elettrico, puledro inarrestabile sulla trequarti, con incursioni spettacolari quanto laceranti per le difese avversarie. Ma la Nazionale tedesca di quell’anno era tutto un concentrato di campioni. Perché in porta volava Maier, l’indistruttibile, e in difesa c’era la quercia Schwarzenbeck davanti a kaiser Franz e un giovane terzino di strabilianti mezzi tecnici e fisici, Paul Breitner. Insomma, una Nazionale che da sola bastò a nobilitare la manifestazione. Passata alla storia, oltre che per il valore assoluto della squadra vincitrice, anche per la clamorosa debacle dell’Italia.
Volgeva al tramonto la generazione dei “messicani”, ma nessuno avrebbe potuto immaginare che gli azzurri, vicecampioni del mondo e campioni europei uscenti, i grandi favoriti della manifestazione, sarebbero usciti malinconicamente ai quarti di finale, sotto i colpi del pur forte Belgio. Una squadra, quest’ultima, che onorò il ruolo di padrone di casa con una formazione di assoluto valore, mandata da un ingrato sorteggio a sbattere contro il muro della Germania un passo prima della finale, dovendosi alla fine accontentare del terzo posto. Molto meno meritevole l’Urss, che in finale oppose a Beckenbauer e soci la flebile resistenza di un calcio privo di stelle e di sbocchi tattici.
Cruijff rimandato
Le trentadue partecipanti sono divise in otto gruppi da quattro squadre l’uno. Il Belgio, che ospiterà la fase finale, deve guadagnarsi il pane della qualificazione senza privilegi. Altri tempi. I favori del pronostico vengono in gran parte rispettati. C’è battaglia soprattutto nel primo gruppo, dove la Romania la spunta sulla Cecoslovacchia solo per differenza reti, e nel settimo, dove l’attesa per l’Olanda, nazione emergente a livello di club, va in parte delusa. Guidati dal talento assoluto di Johan Cruijff, gli arancioni devono arrendersi alla maggiore esperienza della Jugoslavia; il “Papero d’oro” è tra i capocannonieri del girone, ma il famoso gioco totale che proietterà la squadra in finale due anni dopo ai Mondiali è ancora in embrione.
La caduta di Riva
L’Italia è inserita in un girone non proprio facilissimo, con le mine vaganti Austria e Svezia, oltre alla vittima sacrificale irlandese. Un motivo di più per sconsigliare a Valcareggi il rischio dell’avventura. Il Ct è riuscito a sbucare dal tunnel delle contestazioni post mondiali messicani con l’immagine appena appena sgualcita. In pasto alla folla inferocita, che ha “festeggiato” il secondo posto di Città del Messico con una kermesse a base di pomodori e insulti, è stato dato l’obiettivo principale dell’ira popolare: il capo spedizione Walter Mandelli, considerato il suggeritore neanche tanto occulto dei sei minuti di umiliazione inflitti a Rivera nel finale della partita col Brasile. I giocatori, quelli sono nel cuore di tutti e Valcareggi, saggio timoniere, non si permetterebbe mai di mancare loro di rispetto anticipando qualche congedo. I fatti d’altronde gli danno inizialmente ragione su tutta la linea, arrivando la qualificazione a voti quasi pieni nonostante la lunga assenza del deus ex machina dell’attacco, Gigi Riva, crudelmente sbattuto fuori proprio all’esordio nella manifestazione continentale.
Al Prater di Vienna gli azzurri vinsero 2-1, ma cupi presagi si addensarono sul campo azzurro quando il terzino Hof vestì i panni del boia, fratturando il perone destro al leader dell’attacco azzurro. Riva uscì di scena, ma le alchimie di Valcareggi e la forza di Pierino Prati, suo sostituto naturale, tapparono la falla. Della famosa (o famigerata) “staffetta” di messicana memoria, non resisteva che uno sbiadito ricordo. Valcareggi avanzava Mazzola al centro dell’attacco (come al Prater) o lo allargava all’ala, in omaggio al suo passato di attaccante, e per amore di patria il dualismo tra i dioscuri di Milano rimaneva dietro le quinte. Riva tornò, festeggiando con una poderosa doppietta alla Svezia il suo completo recupero, il secondo che questo straordinario campione era riuscito a portare a termine dopo aver immolato la propria integrità fisica alla maglia azzurra. L’ultimo match del girone, il ritorno con l’Austria, si risolse con un pareggio poco esaltante all’Olimpico. Di lì a tre mesi, la cottura dei “messicani” era completa, complici le fatiche del campionato.
Fuori con il Belgio
All’Italia i quarti di finale consegnavano una delle forze emergenti del continente, lo scorbutico Belgio guidato dal fuoriclasse Van Himst. In marzo, per preparare al meglio il doppio confronto, Valcareggi tentò qualche timido esperimento (il poderoso mediano Benetti, il raffinato fantasista Sala) in amichevole ad Atene, ma il fiasco totale (sconfitta per 2-1) indusse il Ct azzurro a resistere alle critiche: stravolgere la squadra in vista del duplice impegno col Belgio rappresentava un rischio eccessivo. Chiamò a raccolta i suoi, chiedendo loro una prova d’orgoglio. Ne uscì un mortificante pareggio a reti bianche a San Siro, preludio alla disfatta di due settimane dopo, al Pare Astrid di Bruxelles, dove lo sfilacciamento della manovra e la crisi atletica degli azzurri toccarono il culmine. Significativo un dato statistico: contro gli uomini di Goethals, a Milano, Valcareggi schierò per otto undicesimi la stessa squadra che quattro anni prima si era aggiudicata il trofeo continentale: uniche novità, Albertosi, Bedin e Cera, rispettivamente al posto di Zoff (infortunato), Guarneri e Salvadore. Piacque la novità Causio, fantasista all’esordio nel secondo tempo al posto di Domenghini, ma si trattava di un timido placebo.
Il calcio all’italiana, l’attendismo tattico che tante volte aveva pagato, non bastava più. Il Belgio di Goethals era una gelatina vischiosa, tutto arroccato in difesa: per batterlo sarebbe stata necessaria una vigorosa prova di iniziativa, quale i logori pretoriani di Valcareggi non erano più in grado di fornire. Il 13 maggio 1972 nella capitale belga gli azzurri ammainavano la loro gloriosa bandiera e non bastava un altro esordiente nella ripresa (il regista juventino Capello) a cambiare il corso di una partita dominata nel primo tempo dai padroni di casa. Emblematico il durissimo intervento di Bertini su Van Moer, che costò al campione belga la frattura di una gamba e apparve, anche al di là dell’intenzionalità dell’intervento, l’estremo rabbioso grido di chi avvertiva il terreno franare sotto i piedi. Alla fine, col risultato mitigato negli ultimi minuti dal rigore trasformato da Riva per fallo di Heylens sull’ottimo Capello, la squadra detentrice lasciava mestamente la competizione, avviandosi a un problematico rinnovamento dei ranghi.

Verso la finale
L’Ungheria dovette ricorrere allo spareggio per far fuori i rumeni, l’Urss travolse in casa la Jugoslavia e la Germania Ovest andò a Wembley per l’andata del quarto più atteso e interessante. L’ennesima rivincita della discussa finale del Mondiale 1966 praticamente non ebbe storia: i panzer seminarono il panico tra le file dei padroni di casa, offrendo una straordinaria dimostrazione di freschezza fisica, qualità tecniche e disposizione tattica. Passati imprudentemente in vantaggio, gli inglesi vennero travolti dall’inarrestabile furia degli avversari, cui il Ct Helmut Schön aveva dato un’anima e un gioco. La superiorità atletica e tecnica dei tedeschi lasciò gli ex Maestri sbalorditi. Il ritorno fu una semplice formalità, con gli inglesi a rimbalzare sul muro difensivo tedesco, pilotato da un gigantesco Höttges, con ostinazione pari all’inefficacia.
Il sorteggio anticipò la finale ad Anversa, dove l’astuzia di Goethals tentò di opporsi ai dominatori del continente. Il Belgio affrontò la prova con la stessa cautela risultata vincente contro l’Italia. Contro quella Germania, tuttavia, serviva ben altro che un prudente controgioco. Se qualcosa non mancava ai tedeschi, era la capacità di distendere sul campo una stritolante manovra offensiva. Due gol di Gerd Müller indirizzarono il match e a nulla valse il gol di Polleunis, al termine della vibrante partita. Il vero rammarico dei padroni di casa era di non essersi potuti giocare la chance in finale. L’altra partita, infatti, tra ungheresi e sovietici, fu giocata qualche piano più sotto dal punto di vista tecnico e spettacolare. La noia mortale del confronto tra due poderose quanto lente macchine da gioco senza fantasia, venne interrotta dal gol di Konkov in spettacolare rovesciata, unico raggio di luce in una partita modestissima.
La finale, come ci si poteva attendere, fu un monologo tedesco. Troppo impacciata e lenta la squadra sovietica, impostata sul blocco della Dinamo Kiev, per opporre un minimo di efficace resistenza agli uomini di Schön. Le due squadre si erano incontrate qualche mese prima in amichevole per l’inaugurazione dello Stadio Olimpico di Monaco e i sovietici avevano potuto saggiare la spaventosa capacità realizzativa di Gerd Müller. Così il piano fu studiato con cura: il poderoso Khurtsilava, il più forte difensore dei rossi, venne dedicato espressamente alla guardia del temutissimo bombardiere bianco. Risultato: Müller mise a segno una doppietta, con in mezzo il sigillo del mediano Wimmer, in una partita dominata in modo così schiacciante da risultare quasi imbarazzante per i tedeschi. Che celebrarono col primo trofeo continentale una superiorità destinata ad allargarsi al mondo intero.
QUARTI DI FINALE |
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29 aprile 1972. Londra. Wembley Stadium INGHILTERRA – GERMANIA OVEST 1-3 Reti: 27′ Hoeness 0-1, 78′ Lee 1-1, 84′ (rig) Netzer 1-2, 88’ Müller 1-3 Arbitro: Robert Helies (Francia) Inghilterra: Banks; Madeley, Hughes, Bell, Moore, Hunter, Lee, Ball, Chivers, Hurst (60’ Marsh), Peters. Germania Ovest: Maier; Höttges, Breitner, Schwarzenbeck, Beckenbauer, Wimmer, Grabowski, Hoeness, Müller, Netzer, Held. 13 maggio 1971. Berlino. Stadium: Friedrich-Ludwig-Jahn Sportpark GERMANIA OVEST – INGHILTERRA 0-0 Reti: – Arbitro: Milivoje Gugulovic (Jugoslavia) Germania Ovest: Maier; Höttges, Breitner, Schwarzenbeck, Beckenbauer, Wimmer, Hoeness (51’ Heynckes), Flohe, Müller, Netzer, Held. Inghilterra: Banks; Madeley, Hughes, Storey, McFarland, Moore, Ball, Bell, Chivers, Marsh (20’ Todd), Hunter (57’ MacDonald). QUALIFICATA: GERMANIA OVEST |
29 aprile 1972. Milano. Stadio San Siro ITALIA – BELGIO 0-0 Reti: – Arbitro: Peter Hristov Nikolov (Bulgaria) Italia: Albertosi; Burgnich, Facchetti, Bedin, Rosato, Cera, Domenghini (46’ Causio), Mazzola, Anastasi, De Sisti, Riva. Belgio: Piot; Heylens, Martens (53’ Dolmans), Thissen, Van Den Daele, Dockx, Semmeling, Van Moer, Lambert, Van Himst, Verheyen. 13 maggio 1972. Bruxells. Stadium: Constant Vanden Stock. BELGIO – ITALIA 2-1 Reti: 23’ Van Moer 1-0, 71’ Van Himst 2-0, 86’ (rig) Riva 1-2 Arbitro: Paul Schiller (Austria) Belgio: Piot; Heylens, Dolmans, Thissen, Van Den Daele, Dockx, Semmeling, Van Moer (46’ Polleunis), Lambert, Van Himst, Verheyen. Italia: Albertosi; Burgnich, Facchetti, Bertini (46’ Capello), Spinosi, Cera, Mazzola, Benetti, Boninsegna, De Sisti, Riva. QUALIFICATO: BELGIO |
29 aprile 1972. Budapest. Stadium: Nep Stadium UNGHERIA – ROMANIA 1-1 Reti: 11’ Branikovits 1-0, 56’ Satmareanu I 1-1 Arbitro: David William Smith (Inghilterra) Ungheria: Géczi; Fabian, Pancsics, Vépi, Szücs, Balint, Fazekas, Branikovits, Kocsis (59’ Bene), Dunai, Zambo. Romania: Necula; Satmareanu I, Lupescu, Deleanu, Dumitru, Dinu, Lucescu, Dembrovski, Domide, Nunweiler, Iordanescu. 14 maggio 1972. Bucarest. Stadium: 23 August ROMANIA – UNGHERIA 2-2 Reti: 5′ Szöke 0-1, 14′ Dobrin 1-1, 36′ Kocsis 1-2, 81′ Neagu 2-1 Arbitro: Kurt Tschenscher (Germania Ovest) Romania: Necula; Satmareanu I, Lupescu, Deleanu (69’ Anca), Dumitru, Dinu, Domide, Dembrovski (75’ Neagu), Dobrin, Nunweiler, Iordanescu. Ungheria: Géczi; Fabian, Pancsics, Juhasz, Juhasz, Balint, Szöke, Kocsis (61’ Kü), Bene, Szücs, Zambo (61’ Dunai). SPAREGGIO: 17 maggio 1972. Belgrado. Stadium: FK Partizan UNGHERIA – ROMANIA 2-1 Reti: 27’ Kocsis 1-0, 34’ Neagu 1-1, 89’ Szöke 2-1 Arbitro: Christe Michas (Grecia) Ungheria: Rothermel; Fabian, Pancsics, Juhasz, Juhasz, Balint, Szöke, Kocsis, Bene, Kü, Zambo. Romania: Necula; Satmareanu I, Lupescu, Deleanu (65’ Halmageanu), Dumitru, Dinu, Neagu, Domide, Dobrin, Nunweiler, Lucescu. QUALIFICATA: UNGHERIA |
30 aprile 1972. Belgrado. Stadium: FK Crvena Zvezda JUGOSLAVIA – URSS 0-0 Reti: – Arbitro: Rudolf Scheurer (Svizzera) Jugoslavia: Maric; Ramljak, Stepanovic, Pavlovic, Paunovic, Holcer, Jankovic, Oblak, Bukal (85’ Bajevic), Acimovic, Dzajic. URSS: Rudakov; Dzodzuaschvili, Khurtsilava, Kaplichny, Istomine, Makhovikov (61′ Troschkine), Dolmatov, Baidachny, Banischevsky, Konkov, Kozinkevich (78′ Evriuzhikhine). 13 maggio 1972. Mosca. Stadium: Luzhniki URSS – JUGOSLAVIA 3-0 Reti: 53’ Kolotov 1-0, 74’ Banischevsky 2-0, 90’ Kozinkevich 3-0 Arbitro: Aurelio Angonese (Italia) URSS: Rudakov; Dzodzuaschvili, Khurtsilava, Abramov, Istomine, Kolotov, Troschkine, Baidachny (65’ Kopeikine), Banischevsky, Konkov, Evriuzhikhine. Jugoslavia: Maric; Ramljak, Stepanovic, Pavlovic, Paunovic, Holcer (57′ Petkovic), Antonijevic, Oblak (71′ Jerkovic), Jankovic, Acimovic, Dzajic QUALIFICATA: URSS |
SEMIFINALI |
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14 giugno 1972, Anversa. Stadium: Bosuil – Deurne GERMANIA OVEST – BELGIO 2 – 1 Reti: 24’ Müller 0-1, 71’ Müller 0-2, 83’ Polleunis 1-2 Arbitro: William J. Mullan (Scozia) Germania Ovest: Maier, Beckenbauer, Schwarzenbeck, Höttges, Netzer, Hoeness, Breitner, Wimmer, Müller, Kremers, Heynckes Belgio: Piot; Heylens, Dolmans, Thissen, Van Den Daele, Dockx, Joseph Semmeling, Martens (70’ Polleunis), Lambert, Van Himst, Verheyen. |
14 giugno 1972. Bruxells. Stadium: Constant Vanden Stock URSS – UNGHERIA 1 – 0 Rete: 53’ Konkov 0-1 Arbitro: Rudi Glöckner (Germania Est) URSS: Rudakov; Dzodzuaschvili, Khurtsilava, Kolotov, Troschkine, Baidachny, Banischevsky (70’ Nodia), Kaplichny, Istomine, Konkov, Onischenko. Ungheria: Géczi; Fabian, Pancsics, Juhasz, Balint, Szöke, Kocsis, Bene, Kü, Zambo, Juhasz. |
FINALE TERZO POSTO |
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17 giugno 1972. Liegi. Stadium: Maurice Dufrasne BELGIO – UNGHERIA 2 – 1 Reti: 24’ Lambert 1-0, 28’ Van Himst 2-0, 53’ (rigore) Kü 2-1 Arbitro: Johan Einar Boström (Svezia) Belgio: Piot; Heylens, Dolmans, Thissen, Van Den Daele, Dockx, Joseph Semmeling, Polleunis, Lambert, Van Himst, Verheyen. Ungheria: Géczi; Fabian, Pancsics, Juhasz, Balint, Kü, Kozma, Albert, Dunai, Juhasz, Zambo (46’ Szücs). |
FINALE PRIMO POSTO |
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18 giugno 1972. Bruxells. Stadium: Re Baldovino GERMANIA OVEST – URSS 3 – 0 Reti: 27’ Müller 1-0, 52’ Wimmer 2-0, 58’ Müller 3-0 Arbitro: Ferdinand Marshall (Austria) Germania Ovest: Jozef Maier; Höttges, Breitner, Schwarzenbeck, Beckenbauer, Wimmer, Heynckes, Hoeness, Müller, Netzer, Kremers. URSS: Rudakov; Dzodzuaschvili, Khurtsilava, Kaplichny, Istomine, Konkov (46’ Dolmatov), Troschkine, Kolotov, Baidachny, Banischevsky 66’ Kozinkevich), Onischenko. |