Fuorigioco: l’evoluzione della regola

Una partita senza regola del fuorigioco non sarebbe possibile: uno o due giocatori starebbero fissi davanti al portiere per ricevere passaggi e segnare. D’altronde il calcio non è mai esistito senza offside: segno di una regola profondamente connaturata


L”‘offside”, nome originale inglese del fuorigioco, nacque col calcio, essendo la relativa regola contenuta, al numero 6, tra le quattordici della prima codificazione ufficiale da parte della Football Association l ‘8 dicembre 1863. Essa recitava: «Quando un giocatore ha calciato il pallone, ogni giocatore della sua squadra che si trovi più vicino di lui alla porta avversaria è fuori gioco e non può nè toccare la palla nè impedire agli avversari di toccarla fino a quando uno di essi non lo abbia fatto: nessun giocatore è in fuori gioco se la palla viene calciata da un punto posto dietro la linea di porta».

La regola era dunque massimalista all’estremo e rispondeva allo spirito originale del gioco, che disprezzava sommamente, più ancora del fallo duro, chi lanciasse la palla in avanti a un compagno meglio piazzato, senza cercare dì dribblare l’aversario. All’epoca il calcio veniva chiamato “dribbling game”, poiché il suo fascino principale veniva per l’appunto ravvisato nella finta con cui il giocatore si libera dell’avversario.
Dunque, come nel rugby (nato da una sua costola), il pallone poteva essere passato solo indietro. Quando l’evoluzione cominciò a indirizzarsi verso il “passing game”, la regola del fuorigioco dovette essere aggiornata. iò avvenne, nel 1866, ripristinando l’antico indirizzo studentesco dei college, che puniva chi
giocasse il pallone avendo tra sè e la porta avversaria meno di tre giocatori. Con l’andar degli anni, però, anche la nuova formulazione divenne un ostacolo allo sviluppo del gioco.

Il Metodo prevedeva i due terzini “liberi “ affiancati, finché due geniali interpreti del Notts County, Morley e Montgomery, inventarono la prima “trappola del fuorigioco” della storia: bastava che uno dei due “backs”, un attimo prima del lancio avversario, si catapultasse oltre l’ultimo attaccante “nemico” per far sfumare l’azione. Molto più comodo allora che i due si piazzassero uno avanti all’altro anziché a fianco. Finì che il centravanti, a forza di arretrare per non farsi trovare in fuorigioco, stazionava nella propria metà campo, trasformandosi in rifinitore; ma, soprattutto, che gli arbitri fischiavano in continuazione e le reti calavano paurosamente, poiché per andare in gol bisognava dribblare tre giocatori di fila, portiere compreso.

Per fronteggiare la crisi del gioco e quella conseguente del numero di spettatori, l’International Board decise di intervenire. Nel 1924, venne introdotto il concetto di fuorigioco passivo («Non è in fuorigioco il giocatore che non interferisce con un avversario o con il gioco»). E l’anno dopo venne messa in cantiere una profonda modifica della regola. Due le ipotesi sul tappeto, sperimentate, per un tempo ciascuna, nel corso di una amichevole tra una squadra di dilettanti e una di professionisti a Highbury, nello stadio dell Arsenal. Nei primi 45 minuti venne provata la modifica poi prescelta: non più tre ma due dovevano essere gli avversari tra l’attaccante che riceveva il pallone e la linea di porta altrui. L’altra prevedeva invece la cancellazione della linea centrale, con divisione del campo in tre parti eguali marcate da linee trasversali (vedi disegno in questa pagina): l’attaccante sarebbe stato passibile di fuorigioco solo nell’area di difesa degli avversari e solo ovviamente se con meno di tre oppositori tra sè e la loro linea diporta.

Qualcuno obiettò che una amichevole non era il massimo per provare al fuoco della tensione agonistica una nuova norma, ma in fondo i commissari avevano probabilmente già scelto prima di cominciare. Fatto sta che la nuova regola provocò dopo pochi mesi la nascita del “Sistema “, inventato da Chapman come schema difensivo per fronteggiare il profluvio di reti che si abbatterono sui portieri inglesi subito dopo il cambio normativo. Nell’era moderna, sulla spinta della sempre più diffusa e sofisticata applicazione della tattica del fuorigioco, sono state introdotte le note modifiche: prima la liceità della posizione dell’attaccante “in linea” con penultimo difensore, poi l’ulteriore estensione del concetto di fuorigioco passivo che tanto ha fatto discutere di questi tempi.

Tutto sommato, una partita senza regola del fuorigioco non sarebbe possibile: uno o due giocatori stazionerebbero costantemente davanti al portiere per ricevere passaggi e infilarlo comodamente, con le conseguenze inevitabili. D’altronde, il calcio “vero” non è mai esistito senza offside: segno che questa regola gli è profondamente connaturata.