GAETANO ANZALONE – settembre 1976

Intervista Guerin Sportivo, settembre 1976

Pochade alla romana, in due tempi. Dice Anzalone: prima che arrivassimo io ed Helenio Herrera, il vero padrone della Roma era Cordova…


ROMA – Signor Anzalone, ma quali sono le sue vere intenzioni? I pareri sulla Roma da lei voluta sono infatti discordi e c’è chi sembra deciso a sparare a zero sulla sua persona, sulla squadra e sulla società che lei presiede.
– Cosa risponde?
«Amichevolmente rispondo che gli insulti ormai non mi fanno né caldo né freddo. Ufficialmente ribatto che la Roma attuale non è stata costruita e rivoluzionata per capriccio, ma solo sulla base di un programma la cui attuazione è stata approvata all’unanimità da un Consiglio d’Amministrazione».

– Ma se tutti sanno che a prendere le decisioni è solo lei e che i consiglieri si limitano ad annuire!
«Non è vero, anche se effettivamente, quando il vaso si rompe, la maggior parte dei cocci sono miei. Comunque, se proprio lo vuol sapere, sul come rifare la Roma io ed i consiglieri eravamo d’accordo sin dal marzo scorso. Solo uno strepitoso finale di campionato avrebbe potuto farci cambiare idea, ma vedendo la squadra era speranza alquanto utopistica».

– E’ esatto che per prima cosa ha voluto liberarsi del suo «nemico» Cordova?
«Auguro al signor Cordova di trovare tutti nemici come me. Non l’ho cacciato via, l’ho solo trasferito al Verona che è una società come si deve. Ero a conoscenza che Cordova avrebbe fatto fuoco e fiamme per andare alla Lazio. Ma quando Garonzi mi avvertì, a Milano, gli risposi che Cordova era libero di agire come voleva e che non avrei messo nel contratto nessun veto per un suo trasferimento alla Lazio».

– Ce l’ha con Umberto Lenzini?
«Con me, Umberto Lenzini si è comportato onestamente: lui infatti non voleva Cordova ma il fratello Aldo lo ha convinto. Aldo Lenzini non poteva rifiutare un favore a Marchini».

– Teme le continue frecciate di Cordova?
«Non son un ipocrita e ammetto che di un Cordova nella Lazio avrei fatto volentieri a meno. D’altro canto, credo che Cordova debba pure un pochino pensare ai casi suoi. In campo si gioca e le chiacchiere stanno a zero. Cordova, comunque mi fa ridere quando chiede la comprensione dei tifosi romanisti. E’ da nove anni che chiede comprensione e per un lungo periodo, prima che arrivassero il sottoscritto ed Helenio Herrera, aveva in mano praticamente la società e la squadra. Era lui il vero presidente della Roma, ma a parte questo, se lui vuole che i tifosi romanisti gli portino la domenica fiori e lo applaudano, ha una bella faccia tosta».

– Ma non aveva promesso di non parlare più di Cordova?
«Infatti parliamo tra amici e dico queste cose tranquillo di non ritrovarmi il tutto sui giornali. Un’altra cosa voglio raccontare su Cordova: mentre Vinicio si era messo in testa di volerlo, Aldo Lenzini mi telefonò pregandomi di rinunciare a cinquanta milioni e di intervenire presso Garonzi per favorire la conclusione dell’affare. Gli risposi che stava proprio esagerando: buoni e onesti sì, ma fessi no, anche se, dopo il trasferimento di Cordova alla Lazio, così m’hanno chiamato».

– E’ esatto che poteva prendere Allodi?
«Amico, lei è troppo bene informato per non sapere come stanno le cose: Allodi non rinuncerebbe per nessuna ragione al suo attuale incarico e da tanto tempo non ha nessuna intenzione di rientrare nel giro delle società. A me, tra l’altro, sta benissimo Mupo che non guarda in faccia a nessuno e che, con il sorriso sulle labbra e con la gentilezza, ottiene quello che vuole».

– Ma una Roma priva di ambizioni non rischia di disinteressare il pubblico come sostengono Giorgio Tosatti e Colalucci?
«Non lo so. Rispondo con due dati di fatto: due anni fa, siccome venivamo da un terzo posto, si parlava di una Roma da scudetto e poi tutti sanno come è andata a finire. Altro dato di fatto è la conferma che non basta comprare grossi giocatori per avere la grande squadra. Padronissimi molti di non credere in Bruno Conti, Di Bartolomei, Maggiora e negli altri ragazzi. Io, invece, ci credo e penso che potranno fare molto, a patto che l’allenatore li faccia giocare come sanno e che pure lui con “ragnatele”, “difesa a zona” e cose del genere, non commetta cappellate. Il Torino ha Pulici e Graziani, verissimo, ma anche Salvadori e Patrizio Sala dei quali un anno fa s’ignorava l’esistenza».

– Come mai la Roma si è fatta incastrare dall’ufficio inchieste per la faccenda dei mediatori al mercato? I rapporti con Crociani rischiano di costarvi cari…
«Crociani non lavora per la Roma e possiamo dimostrarlo. Mi dispiace solo che ci sia andato di mezzo Mupo. Comunque abbiamo buone armi per difenderci».

– Le dispiace essere rimasto fuori da Consiglio federale?
«Tutto è successo perché mi sono fidato di Boniperti sino a pochi minuti prima delle votazioni in Lega, lui non ha fatto altro che ripetermi: tranquillo Gaetano, tutto è preparato. Invece non era preparato un bel nulla! Comunque te lo raccomando Ferlaino! Lo incontro in Lega e mi assicura che avrebbe votato per me, a patto che io avessi votato per lui come Vice presidente della Lega, carica che non potevo più tenere perché troppi impegni mi trattengono a Roma, non ultimo quelli derivanti dalla mia carica di Consigliere comunale. Invece Ferlaino mi ha votato contro e non è tutto: Garonzi gli aveva dato la delega dicendogli di votare per me quale consigliere federale. Lui invece ha utilizzato la delega di Garonzi per votare Fraizzoli. Perché poi Ferlaino abbia agito in maniera così scorretta, vorrei proprio saperlo».

– La politica le dà soddisfazioni?
«Essere eletto al Consiglio comunale è stata una grossa soddisfazione, ma le mie mire politiche non vanno oltre. Del resto, in Consiglio comunale siamo all’opposizione! Le cose belle le aspetto dalla Roma e sono certo che non mi deluderà. Naturalmente non mi faccio illusioni: mi aspetto critiche e contestazioni e so che nessun passo falso mi verrà perdonato. Ma ormai ci sono abituato: quando si è presidenti della Roma tanti anni, si fa il callo a tutto».

La Roma 1976/77

LA RISPOSTA DI CICCIO CORDOVA:

ROMA – Ciccio Cordova è entrato, un po’ per convenienza e un po’ per necessità, nell’occhio del ciclone del calcio capitolino, l’ex capitano della Roma adesso ha preso il posto di Giorgio Chinaglia nel cuore dei tifosi laziali.
Alla prima uscita della Roma, davvero infelice, Cordova si è lasciato andare a commenti pesanti sul gioco dei suoi ex compagni, sparando a zero un po’ su tutti. Poi si è pentito e ha affermato categorico che non parlerà più. Invece… Invece è successo il contrario:
«Non mi interessa che ora qualcuno mi definisca “boia”. La mia coscienza è tranquilla. In fondo, sono stato messo alla porta dalla Roma e dal suo presidente. Se qualcuno ce l’ha con me non è poi colpa mia».
Vita nuova, dunque, per Ciccio Cordova che tenta di eludere ogni domanda relativa alla sua vecchia squadra. Poi si lascia andare a qualche confidenza:
«Certo che la Roma, dopo quello che ha fatto vedere anche ad Avellino, deve ancora lavorare molto. Non si può giudicare chiaramente, però, in questo periodo. E poi bisogna tenere anche presente che, sino ad ora, i giallorossi non hanno mai giocato in formazione completa».
– Ma Cordova, se lo sarebbe mai aspettato un tale voltafaccia da parte della «sua» società?
«In effetti è stato anche per me un fulmine a ciel sereno. Non pensavo certo che la Roma potesse cedermi. Sono caduti così anche i propositi di un mio futuro nella Roma come dirigente. E’ comunque certo che non sarei mai potuto andare al Verona. Mille ragioni di ordine familiare e personale me lo impedivano. La mia famiglia vive ancora a Londra ma si stabilirà presto a Roma. A 32 anni, per quanto io ami il calcio, non ci si può far condizionare da questo al punto da dimenticare la famiglia, gli interessi, la vita che ti sei costruito in prospettiva. Così sono venuto alla Lazio».

Questo di Ciccio Cordova è un caso atipico del mondo del calcio che, nonostante ostenti il contrario, non è riuscito ancora a darsi una dimensione ben precisa. Sono pochi infatti, i Cordova che hanno la possibilità di scegliersi sede e società, acquistando se stessi e rivendendosi al… miglior offerente. Quando si torna a chiedergli qualcosa sulla sua vecchia squadra e sul nuovo gioco senza Cordova, l’ex capitano giallorosso si lascia andare all’ironia: «Questi ragazzi corrono davvero troppo, hanno una marcia in più. Questa è la Roma dei giovani, quella dell’era nuova».
Qual è il giudizio di Ciccio Cordova su un dirigente che, aizzato dai tifosi, scommette un milione che, al termine di questo campionato, la nuova Roma avrà cinque punti in più dello scorso campionato, della Roma, cioè, di Cordova?
«Ma ce l’ha, Anzalone, questo milione?» taglia corto Ciccio…