GIANLUCA DE PONTI – Intervista marzo 1980

di Gianfranco Civolani – Guerin Sportivo nr. 10/1980


NON ERA giovanissimo nemmeno quando giocava in C, e non era nessuno. Adesso, dopo avere dimostrato di meritare ampiamente la A giungendo ad Avellino via Bologna e Cesena, Gil De Ponti (all’anagrafe: Gianluca), 28 anni non ancora compiuti, sembra un sopravvissuto del calcio d’altri tempi, un eterno, inguaribile bambinone. In quest’intervista a briglia sciolta, il grande Gii dimostra come si possa essere personaggio interessante a dispetto di una professione, quella del calciatore, che non lascia poi spazi eccessivi alla persona.

– Quante al giorno?
«Quante di che?»

– Sigarette.
«Dipende. In casa mi fanno fumare di meno. Con la storia del bambino che non si deve intossicare…»

– E fuori?
«Non arrivo a venti al giorno»

– E quanti cicchetti?
«No, non bevo, sono astemio»

– Com’è la vita da padre?
«Bella, divertente, stimolante. Veder svilupparsi una robettina ora per ora, guardarla crescere, mi piace e mi interessa molto»

– E la vita ad Avellino?
«Tutto sta ad abituarsi»

– Certo un vitaiolo come te…
«Mi sono sposato, ho ridimensionato tante cose. Adesso può bastar mi fare una spaghettata con gli amici. Lo sai che spesso a casa mia o di qualche altro giocatore sposato facciamo grandi mangiate e invitiamo gli scapoli? Passiamo anche il tempo così…»

– E quand’è che torni in città?
«Io in città ci sono spesso, almeno una volta al mese sono a Bologna perché mia moglie è bolognese, io a Bologna ho la casa e il negozio e a Bologna sicuramente fra qualche anno ci vivrò»

– Quale negozio?
«Un negozio di biancheria intima che ho preso insieme a un parente, un negozio che sta dalle parti dell’Arcoveggio»

– La tua famiglia aveva soldi?
«Avevamo un bar»

– E adesso i soldi dove li metti?
«Ho un appartamento, ho quel negozio a metà e un altro negozio vorrei metterlo in piedi presto…»

– Chi è la cicala della famiglia?
«La cicala sono io, mia moglie è un po’ più formica»

– Mi spieghi il segreto dell’Avellino?
«I nuovi si sono integrati subito con i vecchi»

– Poi Marchesi, suppongo…
«Ah sì, certo, lui incide moltissimo perché è un uomo che sa sempre prendere chiunque per il verso giusto»

– E il pubblico quanto incide?
«Parecchio anche il pubblico. Sono formidabili davvero, un’intera città che viene al campo, gente che magari fa gran sacrifici pur di acquistare il biglietto»

– E tu che rapporto hai con questa gente?
«Meraviglioso, ti giuro. Io poi so no un po’ il personaggio, mi fermano tutti e sulle prime può anche dare fastidio, ma poi capisci che alla gente di Avellino piace accostare il personaggio e io felicemente sto al gioco»

– Insomma a Bologna ci torneresti?
«Per almeno cento motivi ci tornerei, ma poi un pubblico come quello di Avellino dove lo trovo? Tu pensa che in trasferta siamo sempre seguiti da cinquemila tifosi, mentre il Bologna in trasferta non lo segue nessuno…»

– Ma perché sputi veleno contro il Bologna?
«Io non sputo niente contro nessuno. Non ho mai digerito quella cessione per poche lire, è una cessione che evidentemente devo al signor Pesaola, ma cosa vuoi che mi importi di questi che ci sono adesso?»

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– Però tutte quelle polemiche…
«Ma io sono fatto alla mia maniera, io sono un terribile chiacchierone, io in campo tiro i cancheri e chiaramente non mi controllo… Resta il fatto che quando avevo la maglia del Bologna ero il grande Gil e piacevo così. Adesso invece voi giornalisti mi sgridate, dite che ho tradito e che sono un becero… Amici miei, non è mica giusto…»

– Hai avuto tanti allenatori…
«Molti: Corsini, Rosati, Ferrano e Neri, Marchioro, Pesaola, Cervellati e Marchesi…»

– Qualcuno al quale devi qualcosa?
«Per esempio Cervellati, l’uomo che mi ha voluto a Bologna. Poi ho altri buoni ricordi, ma Corsini non mi faceva giocare, altri non mi capivano…»

– Lo sai cosa si dice di te?
«Se ne dicono troppe…»

– Si dice che non hai fondamentali.
«Vero, verissimo, ma cosa vuoi che abbia i fondamentali quando mi sono affermato che avevo già più di vent’anni? Sono arrivato a certi livelli sul ventuno-ventidue anni, sapevo quel che sapevo, nessuno ormai poteva affinarmi più. Avevo giocato solo in Promozione, ero un istintivo e lo sono anche ora»

– E’ vero che ad Avellino i politici contano tanto?
«I politici cercano sempre di star vicini alla squadra…»

– E’ vero che ad Avellino corrono tanti quattrini?
«Non ci lamentiamo, ma adesso dobbiamo concordare un po’ di premi speciali perché mi sa che arriviamo piuttosto in alto»

– Mi risulta che per un’eventuale Uefa beccate centosettanta milioni…
«Beh, lì vicino…»

– Dove ti piacerebbe giocare?
«A Firenze, la patria mia. Son del rione di Lippi, ci pensi?»

– E la guerra del calcio come la combatti?
«E’ una guerra che si spegne presto e senza tanti problemi»

– Quanti gol farai?
«La mia media è sui sette otto per stagione. Ne ho fatti quattro, qualcuno l’ho fatto segnare agli altri, diciamo che anche quest’anno mi faccio i miei otto, vedrai»

– Ma perché in Italia si segna così poco?
«Perché i difensori sono molto buoni e poi perché all’estero si gioca a zona e i portieri sono molto piccioni»

– Gil, ti penti mai di tutte le pistolaggini che dici in campo?
«Ho qualche rimorso, ma poi considero che un istintivo dice sempre la verità che ha in corpo e allora cosa vuoi che mi penta…»

– Chi arriva primo fra Avellino e Bologna?
«Vediamo, vediamo: il calendario, la nostra voglia di affermarci, la forza nostra e quella del Bologna, ecco, vediamo: arriviamo davanti noi, di un punto solo»

– E cioè?
«E cioè bene noi, bene loro, viva l’Avellino che mi paga e viva la città di Bologna che mi ospita»