LENTINI Gianluigi: la corsa del gambero

Gianluigi Lentini nasce a Carmagnola il 27 marzo 1969. Figlio di emigranti dal sud Italia, Gigi da ragazzo è apparentemente schivo ed introverso, ma dotato di un carattere tosto. Adora già essere al centro dell’attenzione e fa trasparire a tutti la sua voglia di sfondare, di diventare qualcuno. Viene scoperto dai tecnici del settore giovanile del Torino durante un provino al Campo Agnelli nel 1979. Dopo una breve trafila approda alla Berretti allenata dall’ex centravanti granata Gianni Bui che gli insegna i migliori colpi del proprio repertorio. Una volta appresi i fondamentali viene promosso nella squadra Primavera allenata da Sergio Vatta, destinata ad essere ancora oggi ricordata come vera e propria fucina di campioni.

Tutti notano questo ragazzo, che gioca prevalentemente all’ala sinistra, ma che non disdegna qualunque ruolo d’attacco e che ha come punto forte un dribbling ubriacante, degno dei migliori giocolieri brasiliani. Gigi brucia in fretta le tappe, tanto da esordire già in prima squadra, in serie A, ad appena 17 anni il 23 novembre 1986 (Brescia-Torino 2-0) con Gigi Radice in panchina. Nel corso degli spezzoni disputati in prima squadra desta ottime impressioni. Nell’Estate 1988 la società decide di cedere Lentini in prestito all’Ancona, in serie B, in modo da farsi le ossa in una categoria inferiore.

Nelle Marche disputa un ottimo campionato, collezionando oltre 30 presenze e mettendo a segno anche 4 reti. Gigi dimostra immediatamente doti di leader oltre che palesare notevoli miglioramenti a livello di struttura fisica. Lentini ritorna così al Toro al termine della stagione e ritrova una nuova dirigenza (Borsano è appena divenuto Presidente dopo l’acquisto della Società dal duo Gerbi-De Finis), ma purtroppo non la Serie A: i granata sono retrocessi nel frattempo in B per la seconda volta nella loro storia. Dopo qualche incomprensione caratteriale con il mister Fascetti, Lentini risulta determinante per la cavalcata del campionato 1989-90 che porta alla riconquista della Serie A.

Nella massima serie Lentini impressiona tutti con la sua prima stagione da titolare in serie A (34 presenze e cinque gol), guadagnandosi anche la maglia della nazionale (esordio nel febbraio 1991. Italia-Belgio 0-0). Dopo il suo primo gol in serie A, alla terza giornata contro l’Inter, in giacca granata, coi capelli corti davanti e lunghi dietro, quando il cronista gli dice: “Lentini, un gol d’autore…”, lui sorride soddisfatto di sé: “Sì, devo dire di aver fatto un bellissimo gol e sono molto contento, ecco. M’è venuto Battistini incontro, sono stato fortunato a fargli il tunnel, e poi a tu per tu con Zenga sono stato molto freddo”.

Con Emiliano Mondonico in panchina il Torino conquista un sorprendente quinto posto nella stagione 1990-91, oltre la vittoria della Mitropa Cup, ed un terzo posto nella stagione 1991-92, coronato dalla finale di Coppa Uefa contro l’Ajax di Amsterdam. Al termine del campionato 1991-92, la situazione finanziaria del Toro è però al collasso. La mancata vittoria della Uefa, lo scandalo di tangentopoli che colpisce anche Gian Mauro Borsano e la faraoniche campagne acquisti dei due anni precedenti, effettuate senza l’adeguata copertura finanziaria fanno in modo che parte di quella fantastica squadra sarà smantellata per ragioni di bilancio (anche se poi questo non servirà ad evitare comunque il tracollo finanziario).

Uno dei primi ad essere ceduto è proprio Gigi, diventato nel frattempo simbolo della tifoseria granata. Dopo un lungo tira e molla tra Milan e Juve, la spuntano i rossoneri che si aggiudicarono il cartellino per 18,5 miliardi di lire. Una cifra astronomica per l’epoca e la cui destinazione, nonostante inchieste ed interrogazioni parlamentari non venne mai chiarita. I Tifosi si ribellarono a questo epilogo la città venne messa a ferro e fuoco con aspre contestazioni anche nei confronti del calciatore che non si lascia scappare la possibilità di diventare un vero e proprio divo strapagato nella squadra al momento più forte d’Europa.

La prima stagione di Lentini al Milan (’92-’93) è altalenante, magari al di sotto delle aspettative per quello che, a torto o a ragione, è stato presentato come “il giocatore più costoso del mondo”; ma con un po’ di distacco non si può certo dire sia stata negativa. Per Lentini, anzi, con 30 partite e sette gol (in rovesciata a Pescara e col Napoli, un tiro a giro sotto l’incrocio nel derby di andata) sarebbe rimasta la sua migliore annata di sempre. Capello fin qui ha sempre dimostrato di credere in lui (“Diventerà in assoluto una stella europea”) e anche nella finale di Champions League di Monaco di Baviera, contro l’Olympique di Marsiglia, Lentini è schierato tra i titolari. Il Milan perde sorprendentemente (dopo dieci vittorie in altrettante partite di CL e un solo gol subito da Romario) quella che per Lentini è la seconda finale europea in due anni.

La stagione successiva sarebbe dovuta essere quella della definitiva consacrazione o dell’ufficialità del flop. Per come andarono le cose, non lo sapremo mai. A inizio agosto, di ritorno da un triangolare a Genova, sulla Torino-Piacenza, Lentini prima buca una gomma del Porsche giallo e poi, ignaro del fatto che non poteva superare una certa velocità, fa esplodere il ruotino con cui l’aveva sostituita, finendo fuori strada. Non è chiaro a quanto andasse esattamente, qualcuno disse che stava correndo a Torino da Rita Bonaccorsi, ex moglie di Totò Schillaci. Al centro della carreggiata (non si sa se sbalzato dall’auto mentre si ribaltava o se ci era arrivato con le sue gambe) viene salvato da un camionista.

Dopo aver lottato per settimane tra la vita e la morte, riesce a salvarsi e a riprendere un duro e faticoso percorso rieducativo che lo terrà lontano dai campi di gioco per un anno. In cuor suo, però, Gigi spera di tornare al livello di prima (“So perfettamente che dipenderà da me tornare il giocatore di una volta, addirittura meglio se possibile. Io darò tutto, anche perché vorrei contribuire a uno scudetto in cui credo e vorrei prendere parte a un Mondiale che mi affascina”, dichiara). Gigi salta tutta la stagione ’93-’94 (solo dieci presenze in totale) e il Mondiale, vince la sua prima Champions League da spettatore (la mitica finale del 4-0 al Barcellona di Cruijff). L’anno dopo si sente in forma, scalpita, pensa di essere tornato quello di prima, Capello però non è d’accordo.

A settembre le prime polemiche: “Fisicamente mi sento a posto, mi manca solo la continuità in campo. È brutto comunque vedere giocatori meno quotati che ti passano sempre avanti e giocano al tuo posto”. A maggio però sembra tornato Mister Miliardo: “Adesso per Gianluigi Lentini è diventato il campionato della rinascita. Non è stato facile. Intensi allenamenti per dimostrare di non essere un giocatore finito, spettatore in panchina la domenica e, quelle poche volte che entrava in formazione, veniva puntualmente sostituito. Da mister miliardo ad emarginato di lusso: un ruolo troppo faticoso”.

Pochi giorni dopo ci sarebbe stata la finale di Coppa Campioni, contro l’Ajax: la rivincita perfetta. E invece Lentini non solo entrerà a cinque minuti dalla fine della partita con l’Ajax (persa con un gol di Kluivert immediatamente successivo al suo ingresso in campo), ma l’anno dopo fa arrabbiare Capello al punto che lo schiererà solo nove volte in campionato. A mente fredda Lentini riassume: “E da lì, per solo colpa mia, ho interrotto la carriera ad alti livelli”.

Se ne va dal Milan al termine della stagione 1996-96 collezionando in totale in maglia rossonera 63 presenze e 13 reti in campionato oltre a svariati gettoni in Champions League. Conquista insieme ai suoi compagni anche 3 Scudetti, una Coppa dei Campioni, 3 Supercoppe italiane ed una Coppa Uefa. Passato all’Atalanta Lentini, che nel frattempo si è sposato con una modella svedese da cui ha avuto un figlio, torna a giocare continuativamente (31 presenze) e Sacchi lo convoca per un’ultima presenza premio in Nazionale, in un’amichevole contro la Bosnia. Tutto merito del tecnico bergamasco Mondonico, sempre lui: “Mondonico è stato come un padre, per me: l’ho amato e odiato. Ci insultavamo tutti i giorni”

Nell’estate 1997 Il Torino della neo dirigenza genovese capeggiata da Massimo Vidulich compie il colpo a sorpresa e riporta Gigi Lentini al Toro tra un misto di stupore e scetticismo. Ma i tempi sono cambiati. Lentini non è incisivo come nella sua prima scintillante parentesi granata. Risulta poco decisivo, molto spesso avulso dalla manovra e incapace di saltare l’uomo come un tempo nell’uno contro uno. Meglio si comporta invece nella stagione successiva (1998-99) dove è buon protagonista del ritorno del Torino in A, sempre insieme a Mondonico. Gigi sigla anche uno dei gol promozione a Benevento (campo neutro di Fidelis Andria – Torino 1-4). Quel gol sarà l’ultimo segnato in campionato da Lentini con la maglia granata.

La stagione seguente (1999-2000) Lentini ed il Toro tornano a confrontarsi con la A, ma le cose vanno decisamente male, e il campionato termina con l’ennesima retrocessione e con un rendimento in campo della stessa lunghezza d’onda della squadra. L’ultima partita in assoluto col Toro la disputa ad Udine (Udinese – Torino 0-0 del 22 aprile 2000). Nel gennaio 2001 Lentini lascia definitivamente la maglia granata accasandosi al Cosenza dove diventa rapidamente l’idolo della città: 84 presenze in quattro anni, di cui tre di B e una addirittura in Serie D dopo il fallimento dei calabresi. Lui, uomo piemontese, non abbandona la barca nella difficoltà, divenendo l’amatissimo capitano dei silani. Ai quali regala 9 reti.

Fino a che diviene un uomo di 35 anni, se ne torna in Piemonte dispensando gol e magie al Canelli, alla Saviglianese, alla Nicese: Promozione o Eccellenza, col Canelli anche un Campionato Nazionale Dilettanti, conquistato proprio da lui, sul campo, insieme all’amico Diego Fuser. Non ha abboccato alle sirene dei reality show per famosi, lui alla fine ha scelto sempre il campo. Interpretando il calcio con grande spirito di sacrificio, volontà, sportività.

Il Lentini coi capelli lunghi e l’orecchino, che ci teneva allo stile e voleva scrivere un libro di moda, lo “scavezzacollo” che dopo notti “errabonde” dormiva in macchina davanti al Filadelfia e veniva svegliato dalla custode Carla per essere primo negli spogliatoi e prendere in contropiede l’allenatore Lido Vieri e il suo vice che lo avevano cercato nelle discoteche, il Lentini cinico con le scarpe piene di strass e i giubbotti ricamati è adesso un quarantenne col maglione senza maniche verde e un orecchino a forma di “G”, che gestisce insieme agli amici una sala da biliardo a Carmagnola e ai microfoni di Sky ricorda i tempi in cui a Milanello giocava a stecca con Boban e Albertini.

Che quando gli chiedono: “Ti capita mai di pensare a quei momenti e dirti se non fosse successo dove sarei arrivato?” risponde: “Sì mi capita. Mi capita però rispondo subito… dicendo però alla fine sto bene, devo esser contento così”. Quel Lentini che faceva tanto arrabbiare i cronisti è diventato il protagonista ideale di una qualsiasi puntata di Sfide: un uomo con le occhiaie pastose in felpa bianca e marsupio dalla saggezza consolatoria (“Prima o poi il pallone si sgonfia, e tu torni a essere un comune mortale come ce ne sono tanti”) che ricorda con piacere le prime pagine dei giornali: “Perché vuol dire che ho fatto anche qualcosa d importante. Perché se sono arrivato a far parlare così tanto di me vuol dire che qualcosa di importante in vita mia ho fatto”.