GIGI RIVA – LA STORIA DI ROMBO DI TUONO

Capitolo Settimo


Riva soffre di pubalgia, malanno che per un atleta come lui diventa un tormento. Lo frena negli scatti, lo frena nei tiri, lo frena sui palloni alti. Gioca ugualmente ma prima di scendere in campo devesottoporsi a iniezioni rilassanti di novocaina. Ne soffre il suo rendimento. Inoltre, avere a fianco Hitchens non è come giocare con Boninsegna. L’ex minatore inglese fa rimpiangere il titolare. Riva, dopo una doppietta segnata al Brescia (3-0) rimane a bocca asciutta quattro giornate: Cagliari-Bologna (1-1), AtalantaCagliari (2-1), Napoli-Cagliari (1-0) e Cagliari-Fiorentina (3-1).
Si rifà vivo con altre due reti con il Mantova (2-2) e si avvicina a Prati che comanda la classifica dei cannonieri e incomincia a sollecitare l’interesse di Valcareggi. Anzi, c’è una campagna di stampa a favore di Prati proprio alla vigilia dello scontro diretto tra il milanista ed il cagliaritano a San Siro. Riva ha i suoi problemi, il servizio militare gli impedisce di allenarsi come vorrebbe, sente che rischia il posto in Nazionale malgrado Valcareggi ripeta spesso che è lui il «proprietario» della maglia n. 11.
Contro il Milan, capolista, Riva s’impegna al massimo. Il Cagliari segna un gol con Hitchens, resiste all’assedio dei rossoneri, e vince espugnando l’imbattuto campo del Milan. A rovinare la festa c’è un episodio antipatico all’uscita dello stadio: un tifoso offende Riva che reagisce, passando a vie di fatto.
Sette giorni dopo, a Torino contro la Juventus, rientra Boninsegna. Dice di essere pentito, che si ripresenta in umiltà e promette che non si lascerà più vincere da infantile isterismo. Il Cagliari perde (0-2), poi parte per Skopje, in Jugoslavia, e riperde (0-1) nella Mitropa Cup. Riva gioca solo un tempo, per motivi precauzionali. Continua ad avvertire disturbi all’mguine ma Valcareggi lo seleziona ugualmente per l’allenamento degli azzurri. A Coverciano i medici federali lo dichiarano «abile». Nel «club Italia» c’è una interessante novità: Pietro Anastasi. E’ un giovane centravanti siciliano che sta furoreggiando nel Varese «rivelazione» e sul quale hanno già posato gli occhi Juventus e Inter.
Dopo il raduno di Coverciano, Gigi rientra in Sardegna dove le cose vanno piuttosto male per il Cagliari e per Puricelli, incappato in una stagione decisamente sfortunata. L’Amsicora diventa terra di conquista: la Sampdoria pareggia (3-3), la Roma vince (2-1) e a metà settimana il Cagliari è piegato anche dal Vardar (0-1) e viene estromesso dalla Mitropa Cup. Durante la partita con gli slavi, c’è persino qualche tifoso che invoca l’esclusione di Riva.
Gigi non è certo all’apice della forma: attraversa pure lui un momento delicato, come del resto tutta la squadra. Ha degli sbalzi di umore: a volte si chiude in se stesso, si isola dagli altri, parla poco e pensa unicamente a guarire dalla noiosa pubalgia. E’ diventato rapidamente famoso, è acclamato e anche avversato, in partita viene sempre marcato duramente: i suoi «carabinieri» giocano con accanimento per esaltare le loro qualità al cospetto di un campione. E’ ormai un personaggio da rotocalco, con il suo passato opprimente ed il suo presente ricco di responsabilità. Le critiche lo colpiscono con facilità ora che è un bersaglio grosso. E’ facile perdere la testa. Ma lui no. Aumenta la sua diffidenza, si indurisce, però è fatto d’acciaio.
La direzione del Cagliari ha già preso la decisione di richiamare Scopigno, il trainer che lascia le briglie sciolte sul collo ai giocatori, il trainer che Riva — e non solo Riva — ha sempre rimpianto. Per Gigi, Scopigno è un amico più che un allenatore. Vengono ripresi i contatti con il «filosofo» e, dopo la sconfitta con la Spal (0-1) a Ferrara, Puricelli capisce che a fine torneo sarà costretto a far le valigie, a meno che accetti di collaborare con Scopigno. Puricelli rifiuta.
Il campionato cede il passo alla Nazionale che deve affrontare la difficile trasferta di Sofia, con la Bulgaria. Riva è sotto tono e nel Milan c’è Pierino Prati che va a mille. Con Riva viene convocato anche Prati, per la prima volta. Riva si presenta ad Appiano Gentile, quartier generale degli azzurri, e il giorno dopo, con l’approvazione di Valcareggi e dei medici, lascia il ritiro e va a San Pellegrino Terme nella clinica del dottor Quarenghi, medico dell’Inter.
«E’ stato duro rinunciare — dice Riva — ma non me la sentivo di continuare, a bluffare anche se uno, per la Nazionale, farebbe carte false. Purtroppo sto scontando ora la preparazione affrettata d’inizio campionato. A fine febbraio ero già intossicato alla regione addominale. Sarebbe stato necessario riposare. E ora pago. Se non sono andato a Sofia la colpa va divisa tra la società e me. Io non mi sono mai tirato indietro quando c’era da sacrificarsi. Giocare mi piace, diventa un divertimento. Quando dicono che starei in campo tutto il giorno, dicono la verità. Il Cagliari aveva bisogno di aiuto. Anche un Riva al cinquanta per cento serviva. Nel Cagliari siamo tutti amici. Qualche volta bisticciamo, anche tra fratelli, sennò la vita è monotona ma rimaniamo amici e ci si aiuta l’un con l’altro. La classifica era magra. Dovevo tirarmi indietro? E’ facile dirlo, dopo. Il Cagliari è parte della mia vita, è la società che mi ha lanciato, che mi ha dato fama e denaro. Ripeto, la colpa è da dividere a metà. Siamo pari e non pensiamoci più».
Prende forma in Riva il pensiero di dover lasciare la Sardegna. «Nessuno si rende conto di quanto perdo annualmente a Cagliari. Ci rimetto dai dieci ai quindici milioni — continua —. A Cagliari come uomo sto benissimo, ma come calciatore mi sento isolato, fuori dal grande giro. Ho la sensazione di trovarmi all’estero. Niente scudetti, niente Coppe dei campioni. Eppure da almeno tre stagioni le più grosse società mi fanno la corte. Come si deve comportare in certi casi un giocatore? Arrivato a un determinato punto della carriera ha il dovere verso se stesso di fare la propria strada. Non parliamo di diritti ma di doveri sì. E io penso sia arrivato il momento delle scelte definitive».
Riva s’illude anche se il presidente Corrias dice che il Cagliari dipende dalla Regione. Viene lanciata nuovamente una campagna azionaria. Lo slogan è «Riva non si tocca». La Regione dà il suo contributo di 180 milioni e il Cagliari può tenersi Riva, anche perché la Juventus rinuncia all’attaccante dopo averlo praticamente già acquistato per oltre mezzo miliardo più Vastola, che doveva prelevare dal Varese e girarle ai rossoblu. Riva commenta: «Pensavo di avere fatto il mio tempo a Cagliari ma mi hanno detto di rimanere. Dipendesse da me sarei già partito da tempo. Sono considerato una “macchina da gol”. Ed effettivamente sono innamorato del gol ma qualche volta può capitare di non farcela a segnare e allora i tifosi ti tengono il broncio. Pretendono troppo».
A Sofia la maglia n. 11 passa sulle spalle di Prati. Ma è solo un «prestito» di Riva, un prestito a breve scadenza. Per Prati è l’esordio e non fallisce anche se l’Italia viene sconfitta (2-3). Un gol è suo. E’ il 6 aprile.
Il Cagliari si ripresenta in campionato senza Riva e perde (1-3) a Vicenza. Poi la Serie A si ferma nuovamente per la rivincita tra Italia e Bulgaria. Si gioca a Napoli, il 20 aprile. All’ala sinistra c’è ancora Prati. Pierino segna il suo più bel gol: un tuffo a pelo d’erba, la palla nel sacco. Tutto diventa più agevole una volta sbloccato il risultato: raddoppia Domenghini e gli azzurri passano in semifinale accoppiati all’Urss. Nessuno, per il momento, rimpiange Riva. Valcareggi è confermato per altri due anni al timone azzurro.
Ancora privo di Riva, il Cagliari riesce a battere il Varese (2-1) con due gol dell’imprendibile Nenè. Pochi giorni dopo Riva riprende gli allenamenti e in partita segna tre reti. La domenica, in campionato, rientra contro il Torino e contribuisce al successo con un gol (2-0). Quando il bolide di Riva gonfia la rete di Lido Vieri, dalla folla si leva un boato. Così Gigi si riconcilia con il suo pubblico. Il Cagliari chiude in bellezza il torneo battendo anche l’Inter. I rossoblu riscattano così il mortificante finale del girone d’andata. La gara con l’Inter definita la «rivincita della monetina», è anche quella del commiato di Puricelli. Scopigno, l’allenatore «in pectore», sta per riprendere in mano la squadra. I rossoblu vogliono che il congedo avvenga nel migliore dei modi: Puricelli lo merita. E così rimontano due gol e s’impongono. Il punto decisivo è di Gigi Riva, naturalmente.
A fine gara Riva è portato in trionfo. I suoi fans gli strappano gli indumenti di gioco: li conserveranno come ricordo di una stagione discussa e tormentata per il loro fuoriclasse. Prati ha vinto il titolo dei cannonieri, con tre soli gol più di Riva terminato secondo a pari merito con il granata Nestor Combin e il napoletano José Altafini. Con tutte le traversie che ha avuto, Riva ha dimostrato di essere lui il più forte anche se le cifre gli danno torto. Bastava che il Cagliari potesse disporre della squadra al completo e Riva avrebbe vinto in carrozza il suo secondo trofeo «Sportman». L’impresa è soltanto rimandata.
Il Milan ha vinto lo scudetto precedendo, nell’ordine, Napoli, Juventus, Fiorentina e Inter. Il Cagliari è nono. La Juventus viene eliminata dal Benfica nelle semifinali di Coppa dei Campioni. Una mezza rivoluzione si verifica nell’Inter. Moratti lascia la presidenza dopo aver raccolto, con l’Inter «euromondiale», ogni tipo di soddisfazione sportiva. Ormai la grande Inter ha compiuto il suo ciclo. Anche Helenio Herrera divorzia per contrasti con il nuovo presidente Fraizzoli e l’Inter assume il dottor Alfredo Foni.
La Federcalcio, nel frattempo, ottiene di celebrare il settantesimo anniversario della sua costituzione, organizzando la fase conclusiva della Coppa Delaunay in Italia.
Il 15 maggio si sposa Boninsegna. Gigi Riva è sempre scapolo, ha ben altri problemi per la testa. Lui, la donna ideale, non l’ha ancora trovata, nonostante sia l’incontrastato idolo delle tifose della Sardegna e di mezza Italia, riceve centinaia di lettere di ammiratrici. Il suo tipo di donna, confida a un giornalista, dev’essere bionda, occhi celesti, delicata come Romy Schneider e deve parlare poco perché «odio le donne che parlano, parlano e ridono solo per farci ridere; spesso glielo dico e allora le perdo di vista». Riva sa che una scelta un giorno o l’altro dovrà farla ma intende sposarsi a fine carriera perché non può concepire, magari, di stare a Cagliari e avere una moglie a Milano, non riuscirebbe a star lontano da un figlio sapendolo malato, sapendo che ha bisogno di lui. Per ora conduce vita alquanto solitaria, facendo lega con i pochi scapoli della squadra e concedendosi poche distrazioni. Per ora esiste solo il calcio. Vuole ritrovare se stesso, al più presto.
In attesa, Valcareggi lo chiama come capitano della Under 23 che deve affrontare l’Inghilterra a Trieste. E’ il 25 maggio. Riva gioca in coppia con Anastasi che la Juventus, con un «colpo di mano» sensazionale, ha acquistato per 660 milioni facendo restare Fraizzoli, neo presidente dell’Inter, con un pugno di mosche quando il centravanti sembrava ormai nerazzurro. Giocare nella «sottoventitré» per Riva è compiere un passo indietro, è una umiliazione proprio quando la Nazionale maggiore sta par incontrare l’Urss nella semifinale del campionato europeo per Nazioni. I giovani azzurri impattano al «Valmaura» con gli inglesi (1-1) e Riva non entusiasma
Valcareggi lo convoca ugualmente a Fiuggi per l’«operazione Europa». Gigi è demoralizzato. E’ anche stanco di leggere sui giornali le voci di un «trasferimento fantasma» al Milan o all’Inter che offrono 800 milioni. «Se il Cagliari non mi vende — sbotta — dovrà darmi almeno quaranta milioni di ingaggio. Non è giusto che una situazione di mercato estremamente favorevole si risolva contro i miei interessi». Riva è in conflitto con due stati d’animo diversi: con l’affetto per la Sardegna (di cui è l’idolo dorato di un club megalomane solo in apparenza) e con la prospettiva di essere un «big» di una grande società. Mette le mani avanti facendo capire ai suoi dirigenti che dovranno pagare il lusso di disporre di Riva.
Nella formazione che va in campo al «San Paolo» il 5 giugno non c’è Riva. A tutti, compreso Valcareggi, pare giusto insistere su Prati. Ma la partita finisce con un avventuroso (0-0) dopo i tempi supplementari ed è grazie al sorteggio favorevole — che l’arbitro Tschenscher in omaggio al regolamento effettua con una moneta — che l’Italia si qualifica alla finalissima con la fortissima Jugoslavia.
Il passo decisivo è in programma tre giorni dopo all’Olimpico di Roma. Riva scalpita, si sente bene. «Cosa aspettano a farmi giocare?», protesta. Valcareggi non lo considera al cento per cento e fa affidamento su Prati. Esclude Mazzola e lancia al centro il diciannovenne Anastasi, esordiente. La Jugoslavia, che nelle precedenti partite aveva fatto faville, passa per prima in vantaggio con Dzajic. Le centomila persone che gremiscono l’Olimpico ammutoliscono, ammirate dalla classe degli ospiti. Gli azzurri giocano male, non si ritrovano ma a rendere più complicato il compito della Jugoslavia ci pensa l’arbitro svizzero Dienst. A dieci minuti dalla fine Domenghini, su punizione, ci salva. I tempi supplementari sono drammatici ma il risultato non cambia. E’ necessaria la «bella».
A Cagliari, nel frattempo, c’è il Santos che deve incontrare i rossoblu in amichevole. Persino Pelé, dopo aver visto la partita degli azzurri, si pronuncia in favore di Riva: «Non riesco a spiegarmi come Valcareggi possa escludere un simile giocatore. Riva è indispensabile». Boniperti, di passaggio a Fiuggi, dice che nella sua Nazionale ideale Riva è un punto fisso. Per la finale-bis che è in programma due giorni dopo, Valcareggi decide di cambiare formazione. Ci vogliono elementi freschi e Valcareggi ne ha in abbondanza. Prati è logorato da un campionato che l’ha visto protagonista con il Milan. Ci vuole Riva. Viene anche richiamato Mazzola e rilanciato Salvadore. La Jugoslavia non dispone di validi elementi di ricambio ma è favorita.
Riva apprende la notizia del suo impiego alla vigilia, quando ormai non ci credeva più. «Mi è entrato un jolly nel mazzo — osserva — quando pensavo che la partita fosse ormai finita. Ora questo jolly me lo gioco fino in fondo».
La sera del 10 giugno gli azzurri ritentano l’impresa. La squadra è la seguente: Zoff, Burgnich, Facchetti, Rosato, Guarneri, Salvadore, Domenghini, Mazzola A., Anastasi, De Sisti, Riva. Jugoslavia: Pantelic, Fazlagic, Damjanovic M., Pavlovic M., Paunovic B., Holcer, Acimovic, Trivic, Musemic, Hosic, Dzajic. Arbitra lo spagnolo Ortiz de Mendibil. La sua direzione susciterà roventi polemiche: gli jugoslavi sosterranno che ci ha aiutati.
Riva segna una rete fulminea in sospetto fuori gioco. E’ su questa rete che gli ospiti baseranno le loro proteste. L’arbitro convalida il punto. Gli azzurri resistono agli attacchi degli avversari e alla mezz’ora Anastasi raddoppia con un gol favoloso. E’ fatta. Dopo trent’anni di delusioni, l’Italia, è campione d’Europa, Riva è campione d’Europa. Nella calda notte romana la gente impazzisce. Riva ottiene un trionfo personale. La Nazionale ormai non può fare a meno di lui, decisivo uomo di sfondamento.
«Ho dato tutto quello che umanamente potevo — dice Riva — anche se ho graziato almeno tre volte il portiere. Avete visto che stavo bene?». La frecciatina è per i responsabili azzurri che avevano tentennato a lungo prima di dargli fiducia. Con il gol segnato a Roma, Riva ha all’attivo sette centri in sette partite in Nazionale. Il fatto è statisticamente rimarchevole.
La Corea è lontana per gli azzurri e Riva è in pace con se stesso: ha dimostrato a tutti il suo valore eccezionale. Può andare in vacanza. Prima, però, viene ricevuto, insieme con Valcareggi e gli altri giocatori, al Quirinale dove il Presidente della Repubblica, Saragat, lo nomina Cavaliere.
Scopigno ha già iniziato a lavorare nel Cagliari. Il trainer, ricco di istintivo buon senso, coltivato a forza di battute, è l’unico ad aver capito che il Cagliari va impostato su Riva. E lo capisce anche Boninsegna che, nel corso della Coppa delle Alpi, dove segna gol a ripetizione in assenza di Riva, dice senza peli sulla lingua che senza Gigi si trova meglio. Crea così le premesse per un trasferimento che avverrà, però, un anno dopo. Il Cagliari, in Coppa delle Alpi, appare trasformato e, mentre la Juventus delude, i rossoblu falliscono di un soffio la conquista del trofeo transalpino e concludono imbattuti la competizione. Nonostante il campionato semifallimentare i dirigenti del Cagliari credono nelle possibilità della squadra.
Il vice presidente Arrica al mercato dei «Gallia» la fa da protagonista. Cede Rizzo alla Fiorentina in cambio di Albertosi e Brugnera (che viene utilizzato in Coppa delle Alpi). Arriva così il portiere titolare con Zoff, in Nazionale. Un eccezionale rinforzo per Scopigno. Una sicurezza per la difesa che è stata fra le più «perforate» della stagione. Brugnera è un interno di punta che possiede pure un buon tiro e vale quanto Rizzo. In questo Cagliari Riva ha la possibilità di puntare molto in alto. A metà giugno il consiglio federale vara una revisione al regolamento di gioco consentendo l’utilizzazione, oltre al portiere, di un tredicesimo giocatore, in qualsiasi momento della partita, anche a prescindere da infortuni.