GIGI RIVA – Settembre 1976

Intervista Guerin Sportivo, settembre 1976

Rombo di tuono, reduce dall’infortunio senza dubbio peggiore della sua carriera, si appresta a rientrare con questo smentendo una volta di più quelli che già gli avevano fatto… l’elogio funebre.


Roma 27 marzo 1967: l’Italia incontra il Portogallo per la Coppa Internaziona­le e Gigi Riva disputa con la maglia numero 9, la sua terza partita in azzurro. Al 14′ della ripresa, il portiere lusitano Americo esce alla disperata su di lui e, nell’impatto, Riva ci rimette tibia e perone: resterà fuori per 9 domeniche di campionato e rientrerà soltanto il 6 giugno.

Vienna 31 ottobre 1970: Italia e Austria si incontrano nella prima gara del sesto gi­rone eliminatorio della Coppa Henry Delaunay e Riva, questa volta con l’undici, gioca la sua 24 partita in azzurro. Al 21′ della ripresa, Hof affronta il nostro giocatore al limite del regolamento e Riva ci rimedia un’altra frat­tura alla gamba. Cinque i suoi mesi d’assenza (rientrerà solo nell’aprile dell’anno succes­sivo).

Cagliari 1 febbraio 1976: il Cagliari affron­ta il Milan e Riva, nel contendere a Bet un pallone assolutamente inoffensivo, rimedia il suo infortunio forse più grave, uno strappo all’adduttore della coscia destra. Per lui, sem­bra che la carriera sia finita anche perché sembra che i suoi muscoli ormai non tengano più. Ma anche perché c’è chi dice che abbia voglia di attaccare le scarpe al chiodo e per­ché, infine, con i suoi 31 anni abbondanti, l’età della… pensione sembra ormai arrivata anche per lui.

Solo che Riva è uno di quelli che se non combattono non son contenti: per lui, bassaiolo di Liggiuno, il Cagliari è molto di più di una squadra: è una vita – la sua – così come la Sardegna è molto più di una regione: è la sua patria; la seconda, d’accordo, ma appunto per questo molto più importante della prima.

Ecco quindi che appena si rompe per la terza volta, quasi quasi Riva giura a se stesso prima che agli altri che di lui si dovrà per forza parlar ancora: non però come di un povero… invalido, ma come di un atleta an­cora in grado di dire la sua nel mondo del pallone.

Il Cagliari, per rimetterlo a posto, lo affida alle mani del professor Perugia che lo sotto­pone ad un difficile intervento chirurgico; gli ricostruisce il muscolo strappato; gli rifa la guaina in cui sta il muscolo e gli dice:
«Ca­ro amico, se mi dai retta, torni a giocare di sicuro ».
E dicendogli questo, il professor Pe­rugia gli dice anche: «In questa busta è in­dicato tutto quello che devi fare nei prossimi mesi: a bruciare le tappe non devi nemmeno pensarci: se andrai con calma, ti garantisco che tornerai a essere quello che eri».

E Riva, armato di certosina pazienza, quando il Cagliari è andato in ritiro a Pian-castagnaio, si è affidato a Tiddia che con lui si è rotto le gambe su e giù per le montagne. D’altro canto, il gioco valeva senz’altro la candela: la posta, infatti, era il calciatore più prestigioso degli Anni Sessanta; un calciato­re dal cui recupero tutti quanti hanno da guadagnare in prima fila il Cagliari.
E ora questo recupero – nel quale forse credevano soltanto Riva e il professor Perugia – si può considerare un fatto compiuto: il giocatore fisicamente è perfettamente a posto e il lavoro svolto sia a Piancastagnaio sia a Cagliari ha dato i suoi frutti.
Gli manca ancora – d’accordo – l’abitudine al fatto agonistico ma questo non è certamente un problema: chi conosce l’uomo sa che frigge dal desiderio di tornare in campo. E tutti sanno che quando uno vuole, riesce ad ottenere tutto o quasi…

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D’altro canto, Toneatto è prontissimo a lanciarlo:
«Per me – ha detto il tecnico del Cagliari – sono prontissimo a portarlo in panchina sin da domenica prossima con la Spal e credo proprio che lo farò. Gigi, infatti, è un galvanizzatore, uno che sa infondere fi­ducia ai compagni per cui portarlo in pan­china non può che riuscire utile a tutti. Se lo farò giocare? Senz’altro, anche se, almeno all’inizio, la sua permanenza in campo sarà limitata a venti, trenta minuti. Se ce la farà? E perché non dovrebbe farcela? Fisicamente è recuperatissimo ed anche atleticamente è tirato al meglio. In allenamento, poi, calcia e corre con tutta la forza che si ritrova in cor­po, e per informazioni non c’è che da rivol­gersi ai nostri portieri… ».

Riva, quindi, è ormai pronto per il suo ennesimo… debutto: il giocatore, infatti, i terribili momenti della vigilia li ha già vissuti come minimo altre tre volte: la sera prima del suo primo incontro in A; quelle che pre­cedettero il rientro dopo gli incidenti di Ro­ma e Vienna e oggi. Ma forse, di tutti, quello odierno è il più tormentalo.
«Be’ tanto tormentato non direi: in questi mesi, infatti, ho sempre lavorato tenendo pre­sente quale era il traguado che mi ero pre­fisso. E siccome adesso, questo traguardo, lo sto vedendo…»

– E’ logico abbia un po’ di paura.
«Assolutamente no: d’altro canto, aver pau­ra alla mia età è ridicolo».

– Ogni volta che lei si è fermato per un infortunio, c’è stato chi ha sentenziato che non ce l’avrebbe più fatta a rientrare perché ogni suo incidente è sempre stato terribile.
«E invece, siccome, tutti si sono sempre sbagliati non vedo proprio perché non dovreb­bero sbagliarsi anche adesso».

– Ma che effetto fa per uno come lei che ha vinto uno scudetto, che ha giocato in Na­zionale, che è stato senza dubbio il calciatore più amato e osannato del nostro calcio, gio­care in B?
« Momento: giocare nel Cagliari in B che è diverso…».

– Ma allora è vero che lei si sente sardo dalla testa ai piedi
«Perché, lo scopre adesso?».

– No ma fa sempre effetto sentirlo ripe­tere …
«Allora glielo ripeto: sono nato in Lom­bardia ma la mia terra è la Sardegna».

– Ma non rimpiange nemmeno adesso di giocare nella Juve, nel Milan, nell’Inter e in qualunque altra squadra?
«No, per niente. Ma le voglio dire una cosa ha mai sentito parlare di quelli che non riescono a staccarsi dal paese o dalla città dove sono andati a vivere? A me capita questo col Cagliari e con Cagliari».

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– Quindi è deciso: lei resterà a Cagliari per sempre.

«Io amo Cagliari per cui non vedo proprio perché dovrei trasferirmi da qualche altra parte».

– Un po’ tutti gli addetti ai lavori hanno detto che per il Cagliari lei è una specie di «ruota di scorta» nel senso che, se per ui caso i baldi giovani che indossano la magli! coi quattro mori dovessero fallire, niente paura: lei è lì pronto a dargli una mano.
«Non so se sono una ruota di scorta o una ruota motrice: so solo che sono uno del Cagliari e che, quindi, se la mia società ha bisogno di me, io sono pronto».

– Ma lei, sinceramente, cosa pensa di que sto nuovo Cagliari?
«Che è una gran bella squadrina: giovane allegra, pimpante e con tanta voglia di far bene ».

– Come tornare in A, per esempio…
«Come tornare in A, ma per restarci. Per­ché, vede, uno degli errori più grandi che si possano commettere è salire in A un anno e tornar giù l’anno dopo. No, a me così non va bene ».

– Per cui, visto che lei è uno dei « capi » del Cagliari…
«Per cui, siccome anche agli altri questo non va bene, ecco che il Cagliari tira a tor­nare in A, ma per restarci».

– E da quanto ha fatto sino ad ora, il Ca­gliari dovrebbe riuscirci…
«Prima di dire gatto aspettiamo di aver­lo nel sacco: è certo, ad ogni modo, che lo spirito di quest’anno è diverso da quello del­l’anno scorso ».

– E anche lei è diverso?
«Un uomo finisce sempre per vivere l’atmo­sfera in cui si trova immerso per cui faccia lei».

– Cagliari nuovo, dunque, con un Riva al­trettanto nuovo…
«Diciamo meglio: Cagliari nuovo con un Riva che muore dal desiderio di far bene in una squadra che faccia bene ».

– Anche perché il Riva dirigente ha tutto l’interesse che questo capiti…
«Prima di parlare di Riva dirigente penso sia giusto aspettare ancora un po’: diciamo che sto facendo l’apprendista».

– Stregone?
«No, “boss”. Però scherzo. Per adesso cre­do di poter dire ancora la mia sul campo: quando sarà il momento di sedermi dietro una scrivania spero di poter far Io stesso il mio dovere».

– E per adesso, fa l’«allevatore» di cal­ciatori: in batteria o ruspanti?
«Ruspanti perbacco! I pulcini che ho scel­to voglio che diventino galletti con gli speroni duri e con tanta voglia di combattere».

– Ma secondo lei, è possibile un Cagliari formato Sardegna?
«Perché, ci sono delle cose impossibili? Cer­to che sarebbe bello avere una squadra sarda fatta di sardi: diamo comunque tempo al tempo e aspettiamo. Intanto, in squadra, di sardi ci sono già Virdis, Piras, Copparoni più parecchi giovani che si stano facendo le os­sa».

– Ecco: Virdis e Piras, se non sbaglio, so­no due punte. Se lei rientra, deve togliere il posto a uno dei due: non le piange un po’ i’ cuore?
«Sa quanti anni ha Virdis? Diciannove. E sa quanti ne ha Piras? Ventidue. E sa quanti ne ho io? Dieci di più: quindi, faccia lei ».

– A questo punto, lei ci crede a un Riva che torna in campo da protagonista?
«Io ci credo. E lei? ».

– Io anche…
«Quindi siamo a posto: nessun problema, ma solo un arrivederci alla mia prima partita nel Cagliari nuovo corso ».

– Arrivederci a presto, allora.
«Bè, direi proprio di sì ».