Giovanni Arpino: Cronache Messicane

11 giugno: Andiamo avanti (ma non c'è Riva)

Gli orizzonti del calcio si allargano, si può trovare una squadra considerata debole come Israele che fa fare brutta figura all’Uruguay, blocca la Svezia di Kindvall, fa «ballare» la nostra Italia che pure stasera aveva cominciato molto bene creandosi in apertura di gioco delle occasioni favorevoli, per poi buttarle al vento con colpevole disinvoltura. I commenti inevitabilmente negativi che — risultato e qualificazione a parte — si faranno in patria sulla gara degli azzurri forse non terranno in dovuto conto la .prestazione degli avversari: chi sa stoppare la palla, sa correre con e senza pallone, sa passare con precisione, sa scattare e saltare di testa è un giocatore di calcio di livello ottimo, e tali si sono dimostrati questi inesauribili «sabra» che hanno avuto dei momenti di gioco bellissimo. Basti ricordare la manovra d’attacco che nel primo tempo (sia pure con la difesa azzurre, incerta nel valutare un fuori gioco dei rivali) ha liberato un uomo per il tiro, tiro che Albertosi ha respinto con una prodezza. Di fronte ad un Israele quindi «squadra di calcio» e non «squadra di pellegrini» come a qualcuno piaceva, e forse piace ancora, sostenere, è esplosa in pieno la crisi di Gigi Riva. Il nostro numero uno, il nostro cannoniere, paga di colpo, amaramente, l’attesa che gli pesa sulle spalle come una cappa di piombo. Anche un atleta forte ed apparentemente distaccato come l’asso del Cagliari può accusare un periodo di defaillance, è soltanto spiacevole — e sportivamente tragico — che questo sia accaduto nel momento più delicato dell’anno. Sembra che Riva abbia dato tutto se stesso allo scudetto del Cagliari, e che ora abbia solo più pochi spiccioli di forza e di nervi da dedicare a questa sconcertante spedizione messicana. Eppure in inizio di gara, specialmente, Riva non è rimasto solo in avanti. Boninsegna ha cercato di scambiare con lui, Mazzola gli è andato vicino più volte per accorciare le distanze, Facchetti ha fatto lo stesso, Rosato e Cera si sono sganciati spessissimo e si sono affacciati alle soglie dell’area israeliana. Hanno deluso Domenghini e Bertini, apparsi inciucchiti sin dai primi minuti, imprecisi nei passaggi e nei tiri. C’è stata la sfortunata botta di De Sisti — un favoloso tiro-gol — finito sul palo, c’è stato il dubbio annullamento del gol di testa di Domenghini (Riva invece era veramente in offside) ci sono stati gli errori di Riva: andate in fumo le occasioni favorevoli, Israele ha preso in mano le redini del gioco ed in apertura di ripresa malgrado l’ingresso di Gianni Rivera, la nostra squadra ha ballato molto. Si è avuta la conferma di quello che già tutti sapevano: la difesa italiana è forte quando anche le mezzeali fanno i terzini, in caso contrario le sue difficoltà e Facchetti come difensore puro (ovvero quando deve marcare e con- trastare in takle sull’avversario lanciato ) ha perso l’abitudine e la voglia al ruolo. Così si è andati avanti penando sino alla fine. La rabbia di Riva è esplosa scardinando Bar con un tackle cattivo (e l’azzurro sì è meritato anche un’ammonizione) ma più i minuti passavano più ci si accorgeva che gli israeliani non erano certo gli arrendevoli rivali del 6 a 0 del novembre ’61 a Torino. Tecnici europei di origine ebraica hanno portato in Israele nozioni ed esperienze, mesi e mesi di duro allenamento (anche il judo ha fatto parte integrante della preparazione di Spiegler e colleghi) hanno trasformato i giocatori in atleti resistentissimi e duri quanto basta da mettere paura e da far male. Dei nostri, sono stati pochi a reggere sul piano atletico: Burgnich l’ottimo Cera, Rosato, Bertini (scorretto a sua volta), il sorprendente Mazzola che cela nerbo e coraggio nelle gambette sottili. Riva e Boninsegna, che pure coraggio ne hanno, lo hanno impiegato male, andando a cercare le botte invece di tentare di smarcarsi. Rivera? Un tempo è poco per giudicare un atleta, ma l’impressione è stata quella di sempre: classe, eleganza, tutto quello che già si conosce, ma nessun «peso» in campo. Il pareggio ci basta, addirittura ci ha fatto vincere il girone: la Nazionale va avanti portando con se il solito carico di dubbi e di incertezze. Ma da domani i pareggi non serviranno più, dai «quarti» bisognerebbe cominciare a vincere. E come si farà, con Riva in queste condizioni?