Giovanni Arpino: Cronache tedesche

20 giugno 1974: Ci salva un autogol: 1 a 1

logo74-bar3-address-wp Che figuraccia. L’Italia pareggia 1-1 con l’Argentina nella seconda partita del quarto girone mentre la Polonia travolge Haiti e la situazione del club Italia appare compromessa. Il pareggio premia al di là dei loro meriti (veramente scarsi) gli azzurri, che hanno denunciato tutte le loro carenze in fase offensiva, si sono barcamenati anche rudemente in difesa e nei rari contropiedi non sono mai riusciti a trovare un sentiero legittimo per il gol. Che orribile partita, amici. I famosi e discussi e celebrati «cervelli» italiani, dal regista Rivera al suo «braccio» Benetti hanno sbagliato passaggi, dribblings, disimpegni in modo incredibile. Si è visto un Rivera smarrito e umiliato dopo tocchi che le caviglie argentine gli derubavano senza esitazione ed anche senza falli. E’ in questa zona nevralgica del campo che gli azzurri hanno perduto completamente la faccia di fronte ai bianco-celesti. La difesa reggeva, ma con i tipici affanni che derivano da un centrocampo incapace di filtrare e dominar palla. Le punte, soprattutto Riva, servite poco e male, denunciavano a loro volta nervosismo, mancanza di inventiva, nessun talento e nemmeno coraggio per penetrare. Solerti giocolieri, i bianco-celesti seguitavano a costruire, talora con slancio persino eccessivo, vari scambi duri (calcioni, gomitate, cazzotti in mischia), non diminuivano la loro capacità di distendersi nella manovra. Non sono gli argentini della tradizione classica, il loro bagaglio tecnico non è sopraffino, ma tuttavia seppellisce certi aridi schemi nostrani, che via via denunciano un’avarizia ed una mancanza di talento eccessive. Gli azzurri hanno subito per lunghissime fasi, solo a tratti alla ricerca di un contropiede smunto, senza idee. Il pubblico incredibile degli italiani di Stoccarda seguitava ad incitarli, malgrado gli errori, malgrado le sfasature tattiche, Rivera poteva rimettersi a correre anche se prima era stato quasi svergognato nelle sue arti di stilista. Solo Mazzola, accanito, lucido, cercava di stabilire certi raccordi, rischiava persino in area, all’inizio della ripresa, dopo un ottimo scambio con Capello. Ma anche il pubblico ha cominciato a spazientirsi, dopo aver consumato l’enciclopedia degli errori benettiani e riveriani, e gridava « fuori », disperato per una gara che l’insipienza di troppi azzurri faceva scivolare in modo drammatico. Rivera al 20′ del secondo tempo se ne va, sostituito da Causio (mentre Wilson dà il cambio a Morini, pesantemente scazzottato). E’ la fine di un’epoca, per Giannino, o soltanto uno dei suoi gravi obnubilamenti caratteriali? E’ una serata crudele per tante attese, intorno al 70° minuto gli argentini assediano la nostra area in un uragano di rimpalli, tiri, scivolate e rischi per liberare davanti a Zoff. II vuoto di manovra non viene colmato a dovere dalle sostituzioni, Mazzola si sdoppia per dettare una nuova regìa, Burgnich è passato stopper, la Nazionale balbetta un football miserevole, si attende qualche vampata da parte di Causio, si spera che un pallone — uno solo — raggiunga Riva, ma gli applausi degli stessi italiani si rivolgono ad un regista vero, come Babington, che ha fatto il bello e il cattivo tempo alla faccia di qualsiasi avversario. Gli uomini di Valcareggi (che proprio su questa panchina di Stoccarda, come allenatore della Fiorentina, perse undici anni fa una finale di Coppa delle Coppe con l’Atletico Madrid) hanno un sussulto al 75° e Mazzola, lanciatosi in area su un cross teso di Anastasi, si libera dei difensori, « beve » anche il portiere Carnevali e tocca in sicurezza a rete. La palla maledetta sfiora il palo, invece, ed esce, a conferma che la seratano è davvero completa. Il coro « Italia » non basla per lustrare il cervello e ridare elasticità alle gambe, nel buio si sentono solitarie urla strozzate, sibili dolenti. Sul campo gli argentini non cedono certo, ogni loro arrivo in area è pericoloso, anche se verso la fine qualche tentativo italiano riesce a rallentare la pressione. Ma è davvero fuoco di paglia per uomini che sono ormai al limite della loro resistenza agonistica o non possiedono il patrimonio atletico e stilistico per far strada in una Coppa del Mondo. Per ogni dove corrono ormai fischi disperati, la gara si sbriciola in una fanghiglia di calcioni, accenni di fughe isolate, in attacchi che la difesa argentina controlla bene, oppure in una risacca di contrassalti biancocelesti che la nostra retrovia ingabbia a fatica. Gli argentini son andati in gol con una magnifica staffilata di Houseman, i nostri hanno pareggiato con un’autorete propiziata da un errore (è così) di Benetti. Il pareggio è un risultato che dovrebbe accontentarci abbondantemente, viste le mediocrità che abbiamo onorato con tanta gloriucola casalinga. Per questa Nazionale l’ora dei rendiconti è venuta troppo tardi, illudendo i «capoccioni», incapaci di cambiare, ed un popolo tifoso che non lascia mai «toccare» i suoi idoli prediletti, finché non constata con mano, a caro prezzo, che la mancanza di critica o la scarsa fiducia nella critica portano diritto alla bancarotta. Questa Nazionale è ormai agli estremi: se non la si puntella in fretta, decisamente, con autentiche operazioni chirurgiche, sgranerà un rosario (assai breve) di brutte figure.

Le pagelle: Già agli sgoccioli
ZOFF: poco lavoro nel prima tempo, molti affanni per le incursioni argentine che il centrocampo non riesce a filtrare. Nessuna colpa sul gol, pennellatogli in rete da Houseman. Al 14′ della ripresa deve superarsi per deviare oltre la traversa un autentico siluro sparatogli da Ayala. Voto 7.
SPINOSI: è concentrato e attento, furbo anche nei falli, ma deve battersi in mischia per frenare ciò che i « cervelloni » italiani mollano nella zona centrale. Durante la ripresa scalcia come può nella grandissima confusione della nostra retrovia. Voto 6.
FACCHETTI: versa la sua esperienza su Ayala, evitando quasi sempre di gettarsi in avanti, dove la confusione è troppa e di dove partono i pericolosi arrembaggi argentini. Tura notevoli buchi durante la ripresa e da come Io vediamo uscire dal campo capiamo subito la sua costernazione. E’ uno degli ultimi atleti rimasti. Voto 7.
BENETTI: un primo tempo disastroso, una ripresa che non gli restituisce certo alcun voto positivo. Scervellato, rozzo di tocco, incapace di vedere l’azione: al 15′ si lascia passare tra le gambe un passaggio perfetto di Mazzola. Accumula errori incredibili come il suo « maestro » Giannino. Si muove con penosa goffaggine. Ma è il « re » degli autogol a favore: al 55′, sul pallone speditogli da Cappello, manca il controllo, spinge in avanti la palla col petto e il cuneese Perfumo (grazie, paesano) mette in rete alle spalle di Carnevali. Di qui in avanti Romeo seguita a cercar canarini, pestare gli alluci altrui e creare una confusione incredibile. Voto 4.
MORINI: implacabile e duro, non si distrae e merita ampiamente la sufficienza: tra l’altro ha tra i piedi un autentico indio di nome Yazalde, temibile battitore. Si becca un gran cazzotto in faccia e deve lasciare il posto a Wilson. Voto 6.
BURGNICH: ne ha viste tante di battaglie, ma l’indecenza dei centrocampisti italiani ha certo stupito anche lui, costretto a tamponare buchi incredibili e poi a doversi ritrasformare in stopper per l’entrata di Wilson sostituto di Morini. Voto 6.
MAZZOLA: è il più freddo, l’unico che non fa vedere piedi « congelati » dal nervosismo all’inizio. Copre anche il centrocampo, arretra, tenta tiri da fuori, cerca gli scambi ma Rivera e Benetti e Riva sono di gesso, mentre Anastasi farfuglia per tutto il primo tempo. Uscito Rivera, Mazzola arretra in zona di regìa e si trova anche sui piedi la palla della possibile vittoria. Il tocco in sicurezza esce a lato di pochi millimetri e punisce una prestazione lodevole dell’azzurro ma giustamente non regala nulla alla squadra intera. Voto 7.
CAPELLO: protegge, è tra i pochi a non sbagliare grossolanamente certi tocchi. Migliora dopo il cambio delle marcature quando lascia Houseman a Benetti. Ma il gioco, chissà perché, deve sempre vertere sulla diagonale (si fa per dire) Rivera-Riva e cosa può fare lui, se non tirar parolacce? Nella ripresa può limitarsi soltanto a sostenere la barriera ai limiti della nostra area. Voto 6.
ANASTASI: è emozionato, comincia beccheggiando come gli è tipico in certe giornate nervose, perde palloni facili e per la smania di « servire » mister Riva non batte a rete da buona posizione in un paio di occasioni. Si muove un pochino meglio tra Mazzola e Causio nel secondo tempo ma con troppa precipitazione, e si lascia troppo ingenuamente pescare in fuorigioco dagli spostamenti in avanti della difesa argentina. Voto 5.
RIVERA: ha sbagliato cose elementari, si è lasciato soffiare palloni come un principiante: non pensa che anche gli altri corrono e se recuperano alle spalle non è colpa loro? In più di una occasione, nel primo tempo, vede Mazzola o Capello liberi, ma neanche a pagargliela gli offre palla. Viene « ritirato » dal suo gran protettore Valcareggi dopo 19 minuti della ripresa. Se ne va a testa bassa tra i fischi dello stadio completamente tricolore. Stavolta, se non si tratta di qualche nuova rocambolesca « staffetta », per Rivera il mondiale diventa una impresa durissima. E’ stato bocciato su tutta la linea. Inutile infierire su di lui, dopo questa serata: ma gli consigliamo di rispedire in Nuova Guinea il suo amico frate. Voto 4.
RIVA: se ne sta laggiù ad aspettare il pallone, come un gigante disarmato. Quando gli arriva il primo (da Mazzola al 25′), lo spreca subito di testa. E’ il primo di tanti errori. Sul « tackle » stesso è apparso intimidito o in rilardo. La condizione atletica è migliorata, ma non è certo al massimo. Inoltre si esprime a corrente alternata, talora insistendo nell’inseguire il suo marcatore, talora lanciandosi in fughe inutili, visto che gli argentini Io piazzano regolarmente in « off-side ». Può lamentarsi dei compagni, ma anche noi possiamo lamentarci di lui. Se comincia lo stesso « bomber » a vivere del suo nome, stiamo freschi. Voto 4.
CAUSIO: gioca dal 65′ sostituendo Rivera, senza avere neppure il tempo di riscaldarsi al massimo. Tenta alcuni « a fondo », ma il clima non gli consente certo di inserirsi con la dovuta scioltezza. Dovrebbe sopperire all’orgasmo collettivo con qualche azione personale, tale da scompaginare le retrovie avversarie. La tenta e non vi riesce, ma naturalmente ha le sue attenuanti, per essere stato sbattuto in campo in un momento così critico. Voto 5.
WILSON: entra a sostituire Burgnich e trova subito la posizione adatta per fermare le irruzioni argentine e respingere a dovere. E’ apparso freddo e lucido, pronto e intelligente. Non smarrire la concentrazione e l’attenzione in un simile momento torna tutto a suo merito. Voto 7.