Giovanni Arpino: Cronache tedesche

18 giugno 1974: Se parte è una vittima se resta è un sopruso

logo74-bar3-address-wp Chinaglia-mitraglia ha sparato. Diciamo subito una cosa: i suoi ragionamenti non fanno una grinza dal punto di vista dialettico, ma sono preoccupanti da un punto di vista tattico generale, per il Club Italia. Giorgione ha saputo elencare con intelligente puntiglio i suoi motivi di contrasto nei riguardi di chi «gestisce» la Nazionale, ma non si è accorto di levare il tappo ad una botte di vino in fermento. «Enfant gate» della Lazio scudettata, Chinaglia lo possiamo comprendere sul piano umano e anche per le «ragioni» pallonare che porta avanti: perché, pur giocando male contro Haiti (ma, dice lui, chi ha giocato bene? Quasi nessuno) ha creato spazi, poi ha saputo negli spogliatoi che sarebbe stato sostituito, avrebbe «spaccato il mondo» rientrando per la ripresa ma «ho sbagliato di nuovo» mentre vedeva Anastasi riscaldarsi sul prato di Monaco. Sembrano argomenti leggeri. Non lo sono. La polemica, quasi una ferita, è aperta. Il Club denuncia i suoi malanni verbali e tattici, zio Ferruccio soffre stranguglioni psicologici, lo stesso Italo Allodi, scuro in volto, sente che i nuvoloni sono molti, che l’abilità manageriale necessaria in un club, si chiami Inter o Juventus, va centuplicata (e forse non basta) quando ci si trova alle prese con ventidue galletti, dalle creste variamente infiammate. E’ accaduto di lunedì 17. Martedì 18 deciderà il «granduca» Franchi, che per statuto è il comandante supremo della spedizione ai «mondiali». Ma non si vede attraverso quali manovre e dribbling diplomatici Chinaglia possa venir confermato in azzurro. Rivera al Messico fece e disse di più, ma «prima». E rischiò di prendere l’aereo per i patrii lidi. Oggi Giorgione sa di rischiare quel treno verso il Sud, che non gli offre uno scudetto ma un’eliminazione incredibile dal torneo di Coppa Fifa. Siamo costretti a ripeterci dicendo: Chinaglia è «hombre», ha avuto una sua misura dialettica efficace, ma se si apre la botte quali vini verranno fuori, dopo il suo? Già c’è un Causio che morde il freno, già c’è un Boninsegna che sorride ma cova propositi di rivincita. Tutti hanno ragione da vendere sul piano umano, nessuno si rende conto di una cosa: che l’avventura dei «mondiali» va affrontata da soldatini all’antica, non da «stars» privilegiate. E quindi: o si arriva ad una sincera mozione degli affetti, degli impegni, dei doveri, o Chinaglia va rispedito a casa come esempio per tutti. Artemio Franchi deciderà, e gli auguriamo di non spremere sangue da una rapa, ma di saperla tagliare in due, chiaramente, con un colpo netto. L’ambigua giornata di questo 17 giugno non porta avanti molti altri discorsi: ecco i giornalisti argentini che parlano del loro «seleccionado». E’ una nazionale che lo stesso commissario Cap non conosce nella sua «realidad». Contro gli azzurri si giocherà tutto, gli stinchi e il prestigio. Se perdono con noi, verranno accolti malamente al ritorno. I pomodori crescono a dismisura anche nelle terre dei «gauchos». Per questi motivi l’incontro di mercoledì al Neckarstadion di Stoccarda sarà un autentico duello frenato, tra mosse e contromosse, scontri personali e rabbie agonistiche ad ogni livello. Chi supererà la metà campo (e in molti, di qua e di là, dovranno farlo) dovrà prima stendere testamento. Un’altra curiosità venuta fuori con questo lunedì 17, giorno da segnare con una pietra grigia, riguarda la televisione tedesca. Ci ha fatto vedere un «filmato» di tre grandi personaggi del palcoscenico mondiale: si tratta di Riva, Cruyff e Gorgon, il «libero» polacco. Secondo un primo bilancio tecnico, questa Coppa del mondo non insegnerà nulla a nessuno. Anzi, i poveri impartiranno ai ricchi le proterve lezioni catenacciare. Ma in quel suddetto filmato, tre magnifiche «bestie» hanno messo in vetrina numeri straordinari. Anche se non hanno segnato un gol, anche se in varie occasioni hanno sbagliato. Gigirriva è apparso, al rallentatore, una belva. Tuffi, contrasti, rabbie agonistiche, feroce desiderio di lotta, bombardamenti da ogni posizione. Cruyff lo si è visto filtrare, appostarsi, illudere gli avversari con le finte e proseguire invece per linee rette fino al tiro conclusivo: una leggerissima pantera, dai movimenti soavi. E il polacco Gorgon ha occupato lo schermo come uno di quegli uomini-leone che nei fumetti di re Ming affrontavano mitiche imprese. Gigantesco, con mosse invidiabili presso qualsiasi Tarzan, Gorgon sarà uno dei grandi protagonisti di questa coppa. Peccato che gli scarsi (in senso qualitativo) servizi della nostra beneamata Rai non permettano a voi, cari amici, la degustazione di questo piccolo capolavoro filmico. Si avvicina l’ora della sfida con l’Argentina. Purtroppo a Monaco abbiamo intravisto anche l’ombra di un certo frate nostrano, che non nominiamo ma è entrato in tribuna tra il gol di Sanon e quello dell’amico suo (del frate) Rivera. Probabilmente Artemio Franchi, ripiombando a Stoccarda, verserà miele. Sempreché non decida di usare la mannaia. Ma un fatto è certo: nel loro idillio del «Mon Repos» a Ludwigsburg troppi pallonari targati in azzurro pensano solo a se stessi. Dovrebbero interpretare questo mese come un dovere, e magari rifarsi i letti, lavarsi i calzini. O non hanno conosciuto neanche un po’ di disciplina, come reclute? Va bene che apparteniamo ad un Paese permissivo assai, e per questo non ci sentiamo di condannare un uomo che manda a quel paese il venerabile zio Ferruccio. Ma dopo? E se continua, questo stesso uomo? O altri per lui? Con le berciate non si crea storia, anzi non si creano gol. I pretoriani, a Roma, facevano e dimettevano gli imperatori. Ma qui è Stoccarda, è necessario un metro diverso. La «caciara» non può prevalere. L’ombra di Italo (Augusto) Allodi sta già girando per le foreste nere lamentando: «Dove sono le mie legioni?». Se Chinaglia «parte» diventa una vittima, se Chinaglia «resta» potrebbe sembrare un sopruso.