Girone Unico, figlio dell’inciucio

Nasce ufficialmente nel 1929 la Serie A, ovvero il campionato italiano a girone unico così come lo conosciamo. Ma forse non tutti sanno come, e soprattutto perché vi aderirono 18 squadre al posto delle 16 prescelte.

Sono due le date fondamentali nella storia del calcio italiano, l’8 maggio 1898, quando a Torino venne disputato il primo campionato (con la partecipazione di quattro squadre e successo finale del Genoa Cricket and Football Club) e il 6 ottobre 1929 quando prese il via la Serie A a girone unico, formula seguita da allora con l’eccezione del campionato 1945-46 che, a causa della difficile situazione, la guerra era terminata da quattro mesi, venne disputato su due gironi e fase finale.

Quando si parla e si scrive di “girone unico” si intende il periodo da quella domenica dell’ottobre 1929 fino ai nostri giorni, con relative statistiche che si riferiscono a questi quasi cento anni. Nella storia del nostro calcio troppo spesso, per non dire sempre, ci si dimentica però di un precedente importante: il primo campionato a girone unico è datato 1909/10.

Fino ad allora il torneo, con partecipazione sempre ridotta, si articolava sulla formula dell’eliminazione diretta, come nel 1898, e poi con le eliminatorie regionali e la finale. Nove squadre parteciparono al campionato 1909/10 per il “rientro” di Milan, Genoa e Torino, che non si erano iscritte a quello precedente per protesta contro il divieto di impiegare giocatori stranieri. Il torneo 1908 fu turbato anche dal ritiro della Juventus dopo aver perso le prime due partite contro la Pro Vercelli.

Tornando alla fine degli anni Venti, il “maestro” Giuseppe Zanetti, ex giocatore ed ex arbitro (padre del giornalista Gualtiero che fu direttore della “Gazzetta dello sport”) aveva saputo intuire la potenzialità di sviluppo diffusionale del calcio. In quel periodo il fascismo cominciava a guardare con interesse politico a tutto lo sport e in particolare a quello del pallone, cominciando ad abolire la terminologia inglese mutuata sin dagli albori dal football d’oltremanica.

Giuseppe Zanetti, Leandro Arpinati e l’azzurro Eraldo Monzeglio

Già nel 1927 Zanetti tentò di strutturare il campionato su base nazionale strutturando in quell’anno il campionato su due gironi ed evitando la suddivisione regionale che, intesa come discriminazione, frenava la diffusione del calcio nell’Italia meridionale. Nel 1929 d’intesa con il gerarca Leandro Arpinati, divenuto presidente della Federazione, fece la prova generale per l’istituzione del girone unico, che avrebbe dovuto avere 16 partecipanti con la prospettiva che vi fossero incluse almeno cinque-sei squadre del centro-sud.

Furono creati due gironi di 16 squadre l’uno, con partite di andata e ritorno e finale fra le vincenti per l’assegnazione del titolo. Le prime otto classificate di ciascun girone avrebbero formato il nuovo campionato, denominato “Divisione nazionale Serie A”; le altre squadre avrebbero dato vita a un campionato di categoria inferiore denominato “Divisione nazionale Serie B”.

Il Direttorio Federale (che corrisponderebbe oggi al Consiglio federale) approvò l’idea di Arpinati-Zanetti, che in realtà fu un colpo di mano perché venne presentata in tempi stretti per una discussione approfondita. Le prime otto del girone A furono in ordine di classifica Torino, Milan, Roma, Alessandria, Pro Patria, Modena, Livorno e Padova, mentre nel girone B si qualificarono sette squadre e cioè Bologna, Juventus, Brescia, Genoa, Pro Vercelli, Internazionale e Cremonese; Lazio e Napoli si classificarono alla pari all’ottavo posto e la Federazione fu colta in contropiede non avendo previsto tale eventualità.

Entrambe le società reclamarono il diritto a far parte della futura Serie A, accampando motivazioni sportive e anche politiche (le cariche sociali offrivano ai gerarchi occasioni per importanti contatti a livello di partito).
Di fronte al dilemma “Lazio o Napoli?” il segretario Zanetti decise di demandare la soluzione al campo. Trenta partite non erano state sufficienti a definire la classifica.

Il Napoli 1928/29

Lazio e Napoli si affrontarono così in campo neutro per tre volte e in tutte le occasioni l’incontro finì in parità. Qualche giornalista, pur sotto il controllo che il partito aveva sulla stampa, azzardò l’ipotesi che i giocatori delle due squadre avessero concordato il risultato per rafforzare la duplice richiesta di ammissione al girone unico della Serie A.

La Federazione aveva stabilito che la Serie A 1929-30 doveva avere 16 squadre e non 17, il che avrebbe in parte vanificato l’ambizioso progetto della coppia Arpinati-Zanetti. Fu irremovibile quindi e fissò per il 4 luglio a Padova il quarto incontro con eventuali tempi supplementari.
Altrettanto irremovibili furono però le due società, che si rifiutarono di andare a Padova. Una delegazione congiunta invece andò a Roma, alla sede della Federazione sul Lungotevere Augusto, giustificando il rifiuto a disputare il quarto incontro: né i laziali né i napoletani se la sentivano di rischiare tutto in una sola partita ed inoltre i giocatori erano troppo stanchi per il prolungarsi dell’attività in una stagione molto calda.

Assieme alla delegazione laziale-napoletana si presentò nella sede della Federazione anche una di sportivi giuliani. La Triestina era stata fondata nel 1918, subito dopo l’annessione della città al Regno d’Italia, con la fusione fra il Trieste F.C. e il S.B.S.Ponziana. La squadra giuliana si era classificata al nono posto nel girone A a un solo punto dal Padova e l’ammissione alla Serie A sarebbe stata molto importante sul piano politico.

Le delegazioni furono ricevute dal segretario Zanetti perché il presidente Arpinati si trovava in Svizzera. Ancora una volta il “maestro” – grande studioso della lingua latina – rivelò astuzia e opportunismo. Inviò ad Arpinati un telegramma per spiegargli la situazione, sostenendo cioè il compromesso valido ad accettare la rinuncia di Lazio e Napoli a disputare il quarto incontro a Padova ed accogliere la richiesta triestina in nome del patriottismo.

Arpinati rispose con un telegramma praticamente in codice “Capito latino. Sta bene rinvio”. Qualche giorno dopo Arpinati al rientro a Roma firmò la documentazione ampliando la Serie A da 16 a 18 squadre.

Alla fine della stagione lo scudetto lo vinse l’Ambrosiana Inter (50 punti), davanti al Genova e alla Juventus. Peppìn Meazza fu il capocannoniere assoluto con 31 gol e in tutto il torneo si realizzarono 970 reti, con una media di 3.16 a gara. Il gerarca Arpinati salutò con piacere il successo dell’Ambrosiana, si rammaricò per le retrocessioni di Padova e Cremonese e accolse nella serie A 1930-31 le neopromosse Casale e Legnano. Era cominciata la nuova èra del calcio.