WILSON Giuseppe: Made in Lazio

Per quelli della mia generazione che giocano negli anni Settanta a calcio seriamente o anche solo per diletto in difesa, Pino Wilson è un punto di riferimento. Non ha la classe di Ruud Krol (leader della difesa dell’Olanda di Cruijff) o il fisico statuario di Giacinto Facchetti, ma esce palla al piede e a testa alta dalla difesa per impostare l’azione come un olandese vero ed è il vero signore dell’area di rigore, perché nonostante i soli 173 di altezza le palle alte erano tutte sue.

Ma la cosa che è rimasta più impressa di lui a tutti quelli che lo hanno visto giocare, sono le sue entrate in scivolata. Scatta, si lancia in tuffo, arpiona la palla e riparte, con l’avversario che ci mette qualche secondo per capire dove è finito il pallone. Oppure, quel suo modo di protestare con larbitro: dritto come un fuso, con le braccia lungo il corpo, come un soldato sull’attenti e la testa vicino al volto del direttore di gara, per chiedere un rigore, per protestare contro un fallo fischiato o per difendere un compagno. Questo è Giuseppe “Pino” Wilson.

Giuseppe Wilson nasce a Darlington (Gran Bretagna) il 27 ottobre 1945. Figlio di un militare inglese, Denis Wilson, di stanza alla NATO, e di madre italiana, Rachele, che il padre conosce nel capoluogo campano durante la Seconda Guerra Mondiale. Ben presto si trasferiscono tutti a Napoli dove Giuseppe inizia a dare i primi calci al pallone, nelle strade del Vomero. Vive in una famiglia agiata, studia e fa sport in un’infanzia spensierata.

Dopo aver militato nella Juvenapoli, squadra di un quartiere partenopeo, nel 1964 viene tesserato per la CRAL Cirio squadra dell’omonima azienda di pomodori e manifatture agricole militante in Serie D, dove gioca nella stagione 1964/65 come jolly difensivo. Un anno prima aveva rifiutato un’offerta della Lazio di giocare e crescere nelle file delle giovanili perchè si sentiva troppo giovane per affrontare quell’impegno lontano da casa e soprattutto perchè ci teneva a studiare e a completare il liceo classico.

Terminata quell’esperienza con 18 presenze, viene assorbito dall’Internapoli, squadra appena creata con la vana speranza di contrapporsi al più quotato Napoli. Con la nuova casacca, nel torneo di IV serie nel campionato 1965/66, gioca 32 gare con ottime prestazioni. A fine stagione, nel giugno 1966, indossa per la prima volta la maglia della Lazio, prendendo parte in prestito-prova alla VII edizione del Torneo Umberto Nistri. Viene schierato con il numero 2 nell’incontro Lazio-Sampdoria 1-1 del 26 giugno 1966 e con il numero 6 due giorni dopo in Lazio-Bettini Quadraro 4-0. Nella stagione successiva contribuisce alla promozione in Serie C, grazie alle sue prestazioni in difesa dove ricopre tutti i ruoli, eccellendo in quello di libero.

L’anno successivo, il 1967/68, viene raggiunto da un nuovo compagno di squadra appena giunto dalla Massese e con il quale stringerà subito amicizia: Giorgio Chinaglia. Grazie a lui in difesa e alle reti del ragazzone toscano, ottengono il 9° posto in classifica, con una squadra di esordienti per quella categoria. Ma è nel 1968/69 che Wilson si fa finalmente notare con la sua squadra, con cui ottiene un clamoroso 3° posto sfiorando la Serie B. Durante alcune gare dell’Internapoli in tribuna è presente Flamini, emissario della Lazio per conto di Lorenzo, che annota il suo nome e quello di Chinaglia. E’ Lenzini a imbastire le trattative con Carlo De Gaudio, allora vicepresidente del club partenopeo, ed a portare lui e Chinaglia alla Lazio nell’estate 1969, sfilandoli ad altre squadre che volevano inserirsi nella trattativa. Sei anni dopo il primo approccio, la Lazio tornava prepotentemente a incrociarsi con la vita di Wilson.

La notizia del suo acquisto fu comunicata alla stampa durante la festa per la promozione in Serie A a Villa Miani, ma passò praticamente inosservata in quanto Pino era ancora uno sconosciuto nel tempio del calcio. Ma poco importa, perchè su di lui punta ciecamente Lorenzo che lo fa allenare nel ritiro assieme ai titolari e lo fa esordire già alla prima di Campionato, il 14 settembre 1969 in Lazio-Torino 1-1. Saltando solo una partita in tutto il campionato, colleziona 28 presenze e gioca sempre a buoni livelli, anche quando la squadra esce sconfitta, e si attira così le simpatie di numerosi direttori sportivi che lo segnalano alle loro società.

Intanto la sua amicizia con Chinaglia si salda sempre di più ed i due cominciano ad avere voce in capitolo. Anche lui è coinvolto nel naufragio della squadra di Lorenzo che arriva penultima e retrocede in Serie B, ma le sue colpe sono minime, ed in ogni ruolo in cui viene impiegato è sempre oltre la sufficenza. Qualche detrattore obietta che la sua miopia è un limite e che non riesce a focalizzare bene i palloni che provengono dai cross, ma sono concordi tutti nel dire che sull’anticipo è veramente forte. Malgrado qualche offerta da parte di buone squadre di Serie A, Lenzini, su indicazione del neo allenatore Maestrelli, non lo cede. Wilson affronta per la prima volta la serie cadetta con la smania di chi vuol subito risalire nell’olimpo del calcio.

Con Maestrelli è subito feeling a prima vista, i due s’intendono subito e l’allenatore lo promuove capitano della squadra, capendo le sue doti di leader. Wilson è laureando in legge, eccezione rara fra i giocatori del suo tempo, è colto e apre un’attività di assicurazioni. Certamente fare il capitano non è facile in quella squadra dove le personalità sono molto forti e i contrasti sono all’ordine del giorno. Di ciò si ha la riprova prima della trasferta a Terni, in programma per Domenica 3 ottobre1971. La squadra, in contrasto con la Società per delle pendenze non pagate, si rifiuta di andare in ritiro a Sangemini e raggiunge il capoluogo umbro solo poche ore prima della gara, in cui viene sconfitta per 1-0. Wilson, non riuscendo a mediare tra la Società e i compagni, riconsegna la fascia di capitano a Maestrelli, ma questi rifiuta di accettarla e lo riconferma, confidando nel suo carisma per dirimere la questione.

La situazione si tranquillizza, ma il campionato dei biancazzurri è altalenante e solo a primavera i giocatori trovano lo sprint per centrare la promozione in Serie A. Ormai il carisma di Wilson è forte e il giocatore (che viene convocato nella Nazionale Militare allenata da Alzani dove gioca una partita) viene notato dal C.T. Valcareggi, Chinaglia intanto parte con la Nazionale dove all’esordio segnerà una rete contro la Bulgaria. L’appuntamento con la maglia azzurra è però solo rimandato e Wilson si consola in ritiro a Pievepelago pensando che l’anno prossimo rigiocherà di nuovo nella massima serie. Intanto studia e dà esami all’università.

Il campionato 1972/73 è preceduto da polemiche roventi provocate dall’andamento deludente in Coppa Italia. La squadra è rinnovata profondamente e i nuovi non si amalgano con i vecchi titolari. E’ solo una questione di forma atletica e in campionato tutto si trasforma, i biancazzurri diventano una potente macchina da guerra e la difesa, comandata dal suo capitano, subisce poche reti. Wilson dietro a tutti, Facco a destra, Martini a sinistra, Oddi a copertura centrale e Nanni mediano con licenza di avanzare. Praticamente un muro che subisce solo 16 reti in tutto un Campionato dove la Lazio stupisce per qualità di gioco e per forza fisica.

E’ una squadra di teste calde e bizzarre, spaccata in tre clan, dove Chinaglia e Wilson ne capeggiano uno contrapposto a quello di Martini e Re Cecconi, mentre nel terzo ci sono i “neutri”, capeggiati da Garlaschelli, che non vogliono immischiarsi ma che alla fine sono presi dal fuoco incrociato degli altri. A Tor Di Quinto ogni allenamento è una sfida, ogni partita è un modo per affrontarsi a viso aperto perchè nessuno ci sta a perdere e Wilson è perfettamente a suo agio in questo ambiente. Quando un giorno un ragazzino della primavera osa fargli un tunnel beffeggiandolo, lui lo ripaga con un’entrata che lo costringe a uscire anzitempo dal campo, beccandosi i rimbrotti di Maestrelli sempre preoccupato che qualcuno si possa fare “troppo” male.

Wilson non crede ai suoi occhi pensando che appena l’anno prima lottava nei polverosi campi della serie cadetta mentre ora è a un passo dallo Scudetto. Ma tra il raggiungimento del sogno c’è, a 90 minuti dalla fine, l’ostacolo Napoli, la sua Napoli. Durante la partita di andata c’era stato un alterco abbastanza vivace con il difensore partenopeo Vavassori e con Rimbano ed erano volati schiaffi e minacce. Wilson sapeva che nella sua città, in qualche modo, gliel’avrebbero fatta pagare cara. E così fu. A nulla valsero, durante l’intervallo, dei tentativi, mai provati ma dopo tanti anni ammessi, fatti da alcuni giocatori per ammorbidire gli avversari: la Lazio perse 1-0 lasciando sfumare i sogni di gloria. Tornando negli spogliatoi, Wilson cercò di sfogare la rabbia con chiunque gli capitasse a tiro per poi scoppiare in un pianto dirotto, che nessuno riuscì a placare. Poco gli importò di finire sui giornali perchè criticato dalla dirigenza napoletana per le sue intemperanze dopo la gara, tanta fu la rabbia e l’amarezza per il traguardo sfumato.

Lo Scudetto è il suo chiodo fisso ormai e niente e nessuno può levarglielo dalla testa. Arriva anche la convocazione in Nazionale, in occasione delle gare contro il Brasile e l’Inghilterra per i festeggiamenti per il 75° anniversario della F.I.G.C., e anche se non giocò fu un’importante riconoscimento alla sua forza e alla sua classe ormai riconosciuta da tutti. Affronta la stagione 1973/74 con la rabbia in corpo e si toglie lo sfizio di segnare la rete decisiva contro la Sampdoria il 14 ottobre 1973, primo gol della sua carriera da professionista.

In campo è un leone, amato da tutti e rispettato. Arriva l’esordio da titolare in Nazionale il 26 febbraio 1974 durante l’amichevole tra Italia e Germania Ovest finita a reti bianche. Agli allenamenti non manca di venire alle mani con Frustalupi e di andare in ritiro con una calibro 38, come anche i suoi compagni, per sparare a bottiglie, lampioni, tanto per ammazzare il tempo. Una notte, in ritiro prima di un Derby di ritorno, qualcuno fa una soffiata avvisando che alcuni tifosi avversari sarebbero andati a disturbare il sonno dei giocatori per innervosirli. Wilson e soci non si perdono d’animo e attendono i “visitatori” appostandosi e imbracciando pistole e fucili, come guerriglieri prima di un’imboscata. La scena è di quelle comico grottesche, con i tifosi avversari in fuga disperata sotto una gragnola di colpi, veri, sparati da tutti i giocatori.

E’ talmente forte, quella Lazio, che dovunque va raccoglie applausi a scena aperta. Sotto la pressione dei biancazzurri cadono la Juventus, il Milan, la Roma (2 volte), il Napoli. Stavolta nessuno ferma la Lazio. Contro il Verona deve cedere la fascia di capitano a Pulici per non essere squalificato, a seguito di un ritardo di alcuni minuti indetto per protesta dalla A.I.C.. Arriva così il fatidico giorno, quel 12 maggio 1974, quando in un oceano biancazzurro la Lazio batte il Foggia e vince il suo primo Campionato. Al fischio finale, Wilson viene spogliato dai tifosi e solo dopo l’intervento dei Carabinieri riesce a conquistare nudo gli spogliatoi, piangendo come un bambino per la gioia.

La sua Lazio ha vinto lo Scudetto e per lui arriva la convocazione per la Coppa del Mondo 1974, assieme a Re Cecconi e all’inseparabile Chinaglia, mentre Martini è out per la frattura alla clavicola rimediata proprio quel pomeriggio glorioso contro il Foggia. Quell’esperienza non sarà delle più felici perchè la Nazionale è spaccata tra nordisti e sudisti, tra anziani e nuovi e farà una pessima figura, eliminata al primo turno. Wilson ha l’opportunità di sostituire Morini durante Argentina-Italia 1-1 e Burgnich infortunato nella partita contro la Polonia 2-1, in quella che sarà l’ultima sua apparizione in Nazionale ed in quel mondiale, dove deve consolare Chinaglia assediato dalla stampa e vilipeso da tutti dopo un gesto di disappunto rivolto verso Valcareggi, al cui soccorso va anche Maestrelli arrivato dalla Capitale.

Finalmente Wilson si laurea in Legge, e affronta il nuovo Campionato con la voglia di bissare il risultato dell’anno precedente, ma la lazio ad un certo punto comincia a perdere colpi e progressivamente s’allontana dalla vetta della classifica, mentre Maestrelli comincia ad accusare dei gravi disturbi dovuti al palesarsi di un male incurabile. La malattia del suo amato allenatore prostra Wilson a tal punto che in campo piange per la rabbia e non riesce più ad essere tranquillo. La stagione 1975/76 è infatti un calvario. Non lega con Corsini, nuovo allenatore biancazzurro, e difende l’amico Chinaglia ogni volta che il mister lo attacca. C’è anche lui, nell’intervallo del Derby di andata, nella rissa causata da un battibecco tra Corsini e Chinaglia, dove tutta la squadra si schiera con Long John.

Fortunatamente, dopo un periodo di cura, torna Maestrelli, apparentemente guarito e la Lazio riesce a salvarsi all’ultima giornata dopo un drammatico pareggio a Como. Maestrelli ha però i giorni contati e Wilson lo sa. Gli dedica il Derby vinto il 29 novembre1976 e tre giorni dopo apprende della sua prematura morte tra lo sconforto di tutti. Poche settimane dopo viene avvisato che anche il suo compagno di squadra e nazionale Re Cecconi è rimasto ucciso da un gioielliere che lo ha scambiato per rapinatore. Il mondo gli crolla addosso, ma da buon capitano, conduce la lazio di Vinicio ad un ottimo 5° posto.

Il 1977/78 scorre via tra alti e bassi, e in estate è invitato dall’amico Chinaglia, ormai da 2 anni ai Cosmos di New York per giocare con i New York Cosmos della North American Soccer League. Wilson accetta e si reca negli States, e con i Cosmos vince il Soccer Bowl 1978, vincendo il premio di miglior giocatore nella finale contro i Tampa Bay Rowdies. Ma anche in America il suo temperamento lo porta a polemizzare in campo con l’arbitro italiano Menegali durante una gara amichevole col Vancouver. Chinaglia lo vorrebbe trattenere in America ma lui rifiuta e torna in Patria per affrontare un’altra stagione con la Lazio. Gli anni scorrono tranquilli, con la squadra che si piazza a centro classifica. Ormai ha 34 anni, ma lo spirito è quello di un ragazzino quando affronta quella che sarà la sua ultima stagione, la 1979/80, di calcio giocato.

La stagione 1979/80 si preannunciava come una delle tante, con la Lazio che al massimo avrebbe potuto competere per la zona UEFA. Lenzini non aveva più disponibilità liquida e non poteva fare acquisti che fossero in grado migliorare la qualtà della squadra. Wilson questo lo sapeva ma non se ne faceva un cruccio: la sua voglia di giocare era immutata come il primo giorno. Il primo colpo duro avviene però prima del Derby del 28 ottobre 1979, quando a causa di un razzo di segnalazione nautica partito dalla curva giallorossa, un giovane tifoso laziale Vincenzo Paparelli perde la vita. I giocatori vengono avvisati che dentro e fuori lo stadio si sta scatenando il caos, con i tifosi biancazzurri che non vogliono far iniziare la gara. E’ lo stesso Wilson che va a parlamentare con loro, tra i lacrimogeni e le cariche della Polizia, per cercare di calmarli e riuscendo così a far iniziare la gara.

Ammetterà in una intervista: “Ero a conoscenza del ferimento del tifoso e non della sua morte, ma forse è stato meglio giocare, perchè altrimenti chissà cos’altro sarebbe successo”. La gara finisce 1-1 in un clima di violenza e con mezzo stadio vuoto in quanto la maggior parte dei tifosi laziali anche con le famiglie e con bimbi al seguito, erano scappati inorriditi di fronte a cotanta tragedia. Ma questa stagione riserva ancora l’amaro calice, quello più grave ed umiliante: lo scandalo delle scommesse clandestine.

Wilson viene arrestato a Pescara il 23 marzo 1980 assieme ad altri tre compagni di squadra: Cacciatori, Manfredonia e Giordano e condotto al carcere di Regina Coeli, dove rimarrà detenuto per 10 giorni assieme a carcerati comuni, con l’accusa di truffa e di aver truccato le partite. Wilson era responsabie di aver detto sì ad una spartizione di punti con il Milan. Due punti ai rossoneri all’andata, due alla Lazio al ritorno, uno scambio di favori, insomma, o almeno era quello che gli avevano fatto credere. Ed invece sotto c’era qualcosa di più marcio che Wilson, ancora oggi, dice di non conoscere e di cui all’epoca era all’oscuro. Aveva 35 anni e forse qualcuno lo volle sacrificare come capro espiatorio, e se così fosse Wilson non lo direbbe neanche oggi a tanti anni di distanza dal fatto.

La sua carriera finisce con una condanna a 3 anni di squalifica. Dopo 324 presenze e 6 reti in Campionato. L’amnistia dell’agosto 1982 per lui sarà inutile perchè non ne approfitterà. Rinuncerà ad un contratto da dirigente che aveva già in mano e non andrà più allo stadio. Solo una volta lo convincono ad andare a vedere la Lazio. Nel 1994 viene indagato per riciclaggio di dollari falsi, secondo quanto riportato dai giornali dell’epoca. Poi la sera del 9 gennaio 2000, in occasione della Festa del Centenario, rimette la maglia n. 4 per una esibizione con i compagni del 1974, accolto dall’ovazione dei suoi tifosi che hanno capito e probabilmente lo hanno perdonato per quella vicenda. Lo accolgono come il capitano del primo Scudetto laziale e in un modo tale che neanche lui se lo sarebbe aspettato ma in cuor suo forse sperava.

Fonti utilizzate: www.sslaziofans.it; www.laziowiki.org