GOMES Fernando: Bi-Bota

Il doppio vincitore della Scarpa d’oro è stato un formidabile cannoniere e ha legato i momenti migliori della carriera al Porto, con cui ha conquistato tutto.

Avesse avuto con i dirigenti egli allenatori del Porto lo stesso feeling che aveva con il gol, Fernando Gomes avrebbe probabilmente trascorso tutta la sua carriera con i “Dragoni”. E con la casacca biancoblù avrebbe sicuramente siglato ben più delle 288 reti che peraltro ancora oggi gli consentono di essere il più prolifico cannoniere nella storia del prestigioso club lusitano.

Ma “Bi-bota”, cosi come sarebbe stato soprannominato dopo la conquista della seconda “Scarpa d’oro”, ha per due volte preferito andarsene, sia pure a malincuore, e nonostante avesse dalla sua parte tutta la tifoseria, piuttosto che rimanere tra le polemiche.

Gomes nasce a Oporto il 22 novembre del 1956. Ben presto si mette in luce nelle giovanili , del Porto e neppure diciottenne fa il suo esordio in prima squadra, realizzando una doppietta al CUF Barreiro e ritagliandosi quindi sempre più spazio in una formazione che, tra gli altri, schiera il fuoriclasse peruviano Teofiló Cubillas. I biancoblù, che non vincono
lo scudetto da quasi vent’anni
, scoprono di avere in casa l’uomo in grado di rompere il sortilegio: Fernando segna 26 gol nel campionato 1976-77, 25 in quello successivo (e il Porto finalmente si sblocca) e 27 nel seguente (arriva lo scudetto bis), fregiandosi del titolo di capocannoniere per tre volte di fila e – naturalmente – entrando di forza nel giro della Nazionale.

Nel 1980 arriva però la prima svolta, quando il presidente biancoblù, Americo De Sà, decide di cacciare il tecnico Pedroto, scontentando i suoi fedelissimi, tra i quali c’è Gomes. Che accetta senza pensarci due volte la faraonica offerta degli spagnoli dello Sporting Gijon, alla ricerca di un bomber in grado di non fare rimpiangere più di tanto Quini, passato al Barcellona. Nelle Asturie, però, alcuni problemi fisici, oltre alla maggiore competitività della Liga spagnola rispetto a quella a cui era abituato, impediscono alla punta portoghese di brillare: nell’estate di due anni dopo si concretizza il ritorno a Oporto.

Con gli spagnoli dello Sporting Gijón più ombre che luci

E il “Gomes 2” è impressionante. Trentasei gol (prima “Scarpa d’oro”) nel campionato 1982-83, flessione (“solo” ventuno) in quello successivo, quindi addirittura trentanove (seconda “Scarpa d’oro”). In mezzo (maggio 1984) la delusione per la sconfitta nella finale di Coppa delle Coppe contro la Juventus a Basilea, dove – con la fascia di capitano al braccio – prima è autore di una buona giocata di sponda in occasione del momentaneo pareggio di Sousa e poi di testa, costringe Tacconi a un intervento miracoloso per salvare la porta bianconera. Ricorda Sergio Brio, che lo prese in consegna nell’occasione:

«Era molto mobile, aiutava i compagni in fase di costruzione e ci sapeva fare nel gioco aereo, pur non essendo un gigante. Me l’ero studiato bene e sapevo che era un rapinatore d’area, guai a lasciarlo libero anche solo un momento».

L’amarezza elvetica si trasforma, tre anni più tardi, nella grandissima gioia di Vienna, dove il Porto conquista la Coppa dei Campioni ai danni del Bayern Monaco. Gomes, che è fondamentale nella cavalcata dei “Dragoni” (infierisce con una quaterna nel 9-0 ai deboli maltesi del Rabat Ajax, ma soprattutto segna una rete importantissima a Kiev con la Dinamo), però salta la finale, per infortunio.

Può rifarsi con la conquista della Coppa Intercontinentale (a Tokyo realizza il gol del vantaggio nel 2-1 al Penarol di Oscar Washington Tabarez) e con quella della Supercoppa Europea, ai danni dell’Ajax (doppio 1-0, ma Fernando resta all’asciutto). A trentuno anni, però, l’idolo del “Das Antas” non sembra più inamovibile, almeno per il tecnico Tomislav Ivic, che si lascia sfuggire pure qualche considerazione poco simpatica nei suoi confronti.

13 dicembre 1987: Gomes solleva la Coppa Intercontinentale

L’allenatore croato viene successivamente giubilato, ma per Gomes i problemi sono destinati ad accentuarsi addirittura, perché dopo la parentesi targata Quinto, che lo adora («Con me giocano Fernando più altri dieci»), nel 1989 il cavallo di ritorno Artur Jorge (il tecnico campione d’Europa) si porta come assistente Octavio Machado, uno con cui “Bi-bota” non è mai andato d’accordo, tanto è vero che alla prima occasione il bomber gli dà del «pagliaccio», vedendosi quindi messo in disparte. L’addio è la conseguenza logica, il passaggio allo Sporting Lisbona sconcerta però molti dei tifosi del Porto.

Gomes, che nel frattempo chiude la sua esperienza in nazionale segnando a Oporto una rete decisiva contro Lussemburgo (tredici gol il suo bottino in 44 gare: partecipa, peraltro con le polveri bagnate, sia alla splendida avventura a Euro 84 che al deludente Mondiale messicano di due anni dopo), non perde il vizio neppure con i biancoverdi della capitale (ventinove realizzazioni in due campionati), segnando con la loro maglia, tra l’altro, anche in Coppa Uefa contro il Bologna.

Nonostante ci sia la possibilità di approdare in una squadra minore per superare il mitico Eusebio (319 gol complessivi nella massima serie lusitana per la “Pantera Nera” contro i 317 di “Bi-bota”), Fernando appende le scarpe al chiodo al termine della stagione 1990-91, lasciando in eredità il suo cognome al giovane Nuno Miguel Ribeiro, che sceglie di onorare l’idolo d’infanzia trasformandosi in Nuno Gomes, ma che nonostante sia un validissimo attaccante non vincerà mai due “Scarpe d’oro”: di “Bi-bota”, in Portogallo, ce n’è uno…

  • Testo di Mauro Corno

Fernando Mendes Soares Gomes, noto come Fernando Gomes
(Porto, 22 novembre 1956)

StagioneSquadraPres. (Reti)
1974-1980 Porto158 (125)
1980-1982 Sporting Gijón27 (12)
1982-1989 Porto184 (163)
1989-1991 Sporting Lisbona63 (30)