NORDAHL Gunnar: il Diavolo e il Pompiere

Il suo nome è Gunnar Nordahl. Professione attaccante. Molti giovani, forse, non l’hanno mai sentito nominare. Tuttavia, ancora oggi, a 50 anni dall’abbandono dell’Italia e a quasi venti dalla morte, avvenuta ad Alghero, durante una vacanza in Sardegna, stroncato da un infarto a 74 anni il 19 settembre 1995, questo possente giocatore, che possiamo paragonare ad un Vieri dei tempi andati, occupa la seconda posizione all time tra i giocatori che hanno segnato più reti nella serie A, dall’inaugurazione del Girone Unico nel 1929-30. Davanti a lui solo il mitico Silvio Piola, 274 reti nellera del Girone Unico, inavvicinabile anche a lungo termine da qualsiasi giocatore in attività.

Dietro l’imprendibile Piola troviamo proprio Nordahl, autore di ben 225 reti in sole 291 presenze di campionato. Saremo forse ripetitivi, – speriamo non troppo – ma, a pensarci un attimo, come potrebbero esaltarsi i ragazzi di oggi per le gesta di un giocatore inarrestabile, un fenomeno, purtroppo per lui, solo in unera di calcio pretelevisivo? Di lui ci restano sbiadite immagini in bianco e nero con la maglia prima del Milan e poi della Roma.

Nordahl nasce in Svezia a Hörnefors il 19 Ottobre 1921, vicino al Circolo Polare Artico. Da ragazzino svolge il mestiere di tornitore, discende da una famiglia che per generazioni si è guadagnata da vivere facendo il fabbro, non pensa al calcio, cui si dedicherà completamente solo ormai ventiduenne. Comincia la carriera quasi per scherzo a 16 anni, senza troppa convinzione, nella squadra della cittadina natia, i dilettanti dellHörnefors, e si rivela subito attaccante dalle eccezionali medie realizzative, una costante di tutta la sua carriera a tutti i livelli, siglando 40 reti in 37 partite, più di un gol ad incontro!

Sale di livello, passa al Degefors e la musica non cambia di tanto: 77 apparizioni e 56 centri. Il suo talento colpisce e lo rileva uno dei club più importanti e noti di Svezia, il Norrköping, allenato da un tecnico ungherese che sarà decisivo per le fortune di Nordahl, Lajos Czeizler, occhio lungo, che individua nel suo fisico possente un centravanti ideale. Ma il giovane Gunnar è molto titubante, non pensa ancora che il calcio possa diventare il suo mestiere definitivo. In Svezia il professionismo non esiste ancora, si gioca gratis per diletto, giusto i rimborsi spese, per mangiare occorre un impiego.

Per convincerlo, il Norrköping oltre alla maglia di centravanti gli offre anche un posto di lavoro: quello di pompiere, da cui deriva il soprannome con cui, ancora oggi, è universalmente ricordato, ed una pensione a vita per una serena e sicura vecchiaia. Nordahl si mette ancora una volta in mostra: reti a grappoli anche a livelli di Prima Divisone, 93 in 95 apparizioni. Ma, è bene ricordarlo, siamo negli anni ’40, la Seconda Guerra Mondiale è appena terminata, le gesta di un campione sono echi lontani.

In queste condizioni, per notare Nordhal occorrerebbe una vetrina internazionale. L’occasione arriva puntuale nelle prime Olimpiadi successive alla Seconda Guerra Mondiale, Londra 1948, ricordate dagli italiani soprattutto per l’eccezionale ed irripetibile exploit degli azzurri nel lancio del disco: oro e argento rispettivamente con Adolfo Consolini e Giuseppe Tosi. Ebbene, nel torneo di calcio trionfa proprio la Svezia rifilando in finale 3 reti ad 1 alla Jugoslavia, 1 gol anche di Nordhal, protagonista assoluto di questa vittoria, capocannoniere a pari merito con un altro campione che ha poi preso la via dell’Italia, sponda Juve, il danese John Hansen, 7 reti a testa.

Quella nazionale vincente è allenata da una sorta di comitato di saggi tra cui anche, guarda un po la coincidenza, Lajos Czeizler, l’allenatore di club di Nordahl, che quell’estate accetta le lusinghe del Milan e suggerisce tre giocatori da prendere subito: Gunnar Gren, ‘gambe di cervo’, Nils Liedholm, e il pompiere Nordahl. Quest’ultimo arriva al Milan anche per un atto signorile, così si racconta, di Gianni Agnelli che, avendo soffiato ai rossoneri il certamente meno rilevante, almeno per la storia del calcio, danese Ploeger, decide di cedere al Milan i diritti di prelazione che la Juventus vantava sul pompiere. Da quello smacco nessuno al Milan avrebbe immaginato ne derivasse una successione di fortune.

Sbarca in Italia non più giovanissimo, ha compiuto ormai 28 anni. Arriva a Milano accolto da star. Nordahl stesso ha più volte raccontato lo stupore del giorno del suo arrivo, il 22 Gennaio 1949 in treno, accolto in stazione centrale da alcune centinaia di tifosi venuti apposta per dargli il benvenuto. Carattere chiuso, timido e introverso, in campo una furia inarrestabile, vecchi cronisti dicono che sia stato il giocatore più potente che abbia mai giocato in serie A, lo soprannominano “Il Bisonte”. Si ambienta quasi subito, anche perché la famiglia lo raggiunge presto a Milano. Le reti arrivano a grappoli.

Esordisce il 27 gennaio 1949 in una gara di recupero all’Arena milanese tra Milan e Pro Patria. Vantaggio dei bustocchi, pareggio di Carapellese, infine un lancio di Gudmundsson in profondità, sfera agganciata dal centravanti-bisonte e scagliata di sinistro nella rete… Il primo giorno di una nuova epoca per il vecchio «diavolo», l’annuncio di una resurrezione dopo anni di profondo sonno. Gunnar Nordahl ne è senza dubbio alcuno il vessillifero, le sue generose puntate palla al piede a cozzare contro stopper rocciosi si collocano nella storia milanista come gemme splendenti.

Da buon milanista, sapeva come rafforzare il suo mito; dava infatti il meglio di sé nel derby cittadino, entrando in diretta rivalità con l’ungherese Nyers che vestiva la maglia nerazzurra. In uno storico Milan-Inter del 1949, conclusosi 4-4, i due stranieri segnarono una doppietta a testa accendendo di entusiasmo i tifosi sugli spalti. Ma il destino aveva designato lui, Gunnar Nordahl, come il dominatore assoluto in fatto di reti nella prima metà degli anni ’50.

Nella stagione 1950-51 si confermò agli occhi del grande pubblico divenendo il trascinatore e il principale ispiratore del Milan che, dopo 44 anni, tornava ad essere campione d’Italia. Vestì la maglia rossonera fino al 1956, portando in dote numeri e cifre da fare invidia a chiunque; due scudetti (1951 e 1955), la Coppa Latina (1955) e soprattutto i 5 titoli di capocannoniere del campionato italiano. Sono talmente tanti i suoi record che si rischia di dimenticarne qualcuno: ad esempio detiene tuttora il primato per tornei a venti e ventuno squadre, avendo realizzato nella stagione 1949-50 35 reti con 37 presenze (media-gol per partita di 0.945). Il totale di reti realizzate col Milan nelle 8 stagioni di militanza è strabiliante: 210 in 257 presenze, con una media di 26 centri per campionato.

La Roma fu l’ultima tappa della sua carriera in Italia, ma la parentesi nella capitale si rilevò piuttosto avara di soddisfazioni; 34 presenze e 15 gol che comunque contribuirono ad accrescere il suo record di segnature. Gunnar lasciò l’Italia con 225 realizzazioni. Lo spettacolo termina qui. Nordahl saluta tutti e torna in Svezia dove gioca altre 2 stagioni nelle file del Karlstads. Tanto per non smentirsi, nonostante l’ostracismo della nazionale svedese, che gli chiude le porte in faccia per avere deciso di trasferirsi in Italia e passare al professionismo, il nostro eroe fa comunque in tempo a collezionare 33 gettoni di presenza con la maglia gialloblu di Svezia segnando ben 43 reti, alla media incredibile di 1,30 gol a partita.