HELLSTRÖM Ronnie: il gigante di Malmö

La sua storia ci ricorda che la grandezza nel calcio non si misura solo in trofei e record, ma anche nell’affetto dei tifosi e nel segno che si lascia nella memoria collettiva.

Nel pantheon dei grandi portieri del calcio, c’è un nome che brilla di luce propria, soprattutto in Svezia e Germania: Ronnie Wallentin Hellström. Nato il 21 febbraio 1949 a Malmö, la stessa città che ha dato i natali a Zlatan Ibrahimovic e Anita Ekberg, Hellström è considerato il miglior portiere nella storia del calcio svedese. Ma cosa lo ha reso così speciale, tanto da essere ancora oggi, nonostante la sua prematura scomparsa avvenuta nel 2022, ricordato con affetto e ammirazione?

Un Addio da Star

Per capire l’impatto di Hellström sul calcio tedesco, basta guardare al suo “testimonial match”, la partita d’addio giocata il 24 aprile 1984 a Kaiserslautern. Quel giorno, la città sembrò trasformarsi nel centro del mondo calcistico. Lo stadio era gremito, con 35.000 spettatori (forse anche di più) accorsi per salutare il loro eroe.

Non era una partita qualunque. Sul campo c’era il meglio del calcio nordeuropeo degli anni ’70: le leggende tedesche Franz Beckenbauer, Sepp Maier e Paul Breitner, affiancate dalle stelle svedesi Thomas Sandberg, Bo Börje Borg e Bo BosseLarsson. L’evento fu trasmesso in sei paesi, inclusa ovviamente la Svezia. Il dettaglio più significativo? Era il primo “testimonial match” che la Federazione tedesca avesse mai autorizzato per un giocatore straniero.

Un Fisico da Colosso

Hellström era un vero e proprio gigante per gli standard dell’epoca: 192 cm di altezza per 84 kg di peso. La sua stazza imponente, unita a un’agilità sorprendente, lo rendeva un ostacolo formidabile per gli attaccanti avversari. Come lui stesso amava dire: “Ho parato con i piedi, ho parato con il corpo, ho sempre parato con tutto me stesso“.

Tra Leggenda e Realtà

Per anni, la figura di Hellström è stata legata a un aneddoto tanto significativo quanto, si è poi scoperto, inventato. Durante i Mondiali del 1978 in Argentina, un giornalista francese di Le Monde, Gérard Albouy, aveva scritto di aver visto Hellström e altri giocatori svedesi partecipare a una manifestazione delle Madri di Plaza de Mayo contro il regime militare argentino.

La storia era potente e toccante, dipingendo Hellström come un atleta impegnato anche fuori dal campo. Peccato che non fosse vera. Trent’anni dopo, nel 2008, lo stesso Hellström chiarì la situazione: “Non ero io, non sono mai andato a manifestare. Due o tre dei miei compagni andarono in piazza, non ricordo chi. Non io“.

Questo episodio ci ricorda quanto sia importante verificare le fonti, anche quando si tratta di storie che vorremmo fossero vere. Ma se la leggenda più famosa su di lui era falsa, cosa ha reso Hellström così amato soprattutto in Germania?

Fedeltà e Carisma

La risposta sta in una combinazione di fattori. Innanzitutto, c’era il suo innegabile talento come portiere. Ma non era solo questo. Hellström era anche un’icona di stile, con le sue caratteristiche basette che lo rendevano immediatamente riconoscibile.

Ciò che veramente conquistò i tifosi tedeschi, però, fu la sua assoluta fedeltà al Kaiserslautern. Arrivato dall’Hammarby (la squadra del suo cuore in Svezia) poco prima dei Mondiali del 1974, Hellström giocò per il club tedesco per ben 10 stagioni. Nonostante non abbia mai vinto un trofeo con la squadra, rifiutò le offerte di numerosi top team europei. Quando gli chiedevano perché non avesse mai cambiato squadra, la sua risposta era semplice e diretta: “Perché avrei dovuto andarmene? Stavo bene dov’ero“.

Un Personaggio Dentro e Fuori dal Campo

Hellström era noto per essere un professionista serio e dedito durante la stagione agonistica. Tuttavia, durante le vacanze, si concedeva qualche libertà in più, godendosi la vita tra donne, birra e buon vino. Ciò che lo distingueva era la sua innata bonomia e la sua ironia contagiosa, che lo rendevano sempre disponibile a chiacchierare con chiunque.

Esistono numerose foto d’epoca che lo ritraggono in pose plastiche, a testimonianza del suo carisma. Ma forse l’immagine più emblematica risale al 1982, quando Hellström apparve praticamente come “l’uomo più fratturato del mondo”: diverse costole rotte, radio e ulna fratturate, e vari altri ossicini malconci.

L’origine di questo infortunio multiplo resta un mistero. La versione ufficiale parla di una banale scivolata sulle scale di casa. Tuttavia, circolano altre teorie più colorite: alcuni sostengono che sia caduto da una motocicletta al termine di una notte di baldoria, altri addirittura ipotizzano uno scivolone durante un concerto degli AC/DC. Qualunque sia la verità, Hellström non perse il suo proverbiale buonumore neanche in ospedale, commentando: “Sono così bello in questa posa che sembro una statua“.

Un’Eredità Duratura

L’affetto dei tedeschi per Hellström si è manifestato in molti modi nel corso degli anni. Gli hanno dedicato francobolli, un vino in edizione limitata (500 bottiglie con la sua faccia sull’etichetta), un paio di libri e persino un film. Tutto questo per un giocatore che non ha mai vinto un trofeo con la sua squadra di club, ma che ha lasciato un’impronta indelebile nel cuore dei tifosi.

Con la maglia della Nazionale svedese ha giocato dal 1968 al 1980, collezionando 77 presenze. e partecipando a tre Mondiali (1970, 1974 e 1978), distinguendosi in particolare nell’edizione del 1974 in Germania Ovest, dove la Svezia raggiunse il secondo turno.

Dopo il ritiro nel 1984, Hellström tornò in patria. Ma la sua carriera calcistica non era ancora del tutto conclusa. Nel 1988, a 39 anni, accettò di giocare una partita cruciale per il Gif Sundsvall, che si trovava in emergenza portieri. Nonostante il suo contributo (un pareggio per 0-0 contro il Västra Frölunda), la squadra non riuscì a qualificarsi per i playoff scudetto.

Ma non finisce qui. Nel 1991, all’età di 42 anni, Hellström fu convinto a giocare alcune partite con il Pitea, in quarta divisione svedese. Come spiegò lui stesso: “Me lo hanno chiesto i dirigenti, li conosco da anni, non mi piace dire no agli amici. E poi non è mica come fare il professionista: è una scusa per un brindisi al bar, dopo la partita“.

Lezioni da un Gigante

Ronnie Hellström può non essere stato il portiere più famoso della storia del calcio a livello mondiale, ma il suo impatto sul calcio tedesco e svedese è innegabile. La sua storia ci ricorda che la grandezza nel calcio non si misura solo in trofei e record, ma anche nell’affetto dei tifosi e nel segno che si lascia nella memoria collettiva.

Il gigante di Malmö, con le sue parate spettacolari, la sua fedeltà incrollabile e il suo spirito gioviale, ha dimostrato che si può essere eroi anche senza vincere tutto. In un’epoca in cui il calcio sembra sempre più dominato dal denaro e dai trasferimenti milionari, la storia di Hellström ci ricorda i valori più puri di questo sport: la passione, la lealtà e la gioia di giocare.

E forse, la prossima volta che vedrete un portiere compiere una parata impossibile, ripenserete a quel gigante svedese che parava “con tutto se stesso“.