Il “Pelé” della DDR: La favola dimenticata di Souleymane Cherif

Nel calcio della Germania Est degli anni ’60, un giovane studente guineano divenne il “Pelé della DDR”. La sua storia, straordinaria e dimenticata, è un intreccio di talento, politica e destino che merita di essere riscoperta.

Neubrandenburg, città del nord-est della Germania. E’ in questo angolo dell’ex Germania Est, dove il tempo sembra essersi fermato alla caduta del Muro, che sessant’anni fa nasceva una delle storie più straordinarie del calcio tedesco. Una favola che aveva come protagonista l’unico giocatore di colore della DDR-Liga, un giovane guineano che sarebbe diventato una leggenda, per poi svanire nel nulla come un miraggio nel deserto.

Lo studente che diventò leggenda

Era una fredda giornata d’inverno del 1962 quando un giovane africano palleggiava con una palla da basket nella palestra della Sponholzer Straße 18. I suoi movimenti eleganti e precisi catturarono l’attenzione di alcuni giocatori del SC Neubrandenburg che si allenavano lì vicino. Quei gesti fluidi, quella naturale padronanza della sfera, anche se non era un pallone da calcio, li lasciarono a bocca aperta.

Souleymane Cherif era arrivato dalla Guinea per studiare ingegneria edile nella DDR. Viveva nel Block D del dormitorio con altri 29 connazionali, uno dei tanti studenti stranieri provenienti da paesi “fratelli” come Angola e Mozambico. Aveva già una buona padronanza del tedesco, grazie a un corso intensivo seguito vicino Dresda. Ma era la sua padronanza del pallone che avrebbe presto fatto parlare tutta la città.

I giocatori del Neubrandenburg non persero tempo. Convinsero l’allenatore Gottfried Eisler a dargli una chance in un’amichevole a Hennigsdorf. Era una giornata gelida, con la neve che copriva le strade. Cherif scese in campo con tre magliette sotto la divisa e i guanti alle mani. Cresciuto per le vie sabbiose di Conakry, dove si divertiva semplicemente con un limone come pallone improvvisato, quel giovane diciottenne avrebbe incredibilmente rivoluzionato il panorama calcistico della Germania Orientale, in un modo che nessuno avrebbe mai potuto prevedere.

L’ascesa del “Pelé” africano

La metamorfosi di Souleymane Cherif da semplice studente straniero a eroe calcistico fu rapida e straordinaria. Nella stagione 1962/63, quando il SC Neubrandenburg rischiava di precipitare nelle serie inferiori, furono i suoi gol a salvare la squadra. Ma era solo l’antipasto di quello che sarebbe successo l’anno successivo.

La stagione 1963/64 divenne leggendaria. Cherif segnava con una regolarità impressionante, realizzando dodici reti decisive che portarono il Neubrandenburg a un traguardo storico: la promozione nella DDR-Oberliga, la massima serie del calcio tedesco orientale. Le sue prodezze in campo gli valsero il soprannome di “Pelé“, un paragone che i tifosi pronunciavano con orgoglio e ammirazione.

La piccola città del Meclemburgo-Pomerania traboccava di entusiasmo. Ogni domenica lo stadio si riempiva per vedere questo ragazzo guineano che danzava con il pallone, che segnava gol impossibili, che faceva sognare una città intera. Il suo gioco era un mix esplosivo di potenza fisica e raffinatezza tecnica e le difese avversarie non riuscivano a contenerlo.

Ma proprio quando il sogno sembrava realizzarsi completamente, quando Cherif aveva portato la sua squadra nell’olimpo del calcio tedesco orientale, il destino stava per giocare uno scherzo crudele. La gioia della promozione si sarebbe presto trasformata in amarezza.

Il sogno spezzato

L’ultima partita di Cherif con il SC Neubrandenburg, il 14 giugno 1964, fu un trionfo agrodolce. La squadra vinse 7-1 contro il SC Cottbus, conquistando la promozione in DDR-Oberliga. Quel giorno Cherif non segnò, ma orchestrò la vittoria servendo assist su assist al suo compagno d’attacco Meinhard Uentz. I tifosi lo portarono in trionfo sulle spalle, ignari che quello sarebbe stato il suo ultimo ballo.

La federazione calcistica della DDR aveva regole ferree: nessun giocatore straniero poteva giocare nella massima serie. Una norma che spezzò brutalmente il sogno di Cherif e dei suoi tifosi. “Era deluso, naturalmente“, ricorda Peter Krabbe, suo ex compagno di squadra. “Conosceva le regole, ma questo non ha reso la pillola meno amara.”

Forse, in cuor suo, Cherif sperava che il suo talento potesse aprirgli le porte dei club dell’Europa occidentale. O forse sognava di diventare un pioniere: dieci anni prima di Ibrahim Sunday, che nel 1975 approdò al Werder Brema, avrebbe potuto essere il primo africano a giocare in una lega d’élite tedesca.

Invece, fu costretto a scendere di categoria, giocando un ultimo anno con l’Empor Neustrelitz in terza divisione. Completò i suoi studi e poi, nel 1965, fece ritorno in Guinea. Il “Pelé della DDR” lasciava la Germania Est come era arrivato: silenziosamente, ma con una storia indimenticabile da raccontare.

La memoria dei compagni

Lo chiamavano Pelé“, racconta Stefan Saager, l’attuale amministratore delegato del SC Neubrandenburg, mentre sfoglia vecchi documenti ingialliti dal tempo. “Gli anziani ancora oggi parlano di lui con gli occhi lucidi“. Ma sono tre ex compagni di squadra a mantenere viva la fiamma del ricordo: Jürgen Schröder, Peter Krabbe e Harry Mehrwald, tutti ultrasettantenni, ma con una memoria cristallina quando si parla di Cherif.

Si incontrano in una calda giornata d’estate al Marktplatz di Neubrandenburg, portando con sé album fotografici e ritagli di giornale. Sono come una squadra ben rodata: Krabbe, il più esuberante, parte con i racconti; Schröder, l’eloquente, contestualizza le storie; Mehrwald, il riservato, annuisce e conferma con piccoli dettagli preziosi.

Ricordano un ragazzo che si distingueva non solo per il talento, ma anche per le sue particolarità culturali. Non beveva alcol, era vegetariano e ascoltava musica diversa dalla loro. Si presentava alle prime docce post-partita in costume da bagno, finché non gli dissero che poteva fare come gli altri. Chiamava le donne “Madame”, un vezzo che le faceva sorridere, e si rivolgeva a Schröder, che era insegnante, chiamandolo “Professor”.

Era un bravo ragazzo“, dice Mehrwald con semplicità. Un’affermazione che tutto il rispetto e l’affetto per quel compagno venuto da lontano che ha lasciato un segno indelebile nelle loro vite.

I gol impossibili

Tra i racconti degli ex compagni, emergono le gesta sportive di Cherif, imprese che col tempo hanno assunto contorni quasi mitologici. Il suo fisico possente – 1,75 metri per 75 chili – nascondeva una tecnica sopraffina, un’agilità felina e un istinto per il gol fuori dal comune.

C’è quella volta che si librò orizzontalmente nell’area di rigore, colpendo il pallone di tacco al volo e lasciando il portiere immobile. Ma è il rigore contro il BSG Stahl Eisenhüttenstadt che è entrato nella leggenda. Cherif posizionò il pallone sul dischetto, fece due passi indietro, poi altri due in avanti come per sistemare nuovamente la palla. Ma mentre si chinava, con un gesto fulmineo e imprevedibile, colpì il pallone con la suola del piede d’appoggio, mandando in delirio il pubblico. “Il gol del decennio!“, esclama ancora oggi Krabbe con gli occhi che brillano.

Le sue reti non erano mai banali. I difensori lo temevano per la sua potenza fisica, i portieri per la sua imprevedibilità. Aveva imparato a giocare con un limone nelle strade di Conakry, e quella scuola di strada si trasformava in campo in un mix esplosivo di creatività e efficacia. Le sue giocate erano un ponte tra due mondi calcistici: la potenza fisica del calcio europeo e la fantasia del calcio africano.

Una seconda vita in Africa

Il ritorno di Cherif in Guinea nel 1965 non segnò la fine della sua carriera calcistica, ma l’inizio di una nuova, straordinaria avventura. Per quindici anni, dal 1965 al 1980, indossò la maglia dell’Hafia FC di Conakry, trasformando una squadra locale in una potenza del calcio africano.

I numeri raccontano una storia di dominio assoluto: dodici campionati nazionali vinti, ma soprattutto tre Champions League africane. In un’epoca in cui il calcio del continente stava emergendo sulla scena internazionale, Cherif divenne un simbolo di questo sviluppo. Nel 1972, il suo talento venne riconosciuto con il premio di Calciatore Africano dell’Anno, un riconoscimento che confermava quanto i tifosi di Neubrandenburg avevano intuito anni prima.

In un’intervista alla “Neue Fußballwoche”, l’unica rilasciata in quegli anni, Cherif parlò con nostalgia della sua esperienza nella DDR: “Resto legato alla Germania Est, perché la sua gente pratica ciò in cui crediamo: la solidarietà“. Parole che, pur filtrate dalla retorica dell’epoca, lasciavano trasparire un affetto sincero per il paese che lo aveva accolto da studente e trasformato in calciatore.

Un medico del club di Neubrandenburg lo visitò più volte a Conakry nei primi anni ’70, portando notizie di un Cherif realizzato e rispettato. Ma dopo quei contatti, per oltre trent’anni, in Germania il silenzio calò sulla sua figura, come se la favola del “Pelé della DDR” fosse stata solo un sogno collettivo.

Il finale sospeso

Nel luglio 2014, come un messaggio in bottiglia che attraversa l’oceano del tempo, Cherif riemerse dal passato. Una lettera di congratulazioni al SC Neubrandenburg per il 50° anniversario della storica promozione fece sobbalzare i cuori dei vecchi tifosi. Il “Nordkurier” pubblicò la notizia con entusiasmo: il loro eroe non li aveva dimenticati.

Oggi Cherif lavora come Direttore Tecnico dell’AC Horoya a Conakry, ma raggiungerlo è un’impresa che ricorda le sue serpentine sul campo. Le email rimbalzano nel vuoto digitale, i numeri di telefono conducono a fax silenziosi o a linee morte. I giornalisti locali offrono versioni contrastanti: c’è chi lo colloca in Francia, chi nel sud della Guinea, come se il mistero dovesse necessariamente accompagnare la sua figura.

I suoi ex compagni sognano ancora un incontro, ma esitano. Dovrebbero spiegargli che il calcio a Neubrandenburg non è più quello di una volta. Quando si congratulò per la presenza del club in Oberliga nel 2014, probabilmente pensava fosse ancora il massimo campionato tedesco.

La sua storia resta sospesa tra due continenti, tra passato e presente, tra realtà e leggenda. Come una partita interrotta sul più bello, come un gol fantasma che tutti giurano di aver visto ma che nessuna telecamera ha ripreso. E’ questa la storia di Souleymane Cherif, il “Pelé della DDR”.

Fonti: https://www.11freunde.de – https://it.wikipedia.org/wiki/Ch%C3%A9rif_Souleymane