Negli anni ’90, “Sito” Miñanco trasformò una piccola squadra di Cambados nel suo impero personale. La storia di un narcotrafficante che sognava di essere Pablo Escobar.
La Galizia degli anni ’90 era una terra di contrasti profondi. Mentre la Spagna cercava di lasciarsi alle spalle l’eredità del franchismo, questa regione del nord-ovest viveva il suo momento più luminoso e il calcio rifletteva perfettamente questa prosperità inaspettata. Mai prima nella storia tre squadre galiziane avevano calcato i campi della Primera División contemporaneamente: il Deportivo La Coruña, che sarebbe diventato il leggendario “Super Depor” conquistando il titolo, il Celta Vigo con il suo gioco spettacolare, e il Santiago Compostela, miracolosa espressione della città santa.
Ma lontano dai riflettori della Liga, nelle piccole città costiere dove le rías gallegas si insinuano nella terraferma come dita di un gigante, si stava consumando una storia ancora più incredibile. A Cambados, una cittadina di pescatori dove il profumo del mare si mescolava a quello del vino Albariño, stava nascendo un impero calcistico costruito su fondamenta di cocaina e ambizione. Era l’inizio di un’epopea che avrebbe cambiato il volto del calcio regionale.
L’uomo che voleva essere Pablo Escobar
José Prado Bugallo, “Sito” Miñanco, non era un criminale qualunque. La sua ascesa nel mondo del narcotraffico aveva qualcosa di cinematografico. Iniziò come molti altri ragazzi della costa galiziana, pilotando veloci imbarcazioni cariche di tabacco di contrabbando attraverso le insidiose acque dell’Atlantico. Era un maestro nella navigazione notturna, capace di eludere i radar della Guardia Civil e di orientarsi tra le nebbie delle rías come un antico navigatore fenicio.
La sua trasformazione da contrabbandiere a narcotrafficante internazionale fu graduale ma inesorabile. I contatti con i cartelli colombiani lo portarono a conoscere il suo idolo, Pablo Escobar. L’ammirazione per il “Re della Cocaina” divenne quasi maniacale: ne copiò non solo lo stile di vita e l’aspetto fisico, ma anche la filosofia imprenditoriale e sociale. Come Escobar a Medellín, Miñanco voleva essere visto come un benefattore nella sua terra natale. E il calcio diventò il suo strumento preferito per conquistare il cuore della gente.
La metamorfosi del Cambados
La trasformazione del Juventud Cambados sotto la gestione Miñanco fu qualcosa di mai visto nel calcio spagnolo. Il vecchio campo sterrato, dove le partite venivano interrotte dalla marea alta, fu sostituito da un impianto all’avanguardia. Il nuovo stadio, con i suoi 2.000 posti e un manto erboso perfetto, sembrava atterrato da un altro pianeta in quella piccola città di pescatori.
Ma l’investimento nelle infrastrutture era solo l’inizio. Miñanco rivoluzionò ogni aspetto del club: dalla preparazione atletica, affidata a professionisti sudamericani, al settore giovanile, che divenne un polo d’attrazione per tutti i talenti della regione. Gli stipendi dei giocatori erano fuori scala per la categoria: si parlava di buste paga paragonabili a quelle della Segunda División. Il Cambados divenne rapidamente la squadra dove tutti volevano giocare.
L’ascesa vertiginosa
I risultati sul campo furono immediati e clamorosi. Il Cambados iniziò a divorare categorie con una fame insaziabile. Ogni promozione era celebrata con feste che duravano giorni, dove il vino Albariño scorreva a fiumi e i giocatori venivano premiati con regali principeschi. Le auto sportive nel parcheggio dello stadio divennero una costante, così come gli orologi di lusso ai polsi dei calciatori.
L’apice di questa follia calcistica fu raggiunto quando Miñanco organizzò un tour sudamericano per la squadra. Il Cambados volò in Colombia e Panama, affrontando squadre locali in partite che erano più che altro esibizioni di potere. I giocatori raccontavano di feste incredibili, di incontri con personaggi misteriosi, di una realtà che sembrava uscita da un film di gangster.
Il “Comando Legal”, il gruppo ultras del Cambados, era l’esempio perfetto di questa commistione tra calcio e criminalità. Di giorno cantavano sugli spalti, di notte pattugliavano le coste. Erano tifosi e soldati, ultras e sentinelle di un impero che sembrava destinato a durare per sempre.
Il sogno spezzato
L’Operazione Necora del 1991 fu come un fulmine a ciel sereno. La magistratura spagnola, guidata dal giudice Baltasar Garzón, colpì il cuore del narcotraffico galiziano. Mentre Miñanco fuggiva in Panama, il suo impero iniziò a sgretolarsi. Il Cambados, privato improvvisamente del suo mecenate, si trovò in una situazione drammatica.
I giocatori migliori iniziarono a lasciare la squadra, gli stipendi non venivano più pagati con regolarità, le strutture iniziarono a mostrare i primi segni di degrado. Era come vedere un castello di sabbia dissolversi con la marea montante. La squadra che aveva sfiorato la Segunda División iniziò una discesa inesorabile verso l’anonimato dei campionati regionali.
Cosa resta della Fariña
Il caso del Juventud Cambados rappresenta un capitolo unico nella storia del calcio europeo, dove sport e criminalità si sono fusi in un amalgama irripetibile. Mentre il “Super Depor” conquistava la Liga e il Celta Vigo si faceva strada in Europa, il Cambados tornava nell’oscurità da cui era emerso.
La squadra divenne il simbolo di un’epoca in cui la Galizia era una sorta di Far West europeo, dove i narcos erano considerati eroi locali e il calcio era lo specchio perfetto di una società in bilico tra modernità e tradizione, tra legalità e crimine. Nel tempo, le vicende del Cambados hanno ispirato libri, documentari e serie TV, diventando parte integrante della mitologia criminale galiziana.
Il Cambados oggi milita ancora nei campionati regionali, ma il suo stadio, un tempo gioiello della zona, mostra i segni del tempo. I tifosi più anziani raccontano ancora delle notti magiche sotto i riflettori, quando la loro piccola squadra faceva tremare i giganti del calcio spagnolo. Sono storie che vengono tramandate come leggende, testimonianza di un’epoca in cui tutto sembrava possibile, quando il denaro della droga aveva trasformato una squadra di pescatori in un sogno di gloria.