Jean-François Larios, astro nascente del calcio francese anni ’80, vide la sua carriera distrutta dopo una relazione con la moglie di Michel Platini. Da stella del Saint-Étienne e della nazionale, precipitò nell’oblio tra scandali e autodistruzione.
Nell’estate del 1973, Jean-François Larios fece il suo ingresso allo stadio Geoffroy-Guichard, sede storica del Saint-Étienne e considerato la cattedrale del calcio francese. Il giovane talento, già noto per la sua tecnica raffinata, proveniva dal Pau FC, dove aveva completato la sua formazione calcistica. Era figlio di un ex calciatore della nazionale, nato in Algeria, che al Pau aveva lasciato un ricordo indimenticabile non solo per le sue qualità in campo, ma anche per il suo spirito di sacrificio.
Ciò che distingueva il giovane Larios non era solo il suo innegabile talento naturale, ma una rara combinazione di doti atletiche e tecniche che lo rendevano un calciatore completo. La sua velocità sul campo ricordava quella di un centometrista, con accelerazioni improvvise che lasciavano sul posto gli avversari. I suoi movimenti erano caratterizzati da un’agilità felina, come se anticipasse le traiettorie del gioco con un sesto senso. Ma era soprattutto quel raro istinto per il gol, quella capacità di leggere le situazioni prima degli altri, che lo rendeva speciale.
Il suo debutto nel 1977, a soli vent’anni, fu come un lampo in un cielo sereno. Non ci fu quel periodo di adattamento che solitamente caratterizza l’ingresso dei giovani nel calcio professionistico: Larios s’impose nella formazione titolare dei Les Verts con una naturalezza disarmante, come se quel palcoscenico gli appartenesse da sempre. In una squadra già ricca di talenti, dove brillava la stella nascente di Michel Platini, il giovane Larios non solo non sfigurava, ma spesso rubava la scena con le sue giocate.
Il suo stile di gioco era un’opera d’arte in movimento, un perfetto equilibrio tra estetica ed efficacia. Ogni suo tocco di palla sembrava studiato nei minimi dettagli, eppure fluiva con una naturalezza che sembrava improvvisata. Era l’alba di quella che tutti prevedevano sarebbe stata una carriera destinata a riscrivere la storia del calcio francese.

L’Ascesa del “Grand Jeff”
Gli anni tra il 1977 e il 1980 segnarono l’ascesa meteorica di Jean–François Larios nel firmamento del calcio francese. Dopo le prime stagioni al Saint–Étienne, dove aveva già mostrato lampi di classe cristallina, fu il prestito al Bastia a consacrarlo definitivamente. In Corsica, Larios si trasformò da promessa a certezza, guidando la squadra isolana fino a una storica finale di Coppa UEFA del 1978. Le sue prestazioni erano un mix di eleganza e concretezza che incantava gli appassionati e faceva ricredere anche i critici più scettici.
Il suo ritorno al Saint-Étienne fu trionfale. I tifosi lo accolsero come il figliol prodigo, colui che avrebbe potuto riportare Les Verts sul tetto d’Europa. L’esclusione dai Mondiali del 1978 in Argentina, che all’epoca fece molto discutere, servì paradossalmente da stimolo ulteriore. La prima convocazione in nazionale, arrivata subito dopo il fallimentare mondiale argentino degli Bleus, sembrò una naturale conseguenza del suo talento ormai maturo.
Il 1980 rappresentò l’apice della sua ascesa. A soli 23 anni, Larios venne incoronato Giocatore dell’Anno da France Football, superando nelle preferenze proprio Michel Platini, già stella affermata del calcio europeo. Il soprannome “Grand Jeff” non era più solo un vezzeggiativo affettuoso, ma il riconoscimento di un talento straordinario che sembrava destinato a dominare il calcio francese per gli anni a venire.
La sua influenza in campo era totale: dettava i tempi, creava spazi, segnava gol decisivi. Nel cuore del Saint-Étienne, formava con Johnny Rep e Platini un triangolo di centrocampo che faceva sognare i tifosi e tremare gli avversari. Il futuro sembrava scritto: Larios sarebbe stato il leader della nuova generazione francese, l’erede designato al trono del calcio transalpino.

Il Triangolo Proibito
Nel calcio, come nella vita, a volte le più grandi tragedie nascono dai momenti di massimo splendore. Era il periodo d’oro del Saint-Étienne, e la squadra sembrava invincibile. Sul campo, il trio formato da Larios, Platini e Johnny Rep incantava la Francia intera. Ma dietro le quinte, stava per consumarsi un dramma che avrebbe cambiato per sempre le sorti del calcio francese.
Tutto iniziò quasi in sordina, come spesso accadono le grandi storie d’amore. Jean-François Larios e Christelle, la moglie di Michel Platini, si innamorarono. Non fu un semplice flirt, come lui stesso avrebbe confessato anni dopo nella sua autobiografia: “È stata la storia di Adamo ed Eva, la colpa originale. Un vero colpo di fulmine, una storia d’amore autentica“.
All’inizio riuscirono a mantenere la relazione segreta, muovendosi nell’ombra di una città che viveva di calcio e per il calcio. Ma in una realtà come quella del Saint-Étienne, dove ogni sussurro diventava rapidamente un boato, era solo questione di tempo prima che la verità venisse a galla.
L’atmosfera nello spogliatoio iniziò a cambiare impercettibilmente. I due amici di un tempo, Larios e Platini, che prima condividevano non solo il campo ma anche confidenze e momenti di vita, iniziarono ad evitarsi. La tensione cresceva giorno dopo giorno, partita dopo partita. Era come se un invisibile muro si fosse alzato nel cuore della squadra, dividendo non solo i due protagonisti ma influenzando l’intero gruppo.
Sul campo, paradossalmente, il Saint–Étienne continuava a vincere. Ma era solo questione di tempo prima che questa bomba a orologeria esplodesse, portando con sé conseguenze devastanti per tutti i protagonisti di questo triangolo proibito.

La Frattura del Mondiale ’82
I Mondiali di Spagna 1982 divennero il palcoscenico dove si consumò il dramma finale di questa storia. L’atmosfera nella nazionale francese era elettrica ancor prima dell’inizio del torneo. Larios e Platini, ormai incapaci di nascondere la loro ostilità, si evitavano sistematicamente durante gli allenamenti, comunicando solo attraverso il linguaggio universale del calcio quando costretti a condividere il campo.
Il primo match contro l’Inghilterra, perso 3-1, vide entrambi titolari. Ma fu l’ultima volta che condivisero il campo in un grande torneo. La stampa francese, che già da tempo sussurrava della relazione tra Larios e Christelle Platini, decise di rendere pubblica la storia. La notizia esplose come una bomba nel ritiro francese, trasformando una situazione già tesa in una crisi senza precedenti.
Platini, ormai capitano indiscusso della nazionale e simbolo del calcio francese, pose un ultimatum alla Federazione che non lasciava spazio a interpretazioni: o Larios lasciava la squadra, o se ne sarebbe andato lui. Con il sostegno della maggioranza dello spogliatoio e un’opinione pubblica già schierata dalla sua parte, la decisione della Federazione fu quasi obbligata.
Larios fu relegato in tribuna e invitato a lasciare il ritiro. Un’uscita di scena silenziosa e dolorosa per un giocatore che solo due anni prima era stato eletto miglior calciatore di Francia. La nazionale francese proseguì il suo cammino nel mondiale fino alla drammatica semifinale persa ai rigori contro la Germania Ovest, ma ormai la carriera di Larios aveva preso una piega irreversibile. Quella che doveva essere la sua consacrazione internazionale si trasformò invece nel principio della sua fine calcistica.

La Spirale Discendente
L’esclusione dai Mondiali di Spagna segnò l’inizio di una discesa vertiginosa per Jean–François Larios. Mentre Platini si apprestava a iniziare la sua avventura alla Juventus, dove avrebbe scritto pagine indelebili di storia del calcio, Larios tentò inizialmente di rimanere al Saint-Étienne. Ma l’ambiente era ormai irrimediabilmente compromesso, avvelenato da sussurri, sguardi obliqui e da un’ostilità palpabile che rendeva ogni allenamento un supplizio.
La sua partenza divenne inevitabile, e l’Atletico Madrid sembrò offrire una via di fuga ideale. La Liga spagnola degli anni ’80 rappresentava una delle destinazioni più prestigiose per un calciatore, e il club madrileno aveva grandi progetti per il talentuoso centrocampista francese. Tuttavia, un grave infortunio al ginocchio in allenamento trasformò quella che doveva essere una rinascita in un nuovo capitolo del suo declino.
La gestione dell’infortunio diventò motivo di scontro con il club spagnolo. Larios, contro il parere della società, insistette per farsi curare in Francia. Una decisione che portò alla rottura definitiva con l’Atletico, tanto che non scese mai in campo con la maglia rojiblanca. Seguì un periodo di peregrinazioni che lo portò prima in Canada, al Montreal Manic, dove disputò solo sei partite in cinque mesi, poi in Svizzera.
Il ritorno in Francia non fu meno traumatico. Accolto da fischi in ogni stadio, Larios divenne il bersaglio di un’opinione pubblica conservatrice che aveva preso definitivamente le parti di Platini. Il talento cristallino che aveva fatto sognare i tifosi del Saint–Étienne sembrava ormai un lontano ricordo, offuscato dagli scandali e dalle controversie.

I Demoni Personali
La biografia “I Played With Fire” getta una luce cruda sui demoni personali che accompagnarono il declino di Jean–François Larios. Le sue confessioni rivelano un uomo tormentato che cercò rifugio in una spirale di autodistruzione, usando anfetamine “solo nelle grandi occasioni, per essere alla pari con olandesi e tedeschi“, come lui stesso ammise. Ma questa giustificazione sportiva mascherava una realtà più complessa e dolorosa.
L’alcol e le droghe divennero compagni sempre più frequenti, trasformandosi da occasionale via di fuga a presenza costante nella sua vita. Il gioco d’azzardo si aggiunse a questo mix letale, portando ulteriore caos in un’esistenza già compromessa. Questi vizi non erano solo il sintomo di un disagio profondo, ma divennero anche catalizzatori del suo definitivo allontanamento dal calcio di alto livello.
La pressione mediatica e il giudizio costante dell’opinione pubblica contribuirono ad alimentare questi comportamenti distruttivi. Ogni apparizione pubblica si trasformava in un’occasione per riaprire vecchie ferite, con i giornalisti più interessati agli scandali del passato che alle sue prestazioni sul campo. Un’attenzione morbosa che lo spinse sempre più nell’isolamento.
Nel raccontare questo periodo buio della sua vita, Larios non cerca giustificazioni. Le sue parole “mi sono distrutto con alcol e droga” risuonano come una confessione brutalmente onesta di un uomo che ha visto il suo mondo crollare pezzo dopo pezzo.
Una storia incompiuta

Il 2001 segna un momento simbolico nella storia di Larios e Platini. Su una spiaggia delle Mauritius, il destino orchestrò un incontro casuale tra i due ex compagni di squadra. Non si scambiarono parole, solo uno sguardo carico di significato. Platini si limitò a prendersi la testa tra le mani, un gesto che racchiudeva vent’anni di storia non detta, di opportunità mancate e di un talento disperso nel vento.
Questa scena rappresenta perfettamente l’eredità complessa di Larios nel calcio francese. Mentre Platini si consacrava come uno dei più grandi calciatori di tutti i tempi, collezionando tre Palloni d’Oro consecutivi e diventando l’incarnazione del “foot-champagne”, Larios scivolava nell’oblio. Una classica vicenda di come un grande talento possa infrangersi contro le difficoltà della vita privata.
Gli esperti del calcio francese degli anni ’80 concordano però su un punto: il talento puro di Larios non era inferiore a quello di Platini. La loro rivalità tecnica aveva spinto entrambi a livelli straordinari, creando una sinergia che aveva reso il Saint–Étienne una delle squadre più spettacolari d’Europa. Il declino di Larios rappresenta una doppia perdita: non solo la rovina di una promettente carriera a causa di scelte personali sbagliate, ma anche un duro colpo per il calcio francese, che vide svanire uno dei suoi talenti più puri proprio quando era al culmine della sua maturità tecnica.