Non è un semplice stadio: è un monumento alla passione calcistica, un luogo dove i sogni prendono forma.
Situato nel cuore pulsante di Città del Messico, questo imponente colosso è stato teatro di partite leggendarie che hanno segnato la storia del calcio mondiale. Con i suoi 19 incontri disputati, detiene il record di partite di Coppa del Mondo ospitate: nessun altro stadio al mondo può vantare un simile primato. L’Azteca è un monumento vivente, un testimone silenzioso di imprese eroiche, gioie incontenibili e drammi sportivi che hanno fatto battere il cuore di milioni di tifosi.
La nascita di un mito
L’Azteca nacque dall’ambizione di Emilio Azcárraga Milmo, magnate delle telecomunicazioni e fondatore della Televisa, che intuì il potenziale della crescente febbre calcistica in Messico e si mise all’opera. La sua visione era chiara: costruire uno stadio che potesse soddisfare l’appetito pallonaro di un’intera nazione. Acquistò il Club América, la squadra con il maggior seguito nella capitale, e si alleò con Guillermo Cañedo de la Bárcena, che assunse la presidenza del club nel 1961.
Insieme, Milmo e Cañedo non solo diedero vita al progetto dello stadio, ma lavorarono anche alla candidatura del Messico per ospitare la Coppa del Mondo del 1970. Fu creato un consorzio chiamato Fútbol del Distrito Federal S.A., presieduto da Milmo, che coinvolse anche i club Necaxa e Atlante.
L’architetto Pedro Ramírez Vázquez, già noto per il Museo Nazionale di Antropologia, vinse il concorso per la progettazione. La sua visione era ambiziosa: un anfiteatro moderno capace di ospitare oltre 100.000 spettatori, con una visuale perfetta da ogni angolo. Per perfezionare il progetto, Vázquez e il suo partner Rafael Mijares intrapresero un tour mondiale, visitando stadi in città come Buenos Aires, Roma, Madrid, Parigi, Londra, Mosca e Varsavia.
I lavori iniziarono nell’aprile del 1962 nel quartiere di Tlalpan. Per realizzare questa impresa titanica, furono necessari quattro anni di lavori incessanti, 800 operai, 35 ingegneri e 42.000 metri cubi di cemento. Il progetto prevedeva vasti archi di tribune, con posti più vicini al campo, un grande anello coperto per le tribune VIP e i palchi, e quattro livelli superiori che davano allo stadio una dimensione imponente.
Il nome “Azteca” fu scelto attraverso un concorso popolare, vinto da Antonio Vázquez Torres della città di León, che ricevette come premio due posti a sedere nello stadio validi per 99 anni!
Il 29 maggio 1966, l’Azteca aprì finalmente i suoi cancelli. Alla presenza di diverse autorità, tra cui il presidente della FIFA Stanley Rous, 110.000 spettatori assistettero alla partita inaugurale tra América e il nostro Torino allenato da Nereo Rocco. Ironia del destino, il primo gol fu segnato da un brasiliano, Arlindo dos Santos, quasi a presagire il legame speciale che questo stadio avrebbe avuto con il calcio verdeoro.
Palcoscenico di leggende
Non passò molto tempo prima che l’Azteca si affermasse come teatro dei più grandi eventi sportivi. Nel 1968, ospitò le partite di calcio delle Olimpiadi, vincendo la competizione con lo Stadio Olimpico Universitario. Il gigante accolse dieci partite, tra cui la finale olimpica tra Ungheria e Bulgaria (4-1) il 26 ottobre. Nella partita per la medaglia di bronzo tra Giappone e Messico, più di 105.000 persone stabilirono il record di affluenza per il torneo olimpico di calcio, un primato che resiste ancora oggi.
Nello stesso anno, l’Azteca registrò un altro record di pubblico in un’amichevole tra Messico e Brasile, quando 119.853 persone videro la Seleção sconfiggere i padroni di casa per 2-0, quasi un “riconoscimento del territorio” di ciò che sarebbe accaduto nel 1970.
Ma fu proprio nel 1970 che l’Azteca entrò definitivamente nella leggenda. La Coppa del Mondo vide lo stadio ospitare ben dieci partite, tra cui la memorabile semifinale Italia–Germania Ovest, passata alla storia come “La Partita del Secolo”. Questa epica battaglia, conclusasi 4-3 per gli Azzurri dopo i tempi supplementari, fu talmente straordinaria da meritare una targa commemorativa all’esterno dello stadio.
La finale, poi, consacrò il Brasile di Pelé come la squadra più forte di tutti i tempi, con una vittoria per 4-1 sull’Italia che regalò ai verdeoro la Coppa Jules Rimet in via definitiva. In quella partita, l’Azteca fu testimone della celebre elevazione di Pelé per il gol di apertura e del famoso gol di Carlos Alberto Torres, frutto di un’azione corale che è considerata una delle più belle nella storia del calcio.
Maradona e la “Mano de Dios”
Dopo il trionfo del 1970, molti messicani pensavano che l’Azteca avesse vissuto il suo unico capitolo nella storia dei Mondiali. Ma nel 1983, quando la Colombia rinunciò ad ospitare i Mondiali del 1986 per problemi finanziari, la FIFA si rivolse nuovamente al Messico.
Nonostante il terribile terremoto che colpì il paese nel 1985, causando circa 10.000 vittime, l’Azteca rimase intatto. Anzi, fu sottoposto a lavori di miglioramento che ne aumentarono la capienza a quasi 115.000 posti.
La Coppa del Mondo 1986 vide lo stadio ospitare nuovamente partite cruciali, tra cui il quarto di finale tra Inghilterra e Argentina del 22 giugno. Fu in questa partita che Diego Armando Maradona si elevò a divinità del calcio. In un incontro carico di tensione, segnato dal recente conflitto delle Falkland/Malvinas, Maradona segnò due gol che rimarranno per sempre nella memoria collettiva: la “Mano de Dios” e il “Gol del Secolo“.
Il primo, un’astuzia ai limiti del regolamento, vide Maradona superare il portiere inglese Shilton con un tocco di mano non visto dall’arbitro. Il secondo, una cavalcata solitaria di 60 metri che lasciò attoniti avversari e spettatori, è considerato il gol più bello nella storia dei Mondiali. L’Azteca divenne così il palcoscenico della consacrazione di Maradona, proprio come 16 anni prima lo era stato per Pelé.
Ma Maradona non aveva finito. Nella semifinale contro il Belgio, sempre all’Azteca, segnò altri due gol portando l’Argentina in finale. E fu ancora all’Azteca che, il 29 giugno, l’Argentina sconfisse la Germania Ovest per 3-2 in una finale thrilling, conquistando il suo secondo titolo mondiale.
Con questi eventi, l’Azteca diventò il primo stadio a ospitare due finali di Coppa del Mondo, consolidando il suo status di tempio del calcio mondiale.
Non solo calcio
L’Estadio Azteca non è solo sinonimo di grandi imprese calcistiche. Nel corso degli anni, ha ospitato eventi di vario genere, dalla musica al pugilato, dimostrando la sua versatilità come location per l’intrattenimento di massa. Artisti del calibro di Michael Jackson ed Elton John si sono esibiti davanti a folle oceaniche, trasformando l’Azteca in un gigantesco teatro a cielo aperto.
Nel 1993, l’Azteca fu protagonista di un evento pugilistico storico: l’incontro tra il messicano Julio César Chávez e lo statunitense Greg Haugen. Ben 132.274 spettatori affollarono lo stadio, stabilendo il record di pubblico per un incontro di pugilato.
Persino Papa Giovanni Paolo II nel 1999 scelse l’Azteca per celebrare una messa davanti a 125.000 fedeli. La visita del Pontefice confermò l’importanza dello stadio non solo come luogo di sport, ma anche come simbolo di unità e fede per il popolo messicano.
Verso il futuro
Nonostante abbia già vissuto momenti di gloria indimenticabili, l’Estadio Azteca non si adagia sugli allori. Lo stadio si è costantemente rinnovato per adattarsi alle esigenze moderne, pur mantenendo intatto il suo fascino senza tempo. Negli ultimi anni, sono stati installati maxischermi all’avanguardia, nuovi sistemi di illuminazione e di sicurezza per garantire un’esperienza sempre più coinvolgente per gli spettatori.
L’Azteca guarda al futuro con ambizione: ospiterà ancora una volta i Mondiali nel 2026, quando il torneo si svolgerà tra Stati Uniti, Canada e Messico. Se ciò dovesse avverarsi, l’Azteca diventerebbe il primo stadio al mondo ad aver ospitato tre edizioni della Coppa del Mondo, un traguardo straordinario che ne consoliderebbe ulteriormente lo status di tempio del calcio.
L’anima dello stadio
L’Estadio Azteca non è solo cemento e acciaio. È un monumento vivente alla passione calcistica, un luogo dove i sogni prendono forma e dove la storia viene scritta con i piedi. Dal gol di Pelé nella finale del 1970 alla magia di Maradona nel 1986, passando per le notti di gloria del calcio messicano, l’Azteca ha visto tutto.
Mentre ci avviciniamo al suo sessantesimo compleanno, l’Azteca si erge ancora maestoso sulla Calzada de Tlalpan, pronto a accogliere nuove generazioni di tifosi e a essere testimone di nuove imprese sportive. Che si tratti di una finale di Coppa del Mondo, di un Clásico tra América e Guadalajara, o di un concerto rock, l’Azteca continua a essere il cuore pulsante della cultura sportiva e dell’intrattenimento in Messico.