La Fiera
La leggenda della forza del suo tiro simboleggiò per alcuni anni l’essenza stessa del calcio in Argentina. Lo chiamarono “La Fiera” e anche “Il mortaio di Rufino”, dal nome del paese argentino nei sobborghi di Buenos Aires dove era nato il 12 febbraio 1909.
Bernabé Ferreyra. per le cronache del tempo semplicemente Bernabè, incarnava la forza della natura e cambiò faccia al calcio creolo, avviando una grande svolta tattica. Con la sua potenza e la velocità di inarrestabile centravanti, impose una generale velocizzazione del gioco rispetto ai canoni compassati del vecchio Metodo.
Un giorno, un intraprendente radiocronista, Luis Elias Sojit, per battere la concorrenza ebbe un’idea: un collegamento telefonico con un altro campo, così da dare gli aggiornamenti anche della partita del River Piate. A un certo punto il collaboratore lo chiamò e gli annunciò concitato: «Gol del River su rigore di Bemabé!». Il collaboratore poi non chiamò più e Sojit pensò a un problema tecnico. Alla sera, venne a sapere che il tiro della “Fiera” era stato parato e lui aveva dato il risultato sbagliato. Chiamò il collega e lo rimproverò aspramente, ma l’altro allargò le braccia: «Mi vergognavo troppo a richiamare, d’altronde sono stato precipitoso, ma chi poteva pensare che qualcuno potesse parare un rigore di Bernabé?».
Ferreya era cresciuto nella squadra del suo paese e si era trasferito al Tigre nel 19 3 1, con l’avvento del professionismo, debuttando con 19 gol in 13 partite. Il River Plate spese per averlo 45.000 pesos, record assoluto per l’epoca, che valse al club l’etichetta di “Milionario”. Ferreyra non deluse le attese: segnò 44 gol in 33 partite portando i suoi al titolo e impersonando il cannoniere puro, un calcio fatto di velocità e forza.
La sua regolarità era talmente impressionante che un quotidiano di Buenos Aires mise in palio una medaglia d’oro per il primo portiere che fosse riuscito a fermarlo. La risposta del pubblico fu sensazionale. Gente che non era mai andata a vedere una partita riempì le gradinate per vedere “La Fiera”. Il River balzò alla massima popolarità. Da ogni parte d’Argentina la gente accorreva “a vedere Bernabò”, la belva del gol, che in duetto con Peucelle, grande ala a tutto campo, era capace di scardinare qualunque difesa.
Tozzo e massiccio, rapido nei movimenti, freddo e geniale nei passaggi, possedeva un tiro micidiale. Portò il River ad altri due titoli nazionali, nel 1936 e nel 1937, e trascinò l’Argentina alla conquista del Sudamericano del 1937. Sulla sua vita venne girato un film con Luis Sandrini, stella del cinema argentino dell’epoca, dal titolo “Il cannoniere di Giles”, la vita di un goleador di provincia diventato idolo a Buenos Aires.
Quando chiuse precocemente la carriera, nel 1939, aveva messo insieme 197 partite e 206 gol. Tornò a Rufino e più tardi, dal 1943, lavorò come impiegato del River allo stadio Monumental che aveva tremato di folla per le sue gesta. Andò in pensione nel 1956 e il presidente del River, Antonio Liberti, gli riconobbe una sovvenzione per arrotondare i suoi proventi di pensionato. È morto il 22 maggio 1972.
Bernabé Ferreyra
(Rufino, 12 febbraio 1909 – Buenos Aires, 22 maggio 1972)