Immortals: Eraldo Monzeglio


Stile Bimondiale

È uno dei tre giocatori italiani (con Meazza e Ferrari) che hanno conquistato due titoli mondiali. Difensore elegante, paradigma del terzino del Metodo, alla propria fama dovette la vita, al tempo della Liberazione. Vuole la leggenda che, arrivato a un passo dal plotone di esecuzione come aderente alla Repubblica di Salò, fossero gli operai comunisti di Sesto San Giovanni a salvarlo, sia perché non aveva mai fatto male ad alcuno, sia perché era bicampione del mondo.

Eraldo Monzeglio era nato a Vignale Monferrato, presso Alessandria, il 5 giugno 1906 e aveva esordito in A nel Casale a diciassette anni, nel ruolo di centromediano. Fisicamente robusto ( 1,73 per 74 chili), dotato di stile e potenza, arretrò quasi naturalmente a terzino, diventando uno dei migliori interpreti del ruolo. La qualità del tocco riusciva a celare la sua durezza spietata nei tackle; la battuta era potente e precisa: celebre il colpo al volo di collo pieno, con la gamba alzata e il ginocchio piegato a farla oscillare, che rimandava il pallone dalla propria area a quella opposta.

Giocava terzino “di posizione”: schierato davanti al portiere, spazzava l’area chiudendo ogni varco. Fulvio Bernardini, già suo compagno di squadra, sosteneva che sarebbe stato un perfetto libero nel calcio moderno. A vent’anni, militare a Bologna, venne ingaggiato dal club rossoblù, dove formò con Gasperi una esemplare coppia di terzini: impetuoso e grintoso quest’ultimo, lineare, scattante e preciso Monzeglio, dalla freddezza glaciale: «Per Monzeglio» scrisse Bruno Roghi «l’emozione è come polvere sul marmo: un soffio e se ne va».

In nove stagioni mise insieme uno scudetto e due Mitropa Cup. Nel 1929 aveva esordito in Nazionale B, poi Pozzo, dopo una lunga anticamera, gli offri la grande occasione di rimpiazzare il titolare Rosetta a Budapest contro l’Ungheria l’11 maggio 1930. L’Italia vince 5-0, scrivendo una delle pagine più gloriose del nostro calcio d’epoca, con la conquista della prima edizione della Coppa Internazionale.

Ancora una manciata di partite e Monzeglio riceve l’eredità di Rosetta. La sua accoppiata con Allemandi porterà il titolo mondiale 1934 e ritroveremo Monzeglio ancora sulla breccia nel 1938, in coppia con Rava, nel match d’esordio al Mondiale di Francia, contro la Norvegia. Declinava, il giocatore, e la sofferenza di quella partita consigliò a Pozzo di accostare Foni a Rava. Monzeglio chiudeva così la sua carriera azzurra, firmando il secondo titolo mondiale.

In campionato aveva lasciato il Bologna nel 1935, trasferendosi alla Roma per una cifra colossale, 250 mila lire, e vi aveva trovato il compagno di Nazionale, Allemandi. Roma fu importante anche per la conoscenza coi figli di Mussolini. Divenne frequentatore della famiglia più potente d’Italia e al Duce stesso impartiva lezioni di tennis, di cui era provetto praticante, nel giardino di Villa Torlonia. Lungi dal ricercarne vantaggi, onorò quell’amicizia nel momento più avaro per Mussolini, collaborando con lui a Salò.

Chiuse col calcio nel 1939, con un totale di 362 partite e 4 gol in campionato, e 35 presenze in Nazionale. Nel dopoguerra avviò una fortunata carriera di allenatore. È morto per un tumore alle ossa il 3 novembre 1981, a Torino.

Eraldo Monzeglio
(Vignale Monferrato, 5 giugno 1906 – Torino, 3 novembre 1981)

StagioneSquadraPres (Reti)
1923-1926 Casale26 (1)
1926-1935 Bologna252 (4)
1935-1939 Roma108 (0)