23/11/1953: quel giorno l’Inghilterra pianse

Wembley: Inghilterra-Ungheria 3-6. Più del risultato, ad incantare fu la prestazione di squadra dei magiari. E nel maggio seguente la rivincita a Budapest finì 7-1 per l’Ungheria


Fu molto più di una sconfitta: risultato finale 6-3, show magiaro, dominio assoluto degli ospiti e shock nazionale. E come spesso accade agli inglesi, in caso di umiliazione la boria lascia il passo all’ammirazione smisurata. Del resto, quel pomeriggio del 1953 resterà per sempre nella memoria degli inventori del calcio. L’Inghilterra aveva già perso delle partite, dal 5-1 con la Scozia nel 1928 all’1-0 con gli Stati Uniti nell’esordio al mondiale (Brasile 1950) dopo anni di snobistici rifiuti, ma mai in casa.

Un sonoro campanello d’allarme era suonato tre settimane prima dell’arrivo degli ungheresi. La Fifa, per festeggiare il novantesimo anniversario della federcalcio inglese, aveva mandato a Wembley una formazione all-star che aveva impressionato, chiudendo la gara sul 4-4. Grandi elogi per lo juventino Giampiero Boniperti e l’esule ungherese Ladislav Kubala, ma l’onore era stato salvato.

Qualcosa però era nell’aria, soprattutto nell’Europa continentale. L’Ungheria aveva vinto le Olimpiadi del 1952 e avrebbe perso la finale mondiale nel 1954 con la Germania chiudendo una striscia di imbattibilità lunga 33 gare. Ecco perché a Wembley, il 25 novembre 1953, oltre a 100.000 spettatori c’erano 100 giornalisti in arrivo dall’Europa. Numero impressionante per i tempi. Ci si attendeva un evento storico, e così fu.

Ungheresi in gol già al 1′ con Hidegkuti, pari di Mortensen, ospiti sul 4-1 prima della mezz’ora grazie al secondo gol di Hidegkuti, e alle reti di Puskas e Bozsik. Ancora Mortensen aveva accorciato le distanze prima dell’intervallo, ma nei primi 10′ del secondo tempo ancora Bozsik e il terzo di Hidegkuti avevano portato a sei (in meno di un’ora) le reti ungheresi. Nel finale un rigore di Ramsey chiuse la gara sul 6-3. Più del risultato però fu la prestazione a incantare gli inglesi. Le cronache del tempo di Times e Guardian erano concordi: «L’Inghilterra non ha giocato male. Ma per gli standard britannici».

Improvvisamente, il re si scopriva nudo. Lo splendido isolamento calcistico in cui i sudditi di sua maestà si erano rifugiati aveva finito col bloccare lo sviluppo tecnico e tattico degli inglesi, che ora si trovavano ad inseguire. Ad esaltare i cronisti britannici, la prestazione di squadra magiara, l’inter-scambiabilità dei ruoli, la precisione dei passaggi, l’incredibile alternanza nell’impostazione del ritmo di gara, con accelerazioni improvvise e rallentamenti ad hoc. I maestri danubiani giocavano «total football», calcio totale, vent’anni prima dell’Olanda.

Gli ungheresi si presentarono a Wembley con un disegno tattico rivoluzionario. Un 4-2-4 che confuse gli inglesi, soprattutto i difensori, lasciati senza punti di riferimento e incapaci di marcare. Le ali si scambiavano la fascia, I terzini si sovrapponevano, gli attaccanti retrocedevano a recuperare il pallone. Tutte cose scontate ai giorni nostri, ma rivoluzionarie 50 anni fa.

In particolare, i cronisti dell’epoca rimasero estasiati da Hidegkuti. «L’attaccante ungherese è stato visto più volte all’interno della propria area» scriveva il Guardian. «Giocando in posizione profondamente arretrata – commentava il Times – il centravanti avversario ha lasciato il povero Johnston (lo stopper inglese, ndr) completamente isolato e spaesato al limite della nostra area, ed è anche riuscito a segnare tre gol». A versare sale nella ferita degli inglesi ci pensò, a fine gara, Sandor Barcs, presidente della federazione magiara: «Tutto ciò che sappiamo del calcio lo abbiamo imparato da un inglese, Jimmy Hogan»

Allora 71enne, Hogan era in tribuna quel giorno, con i ragazzi che allenava all’Aston Villa. In gioventù aveva girato l’Europa danubiana e l’Africa insegnando calcio qua e là. Da quel giorno Hogan fu considerato un traditore, e a chi lo voleva sulla panchina dell’Inghilterra fu risposto che era troppo vecchio. Ormai comunque la storia era fatta, anche se il peggio doveva ancora venire: nel maggio seguente l’Inghilterra fu invitata a Budapest per la rivincita: finì 7-1 per i «Magic Magyars», la peggiore sconfitta nella storia della nazione che ha inventato il football.

23 novembre 1953 – Londra, Wembley Stadium
INGHILTERRA – UNGHERIA 3-6
Reti: 1′ Nándor Hidegkuti 0-1, 13′ Jackie Sewell 1-1, 20′ Nándor Hidegkuti 1-2, 24′ Ferenc Puskás 1-3, 27′ Ferenc Puskás 1-4, 38′ Stanley Mortensen 2-4, 50′ József Bozsik 2-5, 53′ Nándor Hidegkuti 2-6, 57′ Alf Ramsey 3-6
Inghilterra: Gil Merrick (Birmingham City) – Alf Ramsey (Tottenham Hotspur), Bill Eckersley (Blackburn Rovers) – Billy Wright (Wolverhampton Wanderers) (c), Harry Johnston (Blackpool), Jimmy Dickinson (Portsmouth) – Stanley Matthews (Blackpool), Ernie Taylor (Blackpool), Stan Mortensen (Blackpool), Jackie Sewell (Sheffield Wednesday), George Robb (Tottenham Hotspur). Allenatore: Walter Winterbottom
Ungheria: Gyula Grosics (Honvéd), Jeno Buzánszky (Dorog), Mihály Lantos (MTK Hungária FC), József Bozsik (Honvéd), Gyula Lóránt (Honvéd), József Zakariás (MTK Hungária FC), László Budai (Honvéd), Sándor Kocsis (Honvéd), Nándor Hidegkuti (MTK Hungária FC), Ferenc Puskás (Honvéd), Zoltán Czibor (Honvéd). Allenatore: Gusztáv Sebes
Arbitro: Leo Horn (Olanda)