Genoa Inter 1982/83: galeotto fu quel gol

Il 27 marzo 1983, venticinquesima giornata di serie A, l’Inter vince 3-2 a Marassi contro il Genoa. Il gol decisivo, a cinque minuti dalla fine, lo realizza Salvatore Bagni. Però non esulta nessuno. Anzi, i compagni sembrano arrabbiati…

Campionato di calcio di Serie A 1982-83. Il 27 marzo era in programma la venticinquesima giornata. Fra le otto partite in cartellone c’era l’incontro di Marassi fra Genoa e Inter.I rossoblu, allenati da Luigi Simoni e reduci da una sconfitta ad Avellino, avevano un disperato bisogno di punti salvezza, mentre i nerazzurri, eliminati da Coppa Italia e Coppa delle Coppe avevano disputato una stagione sostanzialmente incolore, e rischiavano di perdere il treno per le Coppe europee. La tifoseria era ormai in subbuglio, la dirigenza per nulla contenta. L’allenatore dei nerazzurriera Rino Marchesi, che ormai a fatica cercava di tenere unita la squadra.

A poche ore dalla gara, diversi quotidiani fotografavano questa situazione: giocatori divisi in clan, un allenatore privo di polso, i tifosi inferociti con il presidente Fraizzoli, che più volte aveva deciso di mollare (lo avrebbe fatto l’anno dopo, cedendo il club ad Ernesto Pellegrini). Dal ritiro dell’Inter a Santa Margherita Ligure filtrò una notizia curiosa: alle due squadre andava benissimo anche un pareggio, dato che entrambe non volevano rischiare di farsi male.Potenziali affari in vista, dunque, per il sempre fertile Totonero; invece qualcosa non funzionò.

Dopo la partita due giovani cronisti del quotidiano Il Giorno, Claudio Pea e Paolo Ziliani, vengono casualmente a conoscenza di una montagna di soldi persa dai giocatori dell’Inter a causa del risultato della partita di Genova. All’inizio, però, nessuno si era accorto di nulla: in radio, a Tutto il calcio minuto per minuto, avevano solo detto che l’Inter era passata in vantaggio per tre volte, prima con Altobelli, poi con Bini e, alla fine, con Salvatore Bagni.Soltanto dalle cronache del giorno dopo, infatti, si seppe che quando Bagni aveva realizzato il goal del 3-2 a cinque minuti dal termine, nessuno dei compagni era andato ad abbracciarlo, come normalmente si fa dopo la segnatura di una rete.

Negli spogliatoi era successo un putiferio: il direttore sportivo del Genoa, Giorgio Vitali, aveva insultato i nerazzurri:«I vostri dirigenti devono sapere che merde sono i loro giocatori dal punto di vista umano! Non si possono fare queste cose a cinque minuti dalla fine!!!». E il centrocampista genoano Pasquale Iachini, che aveva realizzato il momentaneo 2-2, rincarò la dose:«Evidentemente qualcuno non è stato avvisato…».
Più caustica la reazione del difensore interista Collovati, fresco campione del mondo in Spagna: «Strano che proprio il Genoa si lamenti di queste cose: lo scorso anno ne abbiamo pagato le conseguenze noi del Milan».

Giorgio Vitali, DS del Genoa 82/83

Vitali e Iachini si riferivano evidentemente a Bagni, “colpevole” di aver realizzato la rete della vittoria interista; Collovati, invece, ricordava un episodio dell’anno precedente, quando uno stranissimo goal realizzato dal Genoa a Napoli regalò il pareggio ai rossoblu e condannò il Milan, nel quale lui militava, alla retrocessione in Serie B. Inoltre, si vociferava di una colluttazione avvenuta negli spogliatoi dell’Inter, dove avrebbero subìto conseguenze i giocatori Bini e Bagni, autori del secondo e terzo goal.L
a sera del giorno successivo, durante la trasmissione televisiva Il Processo del Lunedì, Vitali tentò una rettifica di quanto aveva detto:«Sì, ho sbagliato a prendermela con i giocatori dell’Inter, ma noi credevamo di avere capito: quando abbiamo visto che loro facevano melina a centrocampo, abbiamo creduto che fossero appagati del pareggio, così ci siamo rilassati e loro ci hanno puniti. Avrei dovuto prendermela con i miei giocatori, invece!».

Per tutta risposta, il giornalista e commentatore Domenico Morace ribatté:«Non fare il pompiere, Vitali! Ma chi vuoi prendere in giro? Non siamo mica nati ieri, noi! Sappiamo quello che succede nel calcio, quindi per favore dicci la verità!»
Il capitano genoano Claudio Onofri dette man forte al suo dirigente:«Ma queste cose nel calcio sono normali, quando si è soddisfatti del pareggio, si sta tranquilli in campo, si fa melina, si perde tempo…sono taciti accordi che ci possono stare!»
Collegato dagli studi di Torino, intervenne polemicamente il calciatore granata Renato Zaccarelli, che di Onofri era stato compagno di squadra nel Torino:«Beh, io se devo dire la verità, nella mia carriera di questi taciti accordi non ho mai sentito parlare
Al che Onofri si inalberò, replicando:«Potete per favore inquadrare il signore che parla da Torino? Se quello lì dice di non aver mai sentito parlare di accordi nel calcio allora non è Renato Zaccarelli mio ex compagno di squadra, ma un impiegato che gli assomiglia molto!»

Nessuno dei giornalisti e degli ospiti presenti, dunque, credette a una sola parola dei due genoani, tantomeno gli credette l’Ufficio Indagini della Federcalcio, diretto dal dottor Corrado De Biase, che annunciò l’apertura di un’inchiesta su un possibile tentato illecito sportivo. A dirigere l’inchiesta fu chiamato l’ispettore Aldo Ferrari Ciboldi, un piccolo possidente cremonese che già in passato aveva collaborato fruttuosamente con l’Ufficio Indagini. Questi, ricevuta piena collaborazione dai due club, si trovò orientato a credere che fosse solo un falso allarme.

Dovette ricredersi quando, procuratosi all’emittente televisiva Rete 4 un filmato molto chiaro della partita, notò lo strano atteggiamento dei giocatori dell’Inter (esultarono come matti in occasione dei goal di Altobelli e Bini, ma non lo fecero al goal di Bagni, che pure gli aveva dato la vittoria: anzi, si notava che uno dei giocatori interisti gesticolava contro Bagni con fare minaccioso) e quando i giornalisti Pea e Ziliani, che nel frattempo avevano indagato per proprio conto, gli comunicarono delle verità scontate, ma allo stesso tempo sconcertanti, come ad esempio che da diverso tempo le partite dell’Inter garantivano vincite sicure: addirittura scommettevano gli stessi giocatori e perfino qualche dirigente. Invece a Genova era andata male e parecchi calciatori interisti, oltre a vari scommettitori comuni, avevano perso svariati milioni.

Dall’indagine svolta dai due cronisti, inoltre, era emerso uno spaccato per nulla edificante dell’intero ambiente nerazzurro: screzi anche violenti fra i giocatori (la domenica successiva al “fattaccio”, per esempio, Altobelli schiaffeggiò Hansi Müller durante Inter-Avellino 2-0, sotto gli occhi di tutto lo stadio, poiché il tedesco, invece di passargli la palla, aveva voluto tirare in porta); l’allenatore vittima di uno spregiudicato dirigente; il presidente Fraizzoli, amareggiato e stanco; e un giovane giocatore brasiliano, Juary, acquistato dall’Inter per sbaglio (doveva andare a Cesena in cambio dell’attaccante austriaco Walter Schachner, vero obiettivo di mercato dei nerazzurri; poi l’affare saltò), finito sull’orlo della depressione, emarginato anche per il fatto di essere nero. Proprio Juary rivelò ai due giornalisti quanto era successo negli spogliatoi di Marassi quel 27 marzo 1983, salvo poi ritrattare tutto non appena la sua intervista fu pubblicata.

L’articolo di Pea e Ziliani sul “Giorno” uscì il 9 aprile e scatenò subito una bufera: da una parte c’erano le altre testate, furiose per essere state “battute” sul tempo, dall’altra c’erano l’Ufficio Indagini della Federcalcio, interessatissimo a tutto quanto veniva detto e scritto, le due società coinvolte, Inter e Genoa, che adirono le vie legali, e la magistratura genovese, diretta dal giudice Roberto Fucigna, che conducevano indagini sul Totonero locale.Fin dall’inizio l’inchiesta fu osteggiata da ogni parte. La Federcalcio aveva tutto l’interesse ad insabbiare la vicenda, poiché non poteva permettersi, fresca oltretutto di un prestigioso alloro mondiale, un’altra valanga devastante come quella che aveva “massacrato” il campionato di Serie A 1979-80.Il Genoa e l’Inter, consapevoli di rischiare grosso, si adoperarono con ogni mezzo per far sì che tutto risultasse una bolla di sapone. Inoltre le più importanti testate giornalistiche prevedevano un nuovo forte calo di tiratura, nel caso scoppiasse una nuova grana-scommesse.

Secondo quanto riportato dal giornalista Paolo Ziliani:«Fu proprio il ministro Biondi (avvocato del club rossoblu, ndr) a fermare il lavoro del giudice Fucigna, dopo l’interrogatorio del giovane Somma del Genoa e alla vigilia dell’interrogatorio dei giocatori dell’Inter, chiedendo al capo della Procura di Genova, Castellano, e ottenendo che l’inchiesta sulle scommesse di Genoa-Inter venisse affidata ad altro giudice che tutelasse maggiormente i diritti della difesa. Un timore che il giudice Fucigna ci aveva apertamente manifestato qualche giorno prima, quando ci disse che Prisco da Milano e Biondi a Genova stavano facendo di tutto per mettergli i bastoni tra le ruote.»

E infatti,il caso Genoa-Inter lasciò mezza Italia col fiato sospeso fino a giugno, quando la Commissione Disciplinare assolse tutti quanti. Il procuratore Ferrari Ciboldi, che aveva appoggiato Pea e Ziliani nella conduzione dell’indagine, venne licenziato senza troppe cerimonie dall’Ufficio Indagini e messo a riposo. Ricorda ancora Ziliani:
«Lo andai a trovare a distanza di anni a Soresina: il trattamento ricevuto dopo una vita da collaboratore dell’Ufficio Inchieste lo aveva fatto cadere in una fortissima depressione che l’aveva costretto a ricorrere alle cure del professor Cassano, a Pisa. La Federcalcio gli aveva negato anche la tessera per andare a vedere le partite: così, la domenica, Ferrari Ciboldi andava a vedere Cremonese o Brescia, ma solo per l’amicizia con i presidenti di questi due club, che gli aprivano volentieri le porte della loro tribuna.»