Mondiali 1982: San Catenaccio in cima al Mondo

Di Gianni Brera – La Repubblica 13 luglio 1982

Io triumphe, avventurata Italia! Il terzo titolo di campione ti pone accanto al magno Brasile nella gerarchia del calcio mondiale. Hai strabiliato solo coloro che non te ne ritenevano degna, non certo coloro che sanno strologare a tempo e luogo sul mistero agonistico del calcio. La tua vittoria è limpida, pulita: non è neppure venuta dal caso, bensì da un’ applicazione soltanto logica (a posteriori!) del modulo che ti è proprio, e in tutto il mondo viene chiamato all’italiana. Eri partita misera outsider, fra lo scetticismo di tutti coloro che prendevano alla lettera i principi enunciati dal tuo bravissimo e un po’ fissato C.T.

Egli straparlava da anni di imporre il proprio gioco. Ha tentato di farlo e si è amaramente accorto di non averne. L’ha tentato con squadre che gioco non avevano a loro volta. Per la miseria d’un gol ha preceduto il Camerun evitando uno smacco insopportabile per la tua storia gravida di eventi e di allori. In questo primo turno abbiamo un po’ tutti ringhiato il nostro orgoglio deluso, la nostra inaccettabile mortificazione. Ma poche parole scambiate con il C.T. mi avevano convinto d’un sospetto fondato: egli predicava male con la riposta intenzione di razzolar bene.

Il caso ha voluto che cadesse per il secondo turno nella fossa dei leoni sudamericani: con te, misera Italia, la superba Argentina, il tracotante Brasile. E allora il Ct è stato gloriosamente costretto a smentirsi. Ha impostato partita difensiva con l’Argentina e l’ha battuta in breccia. Ha dato nuovo e inatteso lustro alla scuola italiana, da troppi mal giudicata (perché egli stesso, il Ct, contribuiva a smentirne il prestigio con affermazioni contrarie). Santo catenaccio ha gloriosamente attentato alle funzioni epatiche di Luis Cesar Menotti, che ci aveva accusato di passatismo cronico, di imperdonabile ritardo storico, pensa te il bischero della Plata!

Contro il Brasile, quasi la stessa musica. Anche il Brasile aveva battuto l’Argentina, però umiliandola secondo fantasie che molto avevano del rituale africano. Nessuno al mondo avrebbe osato sperare nel miracolo di un’altra vittoria italiana. E invece ha propiziato il nuovo miracolo l’ingenua galloria dei brasiliani, dimentichi d’un assioma fondamentale del gioco: il safety first (primo non prenderle) degli antichi maestri inglesi. Bastava ai brasiliani il pareggio per accedere alle semifinali: hanno dimenticato la difesa mandando anche i terzini a cercare la vittoria. Noi abbiamo fatto esattamente il contrario. Per giunta rifiorito Rossi sulla contorta e bassa siepe del nostro orto improvvisamente dilatato, e aperto ai miracoli.

I pavoni brasiliani non si sono accorti di Rossi, non l’hanno degnato d’un guardo. Ha segnato tre gol e ne ha sbagliato un quarto, il più facile, subendo per giunta un rigore. Di goleada avrebbero dovuto perdere i brasiliani. Sono stati risparmiati dalla fortuna, che i malevoli e i fessi consideravano fin troppo favorevoli a noi. Mi sono accorto a questo punto che capitare nel gruppo dei più forti era stata una bazza autentica. Non avendo gioco, l’Italia esaltava quello degli altri, se ne avevano: e certo non ne erano privi i più forti. Così abbiamo moltiplicato le doti tradizionali delle nostre difese. (…) Il Ct è onesto: chi gli ha mancato di rispetto al difuori della tecnica ha fatto molto male, ha offeso il buon senso e la logica, tanto rari fra gli italioti, che per contro asseriscono di sprecare l’intelligenza (ormai sono convinto che costituisca un’aggravante). (…)

Era un onore e un pericolo affrontare quei marcantoni che in certo modo erano subentrati all’Italia nell’egemonia del calcio europeo. Però si era detto chiaro (noi) che, se avessero osato assumere l’iniziativa del gioco, anche ai tedeschi sarebbe toccata la sorte dell’Argentina e del Brasile.
I tedeschi avevano una paura fottuta nel primo tempo, durante il quale non hanno mai osato distendere i loro attacchi. L’Italia era priva di Antognoni. Questa apparente jattura ha incoraggiato il Ct a confermarsi difensivista con tanta felice paura da meritarsi oggi il titolo di difensivista ad honorem. Ha rinunciato a sostituire Antognoni in centrocampo ed ha infoltito la difesa. Il giovane Bergomi si è preso Rummenigge e l’ha letteralmente cancellato.
Il magnifico Collovati ha ridotto Fischer al suo standard di mediocre (sul piano internazionale). Gentile Sala-ed-Din ha annichilito il vivace Litbarski e Tardelli ha controllato Breitner, Oriali Dremmler, Cabrini Kaltz, terzino d’ala distaccato a fare il mortaista dall’out. (…)

Il nostro Commissario Tecnico ha fatto ricorso senza falsi pudori al culto della difesa e Santo Catenaccio l’ha ripagato con la puntuale solerzia del taumaturgo di elezione. I tedeschi non hanno toccato terra. (…)Alla ripresa, ci siamo presentati convinti che la retrovia avrebbe tenuto. I tedeschi hanno assunto un forcing più fiducioso: hanno tentato un gioco esaltando puntualmente la dialettica del nostro contro-gioco (se cito padre Hegel, non abbiatevene a male). Per un guizzo fulmineo è rifiorito il genio di Rossi. Quanto conta, fratelli, avere uno che sa goleare!
Una volta rotto il ghiaccio, si può anche segnare dopo cinque passaggi cinque in area tedesca.(…)

Il gol di Tardelli è quanto di più elegante sia stato visto da queste parti, voglio dire in una finale di campionato del mondo che toglie fantasia anche ai poeti e santità di propositi ai santi. (…) Annibale e Napoleone vengono celebrati come geni della guerra. Ci si è mai domandato perché? Che diamine: perché gli storici scrivono per i vincitori di quei geni inarrivabili. (…) E grazie a voi, beneamati brocchetti del mio tifo, beneamati fratelli miei in mutande. Avevo pur detto che Paolo Rossi in trionfo è tutti noi. Il terzo mondiale dell’Italia non si discute come non si discutono i miracoli veri. Adios, intanto, tia España, adios.

Gianni Brera, 13 luglio 1982