JORDAN Joe: i denti dello Squalo

Joe Jordan è il tipico esempio di calciatore double-face: fenomeno in patria e con la maglia della Nazionale, gran delusione nei campi di calcio italiani. Un destino che del resto ha coinvolto anche tanti altri giocatori brittannici, Greaves negli anni 60, Blisset, Hateley e Rush a metà anni 80 e più recentemente Gascoigne. Tutti talenti purissimi ed affermati, ma inspiegabilmente incapaci di esprimere il loro potenziale nel suolo italico.

Joe Jordan (Joseph Jordan) nasce il 15 dicembre del 1951 a Carluke, in Scozia, leggermente a sud-est rispetto a Glasgow. Cresce calcisticamente nelle giovanili del Greenock Morton (Prima divisione della Lega Calcio Scozzese) giocando da subito nella posizione di centravanti fin quando, per 15 mila sterline, passA a 19 anni (siamo nel 1970) al Leeds. I primi anni sono quelli più duri, quelli della gavetta senza grandi occasioni per imporsi, fino a quando nel 1973 riesce a disputare 16 gare segnando 9 reti. Dopo tanta attesa finalmente i risultati arrivano, anche grazie ad un curioso e singolare incidente.

Durante un allenamento infatti, tuffandosi per colpire di testa un cross basso, viene centrato alla bocca dal piede di un difensore e perde due incisivi superiori, troncati di netto. Fuori dal campo, Jordan, si avvale dell’ausilio di una protesi, a cui però rinuncia quando gioca a calcio. Secondo alcuni, lo fa per respirare meglio, ma molti sospettano che sia per incutere un certo “terrore” ai difensori. Lui non ha mai confermato nè smentito. Fatto sta che in campo, quando apre la bocca, scopre una specie di piccola voragine che gli conferisce un aspetto truce, evidenziato dai capelli lunghi e dal fisico torreggiante. Questa sua particolare caratteristica gli vale l’appellativo “Shark”, appunto “Squalo”.

Il 1973 è decisamente un anno importante per Joe, infatti in quell’anno arriva anche la prima convocazione nella selezione scozzese e nel contempo disputa la finale di Coppa delle Coppe proprio contro il Milan. Nella stagione successiva Jordan è ormai l’indiscusso centravanti del Leeds ed il giocatore ripaga la fiducia trascinando la squadra alla conquista del titolo nazionale. Anche la sua presenza nella Nazionale Scozzese diviene fissa, tanto che si conquista il diritto di partecipare alla fase finale della Coppa del Mondo 1974 riuscendo anche a segnare due reti, pur venendo la Tartan Army subito eliminata.

La stagione 1974/75 è l’anno della finale in Coppa Campioni contro il Bayern ma anche questa volta il Leeds di Jordan viene battuto. La seconda sconfitta in campo continentale dà il via ad un inesorabile declino per il club, e al termine della stagione 1977/78 è costretto a cedere Jordan al Manchester Utd per la cifra record di 350.000 sterline. Lo Squalo lascia i bianchi dopo 135 partite e 39 reti restando per sempre nel ricordo dei tifosi. Quello di Manchester non è però per lui un periodo troppo splendido, infatti i “Red Devils” non riescono a vincere nessuna competizione. Superato il primo anno di assestamento, riesce a conquistare comunque il favore del pubblico diventando un vero e proprio beniamino. Colleziona 109 presenze ufficiali segnando 37 reti.

Durante questo periodo, lungo tre stagioni, Jordan partecipa alla sua seconda Coppa del Mondo in Argentina nel 1978 ma con scarso successo: la Scozia è ancora eliminata al primo turno (Joe segnerà una rete contro il Perù). Da ricordare la polemica legata al match di qualificazione ai mondiali contro il Galles quando viene concesso il rigore decisivo per fallo di mano del difensore, mentre nella realtà è lo stesso Jordan a toccare con la mano il pallone.

1981: con la riapertura delle frontiere, anche il Milan, appena tornato nella massima serie dopo la prima stagione in B, vuole acquistare uno straniero: girano diversi nomi, si parla di Cruijff, di Zico (che si rivela essere troppo costoso), di Krankl, poi sembra essere fatta per il belga Ceulemans, che trova l’accordo con la società ed è già a Milano, ma il trasferimento sfuma perchè non è gradito alla mamma del giocatore. Si punta così su Jordan, che ha il vantaggio di costare poco: 700 milioni di lire vanno al Manchester United, 500 al giocatore nell’arco dei due anni di contratto.

Accolto all’areoporto di Linate da un migliaio di tifosi e da uno striscione che recita “Welcome, Big Joe”, nella sua prima conferenza stampa giura di non essere avaro e di non bere ed è autore di una frase che non può non renderlo simpatico: “Ho pochi denti, bastano per azzannnare l’Inter”. C’è chi parla, per quel Milan, addirittura di scudetto. Jordan disputerà invece una stagione mediocre, 22 gare e due reti messe a segno, come mediocre sarà tutto il campionato disputato dall’intera squadra. La prima rete in rossonero la sigla in novembre contro il Como e la seconda segna l’inizio della rimonta (da 2-0 a 2-3) contro il Cesena nell’ultima giornata di campionato (rimonta rivelatasi poi inutile: il Milan retrocede).

Qualche altro gol arriva in Coppa Italia: in un derby poi terminato sul 2-2, Jordan segna il gol del momentaneo 2-1; la foto della sua esultanza rimarrà nel tempo come una delle immagini simbolo di un Milan proletario e combattivo. Quei pochi gol (segna anche il gol del 3-0 nell’ultima partita di Mitropa Cup contro il Vitkovice) gli consentono comunque di entrare nel cuore dei tifosi, grazie alla sua grinta e anche all’alone di esotismo che per forza di cose circonda, in un’epoca in cui di stranieri se ne vedono ancora pochi, un calciatore scozzese. La curva gli dedica anche una striscione che recita “Shark kicks again for us”.

La retrocessione è una delusione cocentissima, sopratutto perchè la squadra guidata da Gigi Radice nasceva per ottenere altri risultati (in quella squadra giocano fra l’altro Franco Baresi, Fulvio Collovati, Mauro Tassotti, Alberigo “Chicco” Evani e Walter Novellino). Nonostante la pessima stagione milanese e grazie anche alla poca concorrenza fra i suoi connazionali, Jordan farà parte anche della comitiva scozzese che prende parte alla fase finale della Coppa del Mondo in Spagna nel 1982. Il “Mundial” spagnolo, il suo terzo, sarà però l’ultima occasione per Jordan di indossare la maglia della propria nazionale, terminando così la sua carriera per la Scozia collezionando 52 presenze e 10 reti, l’ultima delle quali segnata proprio nella sua ultima apparizione contro l’allora URSS di Oleg Blokhin.

C’è da segnalare una nota curiosa sulla carriera di Joe in nazionale: lui e Kenny Dalglish sono gli unici due giocatori scozzesi ad aver segnato in tre diverse edizioni della fase finale della Coppa del Mondo per Nazioni. Rientrato in Italia, lo “Squalo” disputa anche la stagione di Serie B nelle fila del Milan contribuendo con 10 reti al ritorno immediato nella massima serie e dimostrando di gradire molto più il campionato cadetto, meno tecnico e molto più fisico, rispetto alla massima serie. Suo compagno di squadra in quella stagione è un giovanissimo Aldo Serena.

Terminata consensualmente l’esperienza rossonera, Jordan si trasferisce per una breve parentesi al Verona. L’emergente club veneto lo acquista con l’intento di affiancarlo a chi tra gli agili Galderisi e Iorio si mostrerà più abile. Ancora una volta però l’impatto con la serie A si rivela fatale. Partito da titolare, le opache prestazioni lo relegano ben presto in panchina convincendo Bagnoli a proporre la strana coppia Iorio-Galderisi, poco prestante sul piano fisico, ma micidiale per velocità, concretezza e vivacità. La stagione è così decisamente sottotono. In tutto gioca 24 (12 in campionato) partite segnando solo due reti. Se non altro lascia di sé un’ottimo ricordo nello spogliatoio contribuendo con la sua esperienza e i preziosi consigli alla crescita dei giovani Galderisi e Iorio.

A questo punto della sua carriera per Jordan non è difficile capire che forse la Serie A non fa per lui e prende la decisione di far ritorno in patria. Non senza alcuni rimpianti: «Dal punto di vista umano moltissimi. A Milano e Verona ho lasciato molti amici. Da quello professionale direi che ho nostalgia solamente per il mio secondo anno nel Milan, in Serie B. Il primo anno è stato tragico ma non solo per colpa mia. L’ambiente era continuamente teso, i rapporti tra allenatore, giocatori e dirigenti difficili. Inoltre la squadra aveva un modulo di gioco al quale non riuscivo ad adattarmi. La stagione successiva, in B, ho avuto più possibilità di mostrare le mie capacità poiché si giocava molto sulle fasce e sia Pasinato che Evani mandavano al centro numerosi palloni che io potevo sfruttare».
Si accasa nel 1984 al Southampton rimanendovi per tre stagioni (1984-1987 con 48 presenze e 12 reti) prima di finire una lunghissima carriera di calciatore con il Bristol City e diventandone in seguito allenatore (sua prima esperienza in questo nuovo ruolo). Nel 1990 lo si ritrova a guidare gli scozzesi dell’Hearts, nel 1993 il Celtic per una breve permanenza, e sempre nel 1993 si trasferisce allo Stoke City per poi tornare nel 1994 al Bristol City. Nel 2000 e per due anni passa ad allenare l’Huddersfield Town. Nel 2004 viene ingaggiato per collaborare allo staff tecnico del Portsmouth, diventando, nel 2005 il secondo di Harry Redknapp. Da buon fedele gregario Jordan segue Redknapp nel suo passaggio, a fine 2008, al Tottenham Hotspur, sua attuale squadra di appartenenza.