L’amichevole tra granata e Feyenoord si disputò il 29 maggio 1984.
- Testo di Sergio Taccone, autore del libro “Storie di cuoio. Pezzi scelti di calcio” (prefazione di Darwin Pastorin, Narrazioni Sportive, 2022).
Lo stadio Comunale di Torino, quell’ultimo martedì di maggio del 1984, presentò larghissimi vuoti sugli spalti. Poco più di seimila spettatori salutarono i campioni d’Olanda del Feyenoord. In campo, con la squadra di Rotterdam, scese anche Johan Cruijff al suo passo d’addio al calcio giocato. La Eredivisie, il massimo campionato dei Paesi Bassi, si era chiusa con Psv e Ajax alle spalle proprio del Feyenoord in un’annata che laureò capocannoniere il diciannovenne Marco Van Basten, in forza ai lancieri di Amsterdam.
Il Torino, guidato da Eugenio Bersellini, piazzatosi quinto in campionato, era in attesa di affrontare la Sampdoria di Renzo Ulivieri nei quarti di Coppa Italia. In tribuna d’onore si notarono Gigi Radice, in procinto di tornare alla guida dei granata, Giovanni Trapattoni (fresco di scudetto e Coppa delle Coppe con la Juventus) e il presidente torinista Sergio Rossi.
Per onorare l’amichevole al cospetto di Cruijff, i padroni di casa si presentarono in campo con i titolari: Terraneo, Francini, Beruatto, Corradini, Danova, Galbiati, Schachner, Caso, Selvaggi, Ferri, Hernandez. L’allenatore del Feyenoord, Thijs Libregts, schierò anche il ventunenne Ruud Gullit, treccine rasta, tra i migliori della stagione olandese andata in archivio con il titolo conquistato dalla squadra di Rotterdam.
Quella sera, a visionare Gullit, arrivò Nedo Sonetti, tecnico dell’Atalanta, pronto ad annotare l’ottima prestazione del giocatore maglia numero 7 del Feyenoord che parte della stampa sportiva italiana dava già vicinissimo alla Juventus, pronta a girarlo agli orobici in prestito. Un giovane esplosivo e veloce, in grado di giocare con aggressività e dotato di un destro di rara potenza. Tre anni dopo diventerà una delle colonne del Milan di Arrigo Sacchi.
In campo, con i campioni d’Olanda, si notò anche la presenza dell’ex granata Michel Van de Korput. Buona fu la partenza di Cruijff che si fece notare per alcuni guizzi all’altezza della sua classe, per nulla scalfita dai 37 anni compiuti un mese prima. Fisico asciutto e tocchi effettuati con la consueta naturalezza mostrata nella sua lunga carriera, come se il tempo per lui si fosse fermato.
Nel pomeriggio, durante una conferenza stampa svoltasi all’Hotel Concorde, Johan confermò il suo ritiro. Gli sarebbe rimasta, dopo la partita contro il Torino, solo l’amichevole tra Olanda e Germania Ovest, sfida celebrativa della finale mondiale del ‘74 dieci anni dopo, arbitrata dall’inglese Taylor e vinta 1-0 dagli arancioni, con rete di Cruijff nel primo tempo. Fu l’ultima partita anche per Franz Beckembauer che Cruijff non esitava a definire “suo amico”.
Nella conferenza stampa torinese, il campione olandese ricordò i momenti della sua carriera in cui fu in procinto di arrivare in Italia, alla Juventus. Boniperti insistette non poco, arrendendosi dopo la mancata riapertura delle frontiere che agevolò il trasferimento di Cruijff al Barcellona. A chi gli chiese di indicare un suo erede, Johan non ebbe dubbi: “Certo, mio figlio Jordi, ha dieci anni e gioca nei pulcini dell’Ajax. Può essere lui il Cruijff del futuro”.
La partita tra Torino e Feyenoord, dopo un primo tempo molto accademico e quasi in assenza di contrasti, dispensando solo alcune iniziative individuali e con gli ospiti nettamente superiori ai granata, si ravvivò nella ripresa. Una punizione di Winstekers, deviata da Galbiati, sbloccò il risultato. Il tocco del difensore spiazzò il portiere Terraneo. Tre minuti dopo arrivò il pareggio su rigore, concesso per atterramento di Selvaggi da parte di Duut. L’arbitro Pieri indicò il dischetto. L’argentino Hernandez trasformò la massima punizione con un tiro forte di sinistro che non diede scampo a Hiele.
La migliore giocata di Cruijff fu una una finta che mandò in confusione un esperto come Zaccarelli che fece alcuni metri non capendo dove fosse finito il pallone toccato dal campione olandese. Una delle più belle finte viste in un campo di calcio. L’amichevole del Comunale si concluse in parità. Nel ‘68, in occasione del precedente confronto tra Cruijff e il Torino, allora guidato da Edmondo Fabbri, i granata erano stati sconfitti dall’Ajax (3-1) in una partita valida per la Coppa Rappan.
Giacomo Ferri, che nel confronto del 29 maggio ‘84 andò in marcatura su Cruijff nella prima frazione, ha ricordato molto bene quel giorno in un’intervista rilasciata ad Alex Bembi:
“Anche se all’epilogo della sua carriera, ci trovammo di fronte ad un giocatore che aveva inventato il calcio moderno, una delle icone mondiali di questo sport. Bersellini mi diede in consegna Cruijff ma era imprendibile. In quell’occasione giocò nonostante uno stiramento alla coscia. Aveva 37 anni, dodici in più di me. Non riuscii mai a prenderlo. Aveva una velocità impressionante, con la muscolatura esplosiva e una tecnica paurosa. Fantastico in tutto: una corsa incredibile, bravo in acrobazia, tecnico, forza fisica e rapidità. Con quelle doti, faceva la differenza anche a fine carriera. Come giocatore, non avrebbe sfigurato negli anni 2000, parlando di caratteristiche fisiche. Se parliamo di quelle tecniche, andava ben oltre l’immaginazione. Spesso e volentieri, nei viaggi in pullman con i compagni guardavamo i filmati delle sue partite. Quel giorno provammo un po’ di emozione nell’incontrare un campione del suo calibro. Giocare contro un mostro sacro come Cruijff non era una cosa di tutti i giorni. Di quella gara e di quel campione ne abbiamo parlato per mesi successivamente. Io avrei voluto scambiare la maglietta con lui ma ebbi quasi timore di avvicinare un giocatore del genere: ero in soggezione. Credo che anche per il pubblico sia valsa la pena pagare il biglietto, per assistere allo spettacolo che sapeva offrirti un solo giocatore. Di Cruijff, come giocatore, allenatore e persona, si parlerà finché esisterà il gioco del calcio”.
Appese le scarpe al chiodo, Cruijff si preparava al suo nuovo percorso come direttore sportivo del Feyenoord. “Sarò una specie di consulente tecnico, dato che in Olanda – dichiarò ad Enrico Heiman della Gazzetta dello Sport – ci vuole troppo tempo per diventare allenatore. La scuola dura cinque o sei anni”. Un anno dopo, tuttavia, non ancora in possesso del patentino di allenatore, Johan Cruijff venne richiamato dall’Ajax per sostituire Aad de Mos nel ruolo di tecnico. Ma questa è un’altra storia.
- Testo di Sergio Taccone, autore del libro “Storie di cuoio. Pezzi scelti di calcio” (prefazione di Darwin Pastorin, Narrazioni Sportive, 2022).