Juventus-Inter 9-1, gloria effimera

Campionato 1960/61: per protestare contro la CAF che invece del 2-0 a tavolino volle far ripetere il match Juventus Inter, Moratti ed Herrera fecero scendere in campo la squadra Primavera. Debutto di Sandro Mazzola, ultima partita di Boniperti.

PROLOGO

Juve-Inter è il derby d’Italia. La suggestiva etichetta risale agli Anni ’30, quando a simboleggiare le nostre vicende calcistiche erano soprattutto la Juventus e l’Inter (che il regime fascista aveva ribattezzato Ambrosiana), nonostante le quattro incursioni del Bologna in cima alla classifica finale. Uno scudetto per l’Inter nella prima edizione della serie A a girone unico, poi il leggendario quinquennio juventino e altri due successi nerazzurri nel ’38 e nel ’40. Considerata la madre di tutte le partite, quella tra Juve e Inter sarebbe rimasta tale per sempre. Avversarie per la prima volta il 14 novembre 1909 a Torino (vittoria bianconera per 2-0 con doppietta di Ernesto Borel), Juve e Inter (veleni di calciopoli a parte…) hanno scritto pagine memorabili nel lungo romanzo del pallone. Scrutando nel passato di una rivalità che si rinnoverà sabato sera a Torino, c’è posto anche per una sfida che alla storia del calcio è stata consegnata soprattutto per le vistose proporzioni del punteggio (9-1) e per le roventi polemiche che la scortarono e la seguirono.

IL FATTO

È il campionato 1960-61, quello nel quale il presidente Angelo Moratti ha messo l’Inter nelle mani di Helenio Herrera, un pittoresco (e costoso) allenatore argentino prelevato in Spagna, interrompendo una sconcertante girandola di tecnici sulla panchina nerazzurra. L’avvio dell’ Inter targata Herrera è stato devastante. Cinque gol a Bergamo, sei a Udine, cinque al Vicenza. Anche il derby d’Italia sorride ai nerazzurri, che a San Siro si sbarazzano della Juve per 3-1 e un mese più tardi conquistano lo scudetto d’inverno, precedendo di quattro punti i bianconeri. A introdurre la sfida di ritorno c’è però una sorprendente flessione dell’Inter, che tra marzo e aprile inciampa in quattro sconfitte consecutive, scivolando a quattro lunghezze dalla Juve. Per i nerazzurri quella di domenica 16 aprile 1961 a Torino è l’occasione per tentare di riavvicinarsi ai rivali. Il Comunale è stracolmo, al punto che le tribune non bastano a contenere tutti gli spettatori, molti dei quali sciamano ai bordi del campo, sistemandosi sulla pista di atletica (e un paio, pare, addirittura sulla panchina di Herrera).

«La gente stava a pochi metri di distanza – ricorda Aristide Guarneri, stopper dell’Inter di allora – ma un pericolo vero e proprio non c’era». Chi la pensa diversamente è l’arbitro genovese Gambarotta, che al 31′ decide di interrompere il gioco, dopo che l’interista Morbello aveva colpito un palo. Il regolamento è abbastanza chiaro. In casi del genere, la vittoria va attribuita alla squadra ospite. Supportata da precedenti simili, dieci giorni più tardi la Lega assegna il 2-0 all’Inter, che torna a intravvedere lo scudetto. Ma il 3 giugno, alla vigilia della domenica conclusiva del campionato, la Caf accoglie il reclamo della Juve e decide che la partita va rigiocata, suggellando in pratica lo scudetto numero 12 dei bianconeri. Proteste, sospetti e accuse si rovesciano sull’ente d’appello, alimentati soprattutto dalla doppia carica di Umberto Agnelli, che è presidente della Juve ma anche della Federcalcio.

LA DECISIONE DI MORATTI

«Il verdetto della Caf, che ci faceva scivolare a due punti dalla Juve, lo apprendemmo a Catania – riferisce ancora Guarneri – dove andammo in campo col morale sotto i tacchetti e perdemmo per 2-0. Ci sentivamo presi in giro». Il più infuriato è il presidente Angelo Moratti, che dopo essersi consultato con Herrera adotta una decisione clamorosa: nella ripetizione della partita, il 10 giugno, l’Inter per protesta lascerà a casa i titolari e schiererà la squadra De Martino, come all’epoca si chiamava la Primavera, età limite dei giocatori 19 anni. Tra i ragazzi della De Martino nerazzurra c’è anche Sandro Mazzola, classe ’42, che della rivoluzionaria scelta di Moratti viene a conoscenza il martedì precedente la partita-bis. «Ce la comunicò Meazza, il nostro allenatore». Emozione, ansia e gioia si mescolano tra i giovani interisti, nessuno dei quali ha mai messo piede in serie A.

«Per me – ricorda Mazzola – si aggiunse un problema. Il sabato avrei dovuto sostenere tre esami per completare il quarto anno di ragioneria. A casa mi dissero che lo studio prevaleva sul calcio e che a Torino non ci sarei andato. Supplicai e piansi invano. Per fortuna il preside si commosse e acconsentì a farmi sostenere gli esami di prima mattina. Un’auto della società mi aspettava davanti alla scuola per portarmi a Torino, dove arrivai giusto in tempo per giocare». Guidata dal tandem Gren-Parola, la Juve schiera quasi tutti i suoi campioni. Ci sono Mattrel e Sarti, Cervato e Colombo, Mora e Nicolè, Charles e Sivori, Stacchini e il trentatreenne Boniperti, che indossa un’insolita maglia numero 4 e che al termine della partita consegnerà le sue scarpette al massaggiatore, dicendo: «Tienele tu, Crova, a me non servono più. Oggi col calcio ho chiuso».

SIVORI SCATENATO

Se l’ultima apparizione di Boniperti coincide con la prima di Mazzola, inevitabilmente in campo non c’è partita. Nove gol della Juve, sei dei quali firmati da Sivori, e uno dell’Inter, autore Mazzola su rigore. «All’inizio eravamo un po’ imbarazzati – chiarisce Boniperti – e non avremmo voluto infierire. Ma Sivori inseguiva il Pallone d’oro, che poi avrebbe conquistato, e ci teneva a segnare il più possibile». Degli undici sbarbatelli schierati da Meazza, Mazzola sarà l’unico a diventare un campione, mentre il portiere Annibale e l’attaccante Guglielmoni avrano una carriera appena discreta.

«Quel sabato a Torino – sottolinea Mazzola – il marcatore di Sivori era Morosi, che sognava di ripresentarsi al suo paese dopo aver bloccato il fuoriclasse argentino. Invece Sivori segnò sei volte e Morosi, disperato, mi confessò che per lui sarebbe stato difficile tornare a casa».
Il campionato 1960-61 va in archivio con la Juve campione a quota 49. Il Milan è staccato di quattro punti e l’Inter di cinque. Per i nerazzurri il giorno della rivincita arriverà dopo poco più di quattro mesi dopo il 22 ottobre 1961, allorché vinceranno per 4-2 sul campo della Juve, che concluderà il campionato al dodicesimo posto, il peggior piazzamento della sua storia, nonostante ci siano ancora Charles, Sivori, Mora e Nicolè. «Ma non c’ero più io» azzarda Boniperti, chissà quanto scherzosamente…

IL TABELLINO

TORINO, 10 GIUGNO 1961
JUVENTUS INTER 9-1
Juventus: Mattrel; Emoli, Sarti; Boniperti, Cervato, Colombo; Mora, Charles, Nicolè, Sivori, Stacchini.
Inter: Annibale; Riefolo, Tacchini; Morosi, Masotto, Dalmaso; Manini, A. Mazzola, Fusari, Guglielmoni, Ghelli.
Reti: 11′ Sivori, 12′ Sivori, 17′ Sivori, 52′ aut. Riefolo, 54′ Sivori, 64′ Nicolè, 67′ Sivori, 78′ Mazzola (IN) rig., 79′ Mora, 90′ Sivori rig.