KEMPES Mario: dalla poltrona del barbiere al tetto del mondo

Il suo nome è legato soprattutto alla storica (per molti versi) vittoria al campionato mondiale del 1978 della nazionale Argentina, competizione nella quale si affermò anche come capocannoniere.

“Se alla prima amichevole non segna entro 15 minuti te lo cedo gratis, se invece segna entro i 15 minuti fissiamo un prezzo per il ragazzo”. Queste furono le parole che nel lontano 1972, in un paesino a pochi km da Cordoba, patria dei boscaioli e del legname di Bell Ville, uscirono dalla bocca del presidente della squadra locale Tossolini. Suo interlocutore Petraglia, il numero uno dell’importante squadra dell’Instituto di Cordoba.

Oggetto del contendere? Mario Kempes. Nato nel 1954 a Bell Ville, Mario Alberto Kempes Chiodi era già un giovane attaccante promettente nel paesino argentino e, incoraggiato dal padre ex-giocatore di calcio, mostrava le sue enormi doti calcistiche nei campetti del paese. Tossolini lo notò fin da subito e fiutò l’affare. Ne parlò con la società e Petraglia accettò la scommessa. Alla prima amichevole con la maglia degli Albirojos, Mario realizzò un gol al 14° minuto e poi ne segnò un altro, un altro e un altro ancora. 4 reti e pesos negli occhi di Tossolini. La cifra fu di 3 milioni, Kempes fu di fatto un giocatore dell’Instituto e da qui nacque la leggenda del matador.

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A sx, Kempes con la maglia del Rosario Central. A dx con la biancoceleste a Monaco 74

Dopo una stagione (1972-73) con i biancorossi passò per 130 milioni di pesos nelle file del Rosario Central e con le Canaglie in 2 anni realizzò 89 reti in circa 100 gare, un vero record. Kempes ha 22 anni e pare già un bomber con 10 anni di esperienza alle spalle. E la nazionale Argentina non ci pensa due volte a chiamarlo per i mondiali di Germania 1974. Voluto già dall’ex c.t. nonché immenso giocatore Omar Sivori, Mario vestì la maglia 10 dell’Argentina. Dopo essere passati per il rotto della cuffia nel girone iniziale tosto con Polonia, Italia e la cenerentola Haiti, l’Argentina si fermò in quello di Semifinale con Olanda, Brasile e Germania Est.

Kempes non realizzò neppure gol ma fu tutta la squadra a risentire delle scelte tattiche inadeguate dell’allenatore Vladislao Cap. Veloce, attento ai palloni, realizzatore in modalità “chirurgo del pallone”, fu notato anche dall’Europa, in particolare dai Pipistrelli del Valencia. Anzi, a dirla tutta fu il mago Di Stefano, allenatore degli spagnoli a sbavare vedendo le partite argentine di Mario. Nel 1976 inizia la carriera europea con i bianco neri, probabilmente i suoi anni migliori dal punto di vista di club. Segna reti a valanga. Con due Pichichi (’77 e ’78) è il miglior realizzatore della Liga.

Ma a Kempes non basta segnare, vuole anche vincere. E l’occasione regina scoppiò come un bomba in uno stagno con i successivi mondiali, in casa per giunta, di Argentina 1978. Kempes è titolare con grandissimi giocatori come Ardiles (clicca qui per la sua storia), Bertoni, Passarella e Luque. Il c.t. Menotti lo arretra leggermente come ala sinistra dietro a Luque e lo spettacolo tattico si fa sentire alla prima gara con l’Ungheria, un 2-1 secco con reti di Luque stesso e Bertoni. Poi è la volta della Francia del giovane Platini, un altro 2-1. Alla terza partita è storia, più nostra che loro, perché l’Argentina si arrese agli azzurri con un gol di Bettega dopo un’azione titanica con Rossi. Ma fa lo stesso, Kempes va nel girone B della Semifinale. Non ha ancora segnato. Sfortuna? Forse.

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“Giocai con barba e baffi la prima partita, e anche la seconda. Non segnai. Alla terza, decisi di tagliarmi la barba. E non segnai lo stesso. Così mi incrociò Luis Menotti, il ct, che mi aveva visto giocare e segnare a valanga a Valencia senza barba né baffi, e mi disse: Senti, perché non ti tagli anche i baffi e vediamo se la fortuna gira?”. Mario accettò il consiglio mistico di Menotti e con faccia liscia come il marmo si scolpì un altro volto, quello del mito. Due reti alla Polonia di Lato (clicca qui per la sua storia), un stancante 0-0 con i rivali di sempre, i brasiliani e per finire altri due gol contro il Perù schiantato 6-0, Kempes e compagni accedono alla finalissima, a Buenos Aires contro la corazzata olandese, già seconda nei mondiali precedenti.

Davanti a circa 80 mila spettatori Kempes, al 38° del primo tempo infila la porta di Jongbloed. Per i ¾ d’ora successivi sembra fatta ma allo scadere un gol di Nanninga pareggia i conti. Si deciderà tutto nei supplementari. Ma Mario sa cosa deve fare, è nato per questo. Ad una manciata di secondi alla fine del primo tempo supplementare realizza, dopo un bellissima azione, un secondo gol. L’Argentina va in vantaggio e la nazione esplode ma non è finita perché un terzo gol, questa volta di Bertoni all’11° del secondo tempo supplementare, distrugge definitivamente l’Olanda. L’Argentina è campione del mondo per la prima volta nella sua storia e Kempes è il re assoluto. Nel caos generale della serata non stringe la mano al generale Videla, provocando biechi rumors politici. “C’era troppa confusione in campo, non l’ho visto”, replica poi in una intervista.

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Kempes con la maglia del Valencia

Mario ritorna in Spagna da Matador del Mondiale e non si arrende alla gloria. Nel 1980 conquista coi Pipistrelli valenciani la Coppa delle Coppe a Bruxelles contro l’Arsenal, vincendo 5-4 ai calci di rigore. Sembra un avvenimento straordinario il primo rigore del Valencia sbagliato da Kempes ma nulla importa perché si vince ugualmente la coppa, ahimè poi abolita nel 1999. Pochi mesi dopo è la volta della Supercoppa Europea acciuffata ai danni dell’incredibile Nottingham Forrest di Clough.

Dal 1981 inizia però una serie di infortuni che gli costeranno anche le prestazioni pessime ai Mondiali di Spagna 1982 dove lascia, per sua volontà, la maglia 10 al suo erede, il giovane Maradona. Supererà il maestro ma questa è un’altra storia. Ha una breve parentesi nel River Plate, chiamato tra i Millonarios per contrastare il Boca di Maradona, ma a fine stagione fu ceduto nuovamente al Valencia per problemi economici della società. A volte il nome centra poco con la sostanza.

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Deludente al Mondiale spagnolo del 1982

Al ritorno in Spagna inizia la fase calante di Mario, gli infortuni, le poche belle prestazioni ne fanno il suo tramonto calcistico. Giocherà per altri 10 anni circa, tra i quali si ricordano i 6 passati fra i monti austriaci con le maglie del First Vienna, del St. Polten e del Kremser, alternando prime e seconde categorie del campionato austriaco. Nel 1993 da il primo addio al calcio con l’amichevole Valencia-PSV, due anni dopo il secondo in Argentina con l’amichevole Rosario Central-NOB conclusasi in anticipo per scontri fra tifoserie. Un anno dopo il terzo e definitivo in Indonesia, col Pelita Jaya. Tre addii, tre finali come se fosse un’opera di Wagner. L’IFFHS lo ha posizionato al numero 6 fra i giocatori più importanti del secolo passato proprio perché lui è stato il protagonista di un’enorme opera calcistica.

Allenatore prima, commentatore sportivo poi ne fanno il resto della sua vita. Ma a noi ci piace ricordare quei ferventi anni giovanili dove, neanche a soli 24 anni Mario Kempes alza la Coppa del Mondo mettendo, come disse Maradona anni dopo, “il calcio argentino sulla mappa del calcio mondiale”.