KINDVALL Ove: il risveglio del ghiro

Nei mesi invernali il bomber svedese andava in letargo, ma negli altri diventava una vera macchina da gol. Suo quello decisivo nella finale della Coppa dei Campioni 1970, il più importante nella storia del Feyenoord.


Svezia e grandi cannonieri, un legame che nel corso del tempo non è mai venuto meno. In un ipotetico podio, assegnati d’ufficio i primi due posti rispettivamente a Zlatan Ibrahimovic e Gunnar Nordahl, per il terzo ci sarebbe solo l’imbarazzo della scelta tra i molteplici candidati, a partire da Sven Rydell (attivo negli Anni ’20 e ’30 e con 49 reti in 43 partite secondo miglior cannoniere della nazionale svedese) a Kurt Hamrin, da Ralf Edström a Kennet Andersson e Henrik Larsson.

Poi ci sarebbe Ove Kindvall, l’unico tra i giocatori sopraccitati a vedere una propria rete votata pressoché all’unanimità quale gol più importante nella storia di una squadra di club, il Feyenoord nel suo caso.

Accadde il 6 maggio 1970 a Milano, finale di Coppa dei Campioni tra Feyenoord e Celtic, risultato bloccato sull’1-1 dopo 117 minuti di gioco; ne mancavano ancora tre, poi tutti sotto la doccia con la mente già proiettata alla ripetizione dell’incontro, normalmente prevista un paio di giorni dopo. Non successe nulla di tutto questo; capitan Rinus Israel calciò una punizione in profondità scavalcando il difensore scozzese Billy McNeill il quale, sorpreso dal lancio, saltò colpendo la palla di mano in piena area di rigore. L’arbitro Concetto Lo Bello non fischiò, lasciando che la sfera giungesse a Kindvall, decentrato sul lato sinistro dell’area, che con un vellutato pallonetto superò il portiere mettendo a segno una rete tanto difficile quanto importante. La più importante per il Feyenoord, che mise in bacheca la prima e unica Coppa Campioni della sua storia, anticipando di un anno l’esplosione del grande Ajax di Cruijff.

La rete di Kindvall che valse la Coppa Campioni al Feyenoord

Kindvall era sbarcato a Rotterdam all’inizio della stagione 1966-67 grazie ai buoni uffici del connazionale Harry Bild, primo straniero in assoluto nella storia del Feyenoord. Fino a quel momento l’attaccante svedese non aveva mai lasciato casa, ovvero Norrköping, cittadina industriale soprannominata la “Manchester svedese”, dove era nato il 16 maggio 1943 e nella cui squadra, l’IFK, aveva militato fin dall’età di 11 anni seguendo le orme del padre, il quale però non era mai riuscito ad andare oltre la seconda squadra. Kindvall invece si ritaglia un posto da titolare sin dalla giovane età, arrivando a vincere nel 1963 un campionato svedese e laureandosi, tre stagioni dopo, capocannoniere. Ma superati i vent’anni la Svezia comincia a stargli stretta, Ove vuole un campionato professionistico.

Lo trova in Olanda, preferendolo alla Liga spagnola e alla Serie A italiana, tornei in cui «il calcio è vissuto in maniera totalizzante, occupando la vita del giocatore sette giorni su sette». Gli inizi sono più difficili del previsto, e il maggior problema di Kindvall risulta essere proprio l’amico Bild, che nel 4-2-4 con cui si schiera il Feyenoord gli pesta i piedi spesso e volentieri, facendolo accomodare in panchina in più di un’occasione.

Agile e veloce nel breve, fisico minuto (1,76 x 67), il regno di Kindvall è l’area di rigore, nella quale non ammette intrusi. Con il passaggio al 4-3-3 arriva la svolta definitiva, trasformandolo da Ghiro (così soprannominato perché nei mesi invernali il suo rendimento calava, quasi andasse in letargo, un atteggiamento da lui giustificato dicendo che «in Svezia d’inverno non si gioca, i calciatori si riposano») in Macchina da Gol. I numeri non mentono: 22 reti il primo anno, quello di “assestamento”, quindi 28, 30, 25 e 24, per un totale di 129 gol in 144 incontri di campionato, tre titoli di capocannoniere vinti, la nomina per la seconda volta quale Calciatore Svedese dell’Anno (la prima era arrivata quando ancora giocava in Svezia), due campionati olandesi, una Coppa d’Olanda, una Coppa dei Campioni e una Coppa Intercontinentale messe in bacheca.

In più tante partite da ricordare: una quaterna rifilata in trasferta all’Ado Den Haag che fece esclamare all’allora allenatore dei gialloverdi Ernst Happel «questo è l’attaccante degli attaccanti», la doppietta all’Haarlem nel suo incontro d’addio al Feyenoord (6 giugno 1971), la già citata finale di Coppa Campioni, la rete del definitivo 2-2 nella bolgia della Bombonera di Buenos Aires nell’andata della Coppa Intercontinentale contro l’Estudiantes de la Plata, autentici picchiatori in tenuta da gioco che l’anno prima avevano “omaggiato” il Milan di Rocco con pugni, gomitate e calcioni, inutili però per portare a casa la coppa. Missione che gli argentini fallirono anche contro il Feyenoord.

Con la Svezia Kindvall vanta 44 presenze e 16 reti, con due partecipazioni ai Mondiali (Messico 70 e Germania Ovest 74) in cui lo si è però visto agire più come centrocampista che non come punta, un ruolo in cui con il passare degli anni ha progressivamente perso efficacia, anche perché una volta terminata l’avventura con il Feyenoord il calcio non è più stato al centro della sua vita.

Quando Kindvall lascia Rotterdam nell’estate del ’71 non lo fa infatti per un’altra avventura in terra straniera, come era logico pensare per un attaccante di 28 anni nel pieno della carriera, bensì per ritornare in Svezia. Il suo pensiero è la famiglia («giochi il giorno di Santo Stefano, a Pasqua, in estate, e intanto il tempo per stare con i tuoi cari ti sfugge dalle mani»), ci sono i figli che crescono, ai quali intende dare un futuro con basi solide. Kindvall trova un lavoro presso un’industria cartaria di Norrköping e rientra nei ranghi delI’IFK, che lascerà nel 1974 per chiudere la carriera con un altro IFK, questa volta di Göteborg, città nella quale si era nel frattempo trasferito per motivi di lavoro.

A cavallo tra gli anni 80 e 90 il figlio Niclas tenterà di seguire le orme del padre senza particolare successo, con una sola dimenticabile puntata all’estero (nel 1995 fu tesserato dall’Amburgo, poco prima fallì un provino al Feyenoord) in un’anonima carriera spesa tutta nel campionato svedese. Il padre invece, che nel corso degli anni ha lavorato anche per la lotteria svedese e come seconda voce nelle telecronache tv, si reca ogni anno al De Kuip di Rotterdam per l’open day stagionale del Feyenoord. Come Nordahl nel Milan e Larsson nel Celtic, anche Kindvall ha fatto la storia di un club. Il suo pallonetto in quella notte di S. Siro ha lasciato un segno. Indelebile.

Testo di Alec Cordolcini