La luna nel Pozzo

È sempre il telefono il grande protagonista degli scandali del calcio italiano. L’illecito corre sul filo anche per l’inquietante «caso Pozzo», che esplose in casa Udinese nel luglio 1990.

Nella stagione 1989/90 l’Udinese rinforzata da due nazionali argentini, il difensore Sensini e l’attaccante Balbo, nonché dalla bandiera madridista Ricardo Gallego, si appresta a disputare il campionato di Serie A che precede i Mondiali 90 con un certo ottimismo. Tuttavia i rinforzi non basteranno a far compiere un salto di qualità alla neopromossa squadra bianconera, che sarà di nuovo retrocessa con 27 punti, quart’ultima.

Passata per l’avvicendamento in panchina a fine dicembre tra Bruno Mazzia e Rino Marchesi, l’Udinese del Presidente Pozzo arriva a giocarsi la salvezza in Serie A all’ultimo turno, in una nutrita bagarre che la vede contrapposta a Cesena, Fiorentina, Genoa e Verona per gli ultimi due posti disponibili: pur superando l’Inter campione uscente al Friuli in un pirotecnico 4-3, i risultati provenienti dagli altri campi condannano i bianconeri all’immediato ritorno in Serie B. Con i friulani retrocedono anche il Verona, la Cremonese e l’Ascoli.

Nel luglio 90, subito dopo la fine dei Mondiali, esplode improvvisamente l’inquietante «caso Pozzo». È allora che l’Ufficio indagini, condotto da Consolato Labate, si occupa di una strana vicenda di frasi e mezze frasi, accaduta un paio di mesi prima.

Pare che venerdì 20 aprile 1990, antivigilia di Lazio-Udinese, il telefono di Carlo Regalia, direttore sportivo della Lazio, sia stato messo sotto pressione. Un primo squillo in mattinata: è il presidente dell’Udinese Pozzo, che sta cercando l’irreperibile suo collega laziale Calleri: «Sai che domenica giochiamo….» informa il presidente. «Certo, conosco il calendario», ribatte gelido l’interlocutore, chiudendo la conversazione.

Nel pomeriggio, nuova telefonata: secondo la futura deposizione dello stesso Regalia, questa volta il presidente friulano è un tantino, per così dire, nervoso: «Di’ al tuo presidente che non può sfuggirmi così perché se le cose vanno come non devono andare, io lo prendo per un orecchio e gli faccio fare il giro di tutto lo stadio…»

Il terzo squillo il sabato mattina. Calleri è di nuovo introvabile, il nervosismo (e, stando a Regalia, il turpiloquio) di Pozzo lievita: «Se non vinciamo» ulula «faccio un tale casino che io e lui (Calleri, ndr) usciamo dallo stadio col cellulare». Quello stesso sabato (21 aprile), il presidente Calleri, informato dell’accaduto da Regalia, decide di chiedere consiglio al segretario generale della Figc, Petrucci.

Presidente e direttore sportivo vengono convocati dal presidente della Federcalcio, Matarrese, due giorni dopo la partita (che è finita 0-0). Di lì a poco scatta l’inchiesta, prima in sordina, poi, appunto in luglio, alla luce del sole. Il presidente Pozzo nega recisamente ogni addebito, persino una fantomatica registrazione telefonica, che lo inchioderebbe alle sue responsabilità, compare e sparisce in un breve giro di giorni e indiscrezioni.

L’Udinese, pericolante in aprile, è poi retrocessa; la partita ha avuto un andamento regolare, perché la società friulana dovrebbe pagare un prezzo? Gli interrogativi del presidente bianconero si infrangono sugli scogli processuali: il tentativo dei suoi legali di far derubricare l’atto di accusa, riducendolo a un semplice comportamento antisportivo, fallisce: il 31 luglio la commissione disciplinare, pur dimezzando le richieste dell’accusa, affossa l’Udinese.

La società è condannata a quattro punti di penalizzazione, da scontare nel successivo campionato, e il presidente, comunque dimissionario, viene squalificato. Il pronto ricorso alla C.A.F. si rivela… provvidenziale: i punti di penalizzazione salgono infatti a cinque. Commenta Pozzo:

«Si è fatta ingiustizia: al mio posto avrebbe dovuto esserci Calleri. Mi chiedo ancora perché si è fatto ripetutamente negare dal suo direttore sportivo Regalia e dai suoi collaboratori. Nello stesso giorno in cui io ho telefonato alla Lazio, mi ero ripromesso di chiamare anche l’on. Matarrese: volevo chiedere il suo placet per rivolgermi agli organi federali. Ma loro, evidentemente, sono stati più bravi di me. Se avessi avuto la volontà di compiere un illecito sportivo, non l’avrei mai fatto per telefono. Mi dispiace molto che si creda a Regalia e non a me, ma io non sono un bugiardo. Non lo sono mai stato».

Per questo motivo l’Udinese mancherà la promozione in A nel successivo torneo cadetto. Come dire: piange il telefono.