La storia del Calciomercato

Parte 3: A tempi debiti…

Dal «colpo» per l’acquisto di Zoff allo sfratto dall’hotel Gallia. Tardelli è il primo giocatore-miliardo. Savoldi, a ruota, raddoppia. I deficit si ingigantiscono, ma non frenano le supervalutazioni.

IL MERCATO fa crescere la febbre dell’estate. Davanti al «Gallia» centinaia, addirittura migliaia di tifosi attendono notizie sui trasferimenti più clamorosi. Quando il Napoli tratta Sivori, sul piazzale ci sono parecchi scugnizzi che indossano la maglia azzurra con il numero 10, applaudono ogni qual volta un dirigente della società entra o esce dall’albergo. L’atmosfera da Barnum trasforma la hall dell’albergo quasi in un bivacco. Kermesse fra parolai, tutti hanno il campione da piazzare, tutti giurano sulle sue qualità. Andirivieni in ascensore, telefoni che squillano dappertutto, P.R. all’opera per magnificare il centravanti o il portiere; svolazzanti donnine pronte a partecipare ai brindisi di rito per suggellare qualche affare.

GAFFES. Arrivano sempre nuovi dirigenti, si moltiplicano le gaffes. L’avvocato Colantuoni ha appena assunto la presidenza della Sampdoria, vuol bruciare le tappe, saltare l’apprendistato. Forse non si fida troppo di consulenti occasionali, spia perfino il proprio consigliere e sulla sua agendina zeppa di nomi ne legge due: Ferri-Potenza. Poi scende, chiede al barman Oscar di indicargli qualcuno del Potenza con cui entrare in contatto. Lo trova, si qualifica come presidente della Sampdoria, senza preamboli o larghi giri di parole va al sodo, vuol comprare quel Ferri… L’interlocutore resta allibito, è lui Ferri, è il presidente del Potenza, suo collega.

LAVORO. L’avvento di Gioacchino Lauro al vertice del Napoli porta nuova vivacità, anche simpatia, in un mercato che già freme per la caccia a Riva e sul quale, ovviamente, il dirigente cagliaritano Arrica è il più corteggiato. Nel luglio 1967 Gioacchino Lauro fa il «colpo alla napoletana». Milan e Inter si contendono a lungo Zoff, portiere del Mantova. Ad ogni colloquio il prezzo sale. Il Napoli sta alla finestra, attraverso alleanze esterne segue la trattativa passo per passo. Si avvicina la mezzanotte, chiusura del mercato. Dove giocherà Zoff? È il grande interrogativo. Si attende l’arrivo di Moratti, come sempre in extremis, giusto in tempo per siglare l’ultimo affare e brindare a champagne. C’è una folla davanti al Gallia, telecamere TV, il mercato è fenomeno nazionale che polarizza tutto. Tifosi irrequieti, polizia per tenere un po’ d’ordine, ma anche gli agenti sono tifosi. Moratti deve entrare da una porta secondaria. Mezzanotte suonata, tappi che saltano, Zoff che resta al Mantova. Cinque minuti dopo il fatidico termine si brinda intorno a Gioacchino Lauro: il Napoli annuncia l’acquisto di Zoff. Non sarebbe legale, a mercato chiuso. Ma le vie delle raccomandate sono infinite e tutto diventa regolare. Che sono, in fondo, solamente cinque minuti per un portiere di calcio?

FUORI CAMPO. Intorno a questo strano mondo del pallone si intrecciano anche affari fuori campo. Le relazioni personali, fra presidenti ad alto livello, hanno sempre avuto il loro peso; determinante. Continuano ad averlo, superano le trattative fra manager. Non c’è bisogno del «Gallia». Ci si trova a mezza strada, magari sulla Riviera, oppure a bordo di qualche panfilo, in Sardegna, dove si pensa che uno vada per Riva e invece parla di Sivori. Ci sono sempre interessi economici che valgono più di un rapporto tecnico-calcistico. Il trasferimento di Omar Sivori dalla Juventus al Napoli taglia fuori tutto l’apparato del mercato. Telefono rosso, fra Lauro presidente onorario del Napoli e Gianni Agnelli «padre» della Juventus. Non parlano di cifre, s’intendono presto. Verosimile il pagamento non in quattrini bensì con talune concessioni in affari di più vasta portata. L’armatore napoletano è intenzionato ad aggiudicarsi il trasporto in Australia delle automobili costruite dall’impero torinese. Sivori diventa l’emblema del San Paolo.

FORTUNA. A volte negli acquisti di giocatori bravi c’entra anche il caso, la fortuna. Come per Pietruzzu Anastasi. Il Varese gioca in serie B a Catania; la squadra riparte in aereo il lunedì, il volo è completo, c’è una signora prossima alla maternità che deve raggiungere in fretta Milano. Il manager varesino Casati le cede il posto. Resta a Catania un giorno, per curiosità assiste ad un allenamento di calcio della Massiminiana e scopre Anastasi. Lo paga 45 milioni. L’aveva rifiutato Mazza «perché non si fidava». Il Varese viene in A, Anastasi fa 11 gol ed è in vetrina. Fraizzoli, da poco presidente dell’Inter, medita il colpo. Sogna di affiancare il centravanti siciliano a Mazzola, e tratta con insistenza senza limiti di cifre. Il 18 maggio 1968 l’Inter gioca in amichevole con la Roma a S. Siro, l’occasione buona per provare il tandem Mazzola-Anastasi. Il centravanti varesino segna due gol, Fraizzoli è felice, la signora Renata sorride gioiosa. Fraizzoli pensa che sia ormai sufficiente siglare un accordo che gli hanno detto praticamente concluso. Paga l’ingenuità del nuovo arrivato. Poco distante da lui, nella stessa tribuna d’onore dello stadio meneghino, il presidente varesino Borghi annuncia che Anastasi è della Juventus. Nessuno, prima di quel momento, aveva sentito nemmeno sussurrare il nome della «Signora» a proposito di Anastasi. Prezzo ufficiale 660 milioni. Ma pare che il pagamento avvenisse attraverso forniture industriali, apparati motori per i frigoriferi della Ignis.

CONTESTAZIONE. Nel 1969 la Sampdoria rischia di restare travolta dalla contestazione dei tifosi. Ha un gioiello a centrocampo, Bob Vieri, e un mastino in difesa, Francesco Morini. La coppia vale un miliardo. Questa cifra-record viene sborsata dalla Juventus. I tifosi della Sampdoria fanno addirittura stampare un fac-simile di banconota con le effigi di Vieri e Morini, la dicitura «1000 milioni di sogni nel cassetto» e l’annotazione in calce «la legge del campionato punisce i dirigenti che hanno pensato solo al bilancio». Sul retro la filastrocca «I milioni abbiamo in banca / ma la squadra male arranca / se quest’anno ci salviamo / solo il cielo ringraziamo». La valutazione parziale di Vieri è di 675 milioni.

SFRATTO. Scoppia intanto la guerra degli alberghi. Il 28 aprile 1969 il direttore del «Gallia», sede del mercato, invia ai presidenti di società una lettera con la quale dava lo sfratto alla fiera dei piedi. «Nell’approssimarsi del periodo in cui qui a Milano – dice fra l’altro la lettera – si svolgono quegli annuali incontri che corrono sotto la denominazione di mercato del calcio, ed allo scopo di evitare gli incresciosi e poco edificanti affollamenti di estranei e curiosi, purtroppo creatosi in passato nelle sale del nostro albergo, questa direzione è venuta nella determinazione di non consentire in tale periodo l’accesso ai locali dell’albergo alle persone che non vi soggiornano…». C’è un po’ di disciplina, parte della tappezzeria calcistica resta emarginata, ma la confusione rimane, la kermesse delle parole s’impadronisce ancora dei saloni dell’albergo dove gli inservienti, per precauzione, tolgono i vetusti tappeti che rischiano di restare bruciacchiati dai mozziconi; si spegne addirittura l’aria condizionata per creare un certo disagio e indurre tutto l’eterogeneo mondo estivo del pallone a cercarsi un’altra sede.

HILTON. Il mercato, nell’immagine che ha assunto, può dar noia, intaccare vecchie tradizioni. Ma muove pur sempre un considerevole volume di affari, di spese vive, per trasferte, soggiorni, pasti, brindisi e ammennicoli vari. Lo sfratta il «Gallia», lo accoglie a porte aperte il vicino «Hilton» che organizza qualcosa di più, allestisce la sala stampa con servizio di segreteria, telex, venti cabine telefoniche. Il debutto del 1970 registra uno dei più complicati affari, mentre il deficit delle società continua a salire e comporta dilazioni di pagamenti, comproprietà al 50, al 33, persino al 25 per cento; prestiti gratuiti o con diritto di riscatto; premio d’ingaggio ripartito fra società vecchia e nuova società; sottobanco quando ci si deve trasferire al Sud, in zone calcisticamente depresse. Per stabilire il valore di Vitali, centravanti che dal Vicenza passa alla Fiorentina, bisogna ricorrere alla consulenza di esperti in economia, dovendosi valutare pure le carature delle due società (nella proprietà di Maraschi e di Scala che dalla maglia viola passano a quella biancorossa; c’entrano anche Poli e il Cagliari, al quale l’anno dopo dovrà andare Vitali per affiancare Riva. E tutto questo per una valutazione di 700 milioni.

ANNUNCIO. Zoff torna sul mercato nel 1972, destinazione Juventus. Al pranzo con cui la «Vecchia Signora» festeggia lo scudetto l’avvocato Gianni Agnelli annuncia l’acquisto del portiere. Italo Allodi, che da quattro anni dirige le manovre bianconere, viene colto in contropiede: di Zoff, finora, nessuno ne aveva parlato, non c’erano neppure barlumi di contatti con il Napoli. Ma non può deludere l’avvocato, Allodi si mette al lavoro, conclude la trattativa con qualche ansia: 600 milioni e il portiere Carmignani che dal Po va all’ombra del Vesuvio. Il Milan beffa l’Inter per Chiarugi e cede Prati alla Roma. La Fiorentina preleva Antognoni dal Macobi Asti: 720 milioni, l’affare più clamoroso realizzato da una società di Serie D.

MEDIATORE. II mercato lievita ad ogni nome che vi viene buttato. I mediatori sono ormai i veri e unici padroni di questa fiera estiva della vanità. Il posto di Viani e di Mazza viene coperto da operatori che valgono sì e no un decimo di questi «maestri», Allodi manovra da lontano, poi l’incarico alla federazione lo distoglie e l’allontana dall’estate milanese. Romeo Anconetani, squalificato a vita per illecito e poi amnistiato, si avvale di un’organizzazione capillare che gli consente di controllare la fascia delle società medio-piccole. Capita più di una volta che venda a se stesso un giocatore, trasferendolo cioè da una società ad un’altra sotto il suo controllo operativo: assegni e cambiali passano da un taschino all’altro della sua giacca. Per ogni mossa, intasca il 5%. Il sindacato calciatori sta alla finestra, dichiara guerra ai mediatori, si batte perché le trattative avvengano in una sede federale e propone il centro tecnico di Coverciano. La spuntano i mediatori, che restano a Milano. La federazione invia sul mercato gli 007 dell’ufficio inchieste, per controllare la regolarità dei trasferimenti; per accontentare anche il sindacato di Campana.

MILIARDO. Per 800 milioni Boni e Pecci vanno rispettivamente alla Roma e al Torino, l’Inter si porta al vertice delle spese con gli 850 milioni versati al Varese per l’ala Libera. Ormai siamo in vista del traguardo del miliardo, che pareva così lontano… lo raggiunge la Juventus per Tardelli a beneficio del Como. Primato bianconero per poco. Incalza il Napoli, pare che la società partenopea voglia conquistare almeno gli scudetti estivi. Da Jeppson a Pivatelli-Ronzon, da Zoff a Savoldi. Il centravanti del Bologna cambia casacca per 1 miliardo e 800 milioni. Savoldi è appetito dalle «grandi», ma gli accordi fra Agnelli e Conti, presidente rossoblu, impediscono che il centravanti finisca al Milan o all’Inter che si potenzierebbero oltremisura. A guidare l’attacco del Napoli non dà fastidio. Il Bologna ha bisogno di quattrini, deve realizzare: riscuote 1200 milioni in contanti e in aggiunta gli arrivano Clerici e, in comproprietà, Rampanti.

TOP SECRET. Il mercato si trasferisce alla periferia di Milano, al «Leonardo da Vinci» di Bruzzano. Gli operatori vengono «tesserati» come nei centri «top-secret» della NASA; hanno a disposizione il centro congressi, segreterie telefoniche, telex; alcuni si tengono in contatto con l’esterno con il walkie-talkie, molti hanno il bip-bip per la ricerca automatica telefonica. L’atmosfera è quasi irreale. Che differenza con i tempi passati. E che malinconia. Una volta i trasferimenti, almeno dei giocatori più noti, avevano pur sempre qualcosa che affascinava. Oggi si è al supermarket. Lucchi, allenatore del Pisa, passato a mansioni manageriali, propone addirittura la vendita dell’intera squadra.

SUPERMARKET. Vi si inquadrano episodi che riguardano le società di periferia, quelle che non hanno i soldi per presentarsi a Milano. Il Parteolla, squadra sarda del campionato di terza categoria, acquista l’attaccante Aldo Rumbolon, dal Settimo Torinese, per «tre vasche di vino». La stessa società nella stagione successiva cede alla Seklese il centrocampista Giuseppe Murgia, di 27 anni, per «un prosciutto e una capra». Il calcio-mercato è anche questo. Non luccica di miliardi, talvolta ha il colore del vino o il profumo del prosciutto.

PAZZIE. Intanto alcuni presidenti fanno autentiche pazzie. L’estate del 1978 manda in orbita due centravanti, sono Roberto Pruzzo, «o rey di Crocefieschi», e Paolo Rossi. La valutazione che il Genoa dà al suo cannoniere sembra irreale, un miliardo più di quella che tre anni prima aveva avuto Savoldi. La Roma sta costruendo la squadra del futuro, dello scudetto. Pruzzo è suo per 2 miliardi 750 milioni. Più clamore ancora, però, lo solleva Giussy Farina, presidente del Vicenza. Deve risolvere la comproprietà di «Pablito» con la Juventus attraverso le offerte segrete in busta. Boniperti cerca l’accordo, gli anticipa che scriverà, sull’offerta, 750 milioni. Farina pensa che l’astuto presidente juventino voglia soffiargli Rossi per qualche lira in più dei 750 milioni. Fa così un po’ di conti e scrive due miliardi 240 milioni! E se lo tiene. All’apertura delle buste, presso gli uffici della Lega calcio, Farina ci resta maluccio: Boniperti non aveva bluffato. L’anno dopo Paolo Rossi lascia il Vicenza e va in prestito al Perugia registrando comunque un record: 800 milioni per il disturbo. Il centravanti costa 26 milioni e mezzo a partita.

GLI STRANIERI. Nel 1980 si riaprono le frontiere. Gli ultimi stranieri ad arrivare erano stati nell’estate 1964 il peruviano Gallardo (Cagliari), il francese Combin (Juventus) e l’argentino Longo (Cagliari). Il mercato assume nuove dimensioni, ancora più stratosferiche. Sono gli stranieri i pezzi più ricercati e più pagati. Vengono a giocare sui nostri campi talenti confermati come Bertoni e Prohaska, soprattutto Falcao, Brady e Krol. Ma vengono anche mezze figure quali Danuello Luis Silvio e Fortunato. Il filone con l’estero porta il mercato a quotazioni ancora più alte anche per i giocatori nostrani: una legge proprio da mercato. Così, se diventa difficile poter stabilire con precisione il prezzo pagato dal Cesena per l’austriaco Schachner, dalla Fiorentina per l’argentino Passarella, dall’Inter per Muller perché ci sono di mezzo barriere valutarie da infrangere senza… infrangerle – trovare cioè l’inghippo giusto per sfuggire alla legge – ecco la Sampdoria pagare 4 miliardi al Bologna per il giovane attaccante Mancini. Ed ecco lo stopper della nazionale, Collovati, saltare dalla sponda del Milan a quella dell’Inter con una valutazione complessiva che si può collocare intorno ai cinque miliardi, essendo entrata nell’operazione la comproprietà del trio nerazzurro Canuti- Pasinato-Serena, che per una stagione veste la maglia rossonera.

PLATINI. Certo, gli stranieri fanno sensazione. La Juventus mette tutti in riga con l’acquisto di Michel Platini. Un’operazione quasi segreta, notturna. Un vero blitz aereo fra Parigi e Torino, la firma quasi all’alba e poi un bel periodo di segreto. Solo indiscrezioni e supposizioni, ma niente annuncio ufficiale per un mese e mezzo. Anche questa è abilità di mercato. Il costo? Ufficialmente 1040 milioni.

PREOCCUPAZIONE. Le cose, per il mercato casalingo, preoccupano la federazione. Le società s’impegnano in affari sproporzionati per gli acquisti degli stranieri, sorgono proteste anche a livello parlamentare, si prospetta la chiusura delle frontiere. Per gli affari «italiani» si assiste ad incredibili dilazioni di pagamento. La federazione pone il limite di tre anni, a meno che nell’affare non ci sia una compartecipazione per un altro giocatore. Fatta la legge, trovato l’inganno. L’Ascoli, per l’affare De Ponti, vende al Bologna un giocatore inesistente. Scatta l’inchiesta, la società se la cava con un’ammenda di dieci milioni.

ZICO. È il colpo dell’Udinese, provinciale di lusso, alla quale l’ex presidente della Zanussi, Mazza, dà una conduzione prettamente manageriale e di marketing. Per eludere le limitazioni sull’esportazione di valuta la società friulana si avvale dell’apporto esterno della «Grouping», una società di marketing con sede a Londra ma operante da Zurigo e Lugano – l’avvocato Rezzonico ne è l’immagine legale – che entra nell’operazione apportando un paio di miliardi, somma che dovrebbe rientrare con lo sfruttamento pubblicitario del calciatore brasiliano. Quanto è costato Zico? Soltanto Mazza e il general-manager dell’Udinese, Dal Cin, lo sanno con certezza. Per gli altri va bene la cifra di sei miliardi.

FINE. E’ di fatto questo l’episodio che chiude la parte “epica” della storia del calciomercato, dove ormai al posto delle vecchie trattative si impongono la grande finanza e il marketing: ora è tutto calcio-business.