La storia del Calciomercato

Piccola storia in tre atti dei Bonaventura del pallone. Il Calciomercato, il Circo dei Sogni che da sempre appassiona i tifosi ed esalta e i Presidenti.


Parte 1: E Fu subito scandalo!

Nasce ufficialmente negli Anni Cinquanta con il principe palermitano Raimondo Lanza di Trabia ma già quarant’anni prima Doria e Genoa si scambiavano Emilio Santamaria per la folle cifra di mille e cinquecento lire…

GENESI. La nascita del «mercato» si colloca storicamente negli Anni Cinquanta. Conseguenza della guerra, nelle squadre mancavano i giovani, i rincalzi e le alternative agli anziani ed alle ex-promesse. Anche nelle squadre più blasonate giocavano molti stranieri ai quali l’Italia aveva aperto le frontiere con eccessivo entusiasmo e con superficialità di valutazione tecnica, per quella naturale contrapposizione alla lunga autarchia. Il mercato nasce quasi spontaneo. Lo tiene a battesimo lo stravagante principe Raimondo Lanza di Trabia del quale si raccontano fin troppi aneddoti: ama le corse automobilistiche e le donne di Cinecittà – sposa Olga Villi – vuol fare del Palermo la rivale della Juventus e non bada a spese, non gli mancano i quattrini per appagare le ambizioni. E si racconta che acquistasse il centrocampista laziale Fuin solo per il gusto di vederlo palleggiare nel suo giardino…

TRIO. Fa spesso tappa a Milano, nel più lussuoso albergo; riceve i presidenti degli altri club spesso in bagno, in vestaglia (e si racconta pure che facesse qualche trattativa addirittura nudo, disteso sul letto). Con i presidenti d’epoca (Agnelli, Dall’Ara, Lauro, Masseroni, Trabattoni) è spesso in contatto anche per ragioni extra-calcistiche. Nel gruppetto si inseriscono due fini intenditori di cose calcistiche destinati a diventare personaggi di spicco, il ferrarese Paolo Mazza ed il trevigiano Giuseppe Viani, soprannominato «Gipo» ed anche «sceriffo» per il modo autoritario con cui «mangia ed insegna calcio» e con cui tratta gli affari. Un trio – Lanza di Trabia, Mazza e Viani – ed il mercato nasce fra brindisi di champagne, notti di follie. I trasferimenti diventano sempre più clamorosi e più pubblicizzati; i prezzi lievitano ben più che la scala mobile.

TRADITORE. I trasferimenti di calciatori da una squadra all’altra sono, peraltro, sempre avvenuti. Dei primi, o quanto meno dei più importanti, si pone la data del 1912-1913, quando il calcio sta uscendo dai tempi dei pionieri. Emilio Santamaria passa dalla «Doria» al «Genoa». Il prezzo: 1.500 lire. Uno scandalo, non solo perché Santamaria «tradisce» i colori ed i tifosi doriani passando al «nemico» rossoblu. Viene messo all’indice, trattato quasi come un delinquente, squalificato a vita, viene reintegrato qualche anno dopo quando la gente ci fa l’abitudine ai passaggi dei calciatori da una squadra all’altra.

GENTLEMEN. Altri tempi. I presidenti delle società si scrivono l’uno all’altro per informare che avrebbero gradito che il giocatore Tizio giocasse con la maglia della propria squadra. Spesso la risposta è positiva, giunge anch’essa via posta: sì, la proposta è interessante, posso accontentarla, caro presidente, una cortesia; ma qualora si presentasse analoga situazione a mio favore fra qualche tempo mi auguro che si tenga in buon conto l’attuale assenso. Questo il tono, più o meno, che prepara il terreno ai trasferimenti, dei quali i giornali d’epoca danno poche righe o addirittura nessuna ed i tifosi si accorgono che la squadra è cambiata, c’è qualche viso nuovo, soltanto quando la rivedono in campo per il nuovo campionato.

FATTORINO. Più o meno contemporaneo al «caso Santamaria» si colloca il clamoroso trasferimento di Renzo De Vecchi, classe 1894, terzino formidabile del Milan, che i commentatori aulici del tempo battezzano addirittura «figlio di Dio». E il tempo del dominio vercellese. Il «Genoa cricket and football club», la prima società italiana di calcio, non si rassegna e pensa che con De Vecchi può spezzare il dominio della Pro Vercelli. De Vecchi fa il fattorino in una banca milanese. Diventa genoano grazie ad un trasferimento aziendale. Continua a fare il fattorino, in completo grigioferro, accanto agli sportelli dal lunedì al sabato nella città ligure; continua a fare il guardiano, in maglia rossoblu anziché rossonera, davanti al portiere Rolla la domenica pomeriggio. Il Genoa riconquista lo scudetto. De Vecchi, «figlio di Dio» viene promosso a fattorino di direzione, con lieve aumento di stipendio e viene premiato con tre marenghi d’oro che all’epoca valgono cento lire l’uno.

BERNARDINI. L’«Anonima sequestri» ha origini meno remote che il calcio-mercato. Ma l’Inter, che sta per trasformarsi in «Ambrosiana» fa rapire il ragioniere Milesi per sottrarlo al Milan e vincere un derby fuori campo. Poi ecco un altro trasferimento clamoroso attraverso la «via aziendale» che aveva portato De Vecchi dal Milan al Genoa: quello di Bernardini. Vent’anni, centromediano della Lazio, diploma di ragioniere in tasca, viene assunto a Torino dalla Banca Nazionale di Credito. Il direttore, Marconi, gli raccomanda di lasciar da parte il pallone e di pensare a più concrete prospettive; può laurearsi e migliorare la posizione in banca, fare carriera. Il rag. Fulvio promette di studiare avanti, di frequentare l’università ma non gli si imponga di smetterla di tirare calci, belli e buoni, con i piedi morbidi come sa fare. L’Inter cerca proprio un centromediano, Bernardini sarebbe l’optimum. Il dottor Bertini, direttore dell’agenzia milanese della Banca nazionale di credito, anche con gli uffizi del fiorentino Magnolfi esperto di tecnica bancaria e tifoso nerazzurro, si mette in contatto con il collega torinese, accenna al desiderio del giovane Bernardini di studiare e di giocare. A Torino non avrebbe forse la possibilità di contemperare i suoi programmi. Il rag. Fulvio viene così trasferito da Torino a Milano ed indossa la maglia nerazzurra. Mantiene però la promessa: si laurea alla Bocconi.

PROFESSIONISMO. Clamoroso, nel 1923, il «caso Rosetta», terzino della Pro Vercelli. Il presidente avv. Bozzinigli scrive una lettera per concedergli lo svincolo gratuito. La Juventus, tramite l’avv. Peccei, viene a conoscenza dell’episodio e punta su «Viri» per completare con Combi e Caligaris un trio storico. Gli offre l’impiego, contabile presso la ditta Simone-Marsan, con lo stesso stipendio che guadagna da ragioniere a Vercelli: 1050 lire. Vi aggiunge tutte le spese di soggiorno e la prospettiva di ricchi premi. L’avv. Bozzini, presidente anche della federazione oltre che della «Pro» avalla il trasferimento. La Juventus domina, vincendo le prime sette partite; e scoppia la rivolta. Il Genoa racimola deleghe di società, riesce a far convocare un’assemblea straordinaria della federazione e fa invalidare il trasferimento di Rosetta alla Juventus, cui viene inflitta la penalizzazione di sei punti. L’intero consiglio federale si dimette, la Juventus si ritira dal campionato. Un anno più tardi il geom. Monateri versa 45 mila lire alla Pro Vercelli per risolvere il caso e definire il trasferimento del terzino. A Rosetta viene corrisposto uno stipendio di seimila lire al mese, cifra da capogiro. E queste 45mila lire pagate per un calciatore rappresentano la svolta nella storia del calcio italiano: il passaggio dal dilettantismo al professionismo.

ORIUNDI. Nel 1927 la federcalcio chiude le frontiere, consentendo il tesseramento soltanto di giocatori «oriundi», di origine italiana ma nati e residenti all’estero. Il provvedimento fa lievitare i prezzi del mercato. C’è la caccia a calciatori con cognomi italiani, con qualche goccia di italico sangue nelle vene, si consultano registri anagrafici per trovare il nonno a qualche campione. Arrivano a frotte dal Sudamerica: tutti i calciatori argentini, uruguayani ed anche brasiliani si scoprono di colpo italiani. Qui le squadre pagano bene, il futuro è assicurato.

RECORD. Ci sono «oriundi» autentici campioni (Monti, Guaita, Scopelli, Cesarini, Stabile, Demaria, Orsi ed altri) ma pure tantissimi «bidoni». I campioni arrivano nella scia di Libonatti che al fianco di Baloncieri dà vita a quella «ditta Libonatti-Baloncieri» che fa grande il Torino. La Juventus demolisce il primato di Rosetta: paga 100 mila lire il cartellino dell’uruguayano Raimondo «Mumo» Orsi al quale riconosce cinquemila lire al mese e gli regala l’auto Fiat 509!

BUFALE. L’arrivo degli oriundi genera i mediatori, i quali trattano addirittura sulle navi che portano i piedi d’oro oltre l’Oceano. Nel 1931 arrivano dieci brasiliani per la Lazio ma solo uno, Guarisi, è autentico campione. E di un gruppetto di argentini si salva solo Flamini. Questo della Lazio non è che l’episodio più significativo ma non unico di un «mercato» sul quale i quattrini cominciano a circolare con troppa facilità.