L’impresa del Magdeburgo: Quando l’Est conquistò l’Europa

Quella di Krügel rimane l’unica squadra della DDR ad aver vinto un trofeo europeo: un primato che nessuno potrà mai cancellare.

Il Magdeburgo, conosciuto affettuosamente dai suoi tifosi come “Der Club“, affonda le sue radici nella turbolenta storia del dopoguerra tedesco. Nato ufficialmente nel 1965, il club era in realtà l’erede di una lunga tradizione calcistica che risaliva alla fine del XIX secolo.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la città di Magdeburgo si ritrovò nella zona di occupazione sovietica. Come molte altre realtà sportive dell’epoca, il club attraversò una serie di fusioni e cambi di nome che riflettevano il tumultuoso panorama politico della Germania divisa. Da Sportgruppe Sudenburg a BSG Motor Mitte Magdeburg, passando per SC Aufbau Magdeburg, il percorso che portò alla nascita del 1. FC Magdeburgo fu tortuoso ma inarrestabile.

L’ascesa di un gigante dell’Est

Gli anni ’60 videro il Magdeburgo emergere come una forza da non sottovalutare nel calcio della DDR. La promozione nella DDR-Oberliga nel 1959 fu solo l’inizio. La vittoria della FDGB-Pokal nel 1963 aprì le porte dell’Europa al club, che si fece subito notare raggiungendo i quarti di finale della Coppa delle Coppe l’anno successivo, fermato solo dal West Ham United di Bobby Moore.

Ma fu l’arrivo dell’allenatore Heinz Krügel a segnare l’inizio dell’età dell’oro del Magdeburgo. Sotto la sua guida, il club si trasformò in una fucina di talenti, producendo ben nove internazionali della Germania Est tra il 1969 e il 1974, tra questi spiccava Jürgen Sparwasser, destinato a entrare nella leggenda per il suo gol contro la Germania Ovest ai Mondiali del 1974.

Il 1972 vide il Magdeburgo conquistare il suo primo titolo di DDR-Oberliga con la squadra più giovane nella storia del campionato. Era solo l’inizio di un periodo di dominio che avrebbe portato il club al vertice del calcio europeo.

La cavalcata europea: da outsider a protagonisti

La stagione 1973/74 si aprì con grandi aspettative per il il club tedesco. La vittoria della coppa nazionale l’anno precedente aveva garantito l’accesso alla Coppa delle Coppe, ma pochi avrebbero potuto prevedere il destino glorioso che attendeva la squadra di Krügel.

La vittoria della FDGB Pokal nel 1973

Il cammino europeo iniziò con una solida prestazione contro il NAC Breda, superato con un convincente 3-0 nel doppio confronto. Ma fu il secondo turno a mettere alla prova la tempra dei tedeschi dell’Est. Il Banik Ostrava, squadra cecoslovacca in piena ascesa, inflisse una dura sconfitta per 2-0 al Magdeburgo nella gara d’andata. La rimonta sembrava un’impresa titanica, ma i ragazzi di Krügel dimostrarono di avere il cuore dei campioni. Una vittoria per 3-0 ai tempi supplementari, con il gol decisivo di Sparwasser, mandò in delirio i tifosi e lanciò un chiaro messaggio: il Magdeburgo non era lì per fare da comparsa.

I quarti di finale videro il Magdeburgo affrontare il Beroe Stara Zagora, squadra bulgara che aveva già fatto tremare l’Athletic Bilbao. Ancora una volta, la squadra di Krügel dimostrò di saper gestire la pressione, vincendo 2-0 in casa e pareggiando 1-1 in trasferta.

Magdeburgo-Sporting 2-1, match di ritorno della semifinale

La semifinale contro lo Sporting Lisbona rappresentava un ostacolo apparentemente insormontabile. Eppure, il Magdeburgo stupì tutti ottenendo un prezioso 1-1 in Portogallo, per poi completare l’opera con una vittoria per 2-1 in casa. L’impresa era compiuta: una squadra della Germania Est era in finale di una competizione europea.

La notte di Rotterdam: quando Davide sconfisse Golia

L’8 maggio 1974, il De Kuip di Rotterdam si preparava ad ospitare una delle finali di Coppa delle Coppe più sorprendenti della storia. Da una parte, il nostro Milan, gigante del calcio italiano e detentore del trofeo. Dall’altra, il Magdeburgo, rappresentante di un calcio considerato di seconda fascia, proveniente da un paese oltre la Cortina di Ferro.

Solo poco più di 5.000 spettatori occupavano le tribune, creando un’atmosfera quasi spettrale per un evento di tale portata. Questa scarsa affluenza, tuttavia, sembrò giocare a favore dei tedeschi dell’Est, meno abituati ai grandi palcoscenici rispetto ai loro illustri avversari.

I capitani Zapf e Rivera

Fin dai primi minuti, il Milan prese in mano le redini del gioco: la squadra di Trapattoni sembrava determinata a chiudere la pratica il prima possibile. Il Magdeburgo, tuttavia, non si lasciò intimidire. La difesa, guidata dal capitano Manfred Zapf, resisteva stoicamente agli attacchi rossoneri.

Con il passare dei minuti, la tensione cresceva. Il Milan continuava a spingere, ma senza riuscire a trovare il varco giusto. Il Magdeburgo, dal canto suo, cercava di sfruttare le ripartenze, con Jürgen Sparwasser sempre pronto a scattare in contropiede.

Quando ormai sembrava che il primo tempo si sarebbe concluso a reti inviolate, accadde l’impensabile. A due minuti dall’intervallo, Martin Hoffmann si involò sulla fascia sinistra. Il suo cross, apparentemente innocuo, venne intercettato da Enrico Lanzi che, nel tentativo di anticipare gli attaccanti del Magdeburgo, deviò la palla nella propria porta. 1-0 per il Magdeburgo e stadio ammutolito.

Pizzaballa sorpreso dalla deviazione di Lanzi: il Magdeburgo è in vantaggio

Il secondo tempo si aprì con un Milan furioso, deciso a ribaltare il risultato. Gianni Rivera, il nostro “Golden Boy“, cercava di orchestrare la manovra, ma la difesa del Magdeburgo sembrava imperforabile. Ogni volta che i rossoneri si avvicinavano all’area, trovavano un “muro” (è il caso di dirlo) invalicabile.

Il Magdeburgo, rinfrancato dal vantaggio, iniziò a giocare con maggiore convinzione. A metà del secondo tempo, arrivò il momento che consegnò la squadra alla leggenda. Jürgen Sparwasser, l’eroe che un paio di mesi dopo avrebbe segnato il gol decisivo contro la Germania Ovest ai Mondiali, ricevette palla a centrocampo. Con un tocco magistrale, mise Wolfgang Seguin davanti al portiere. Seguin non tremò e, con un preciso diagonale, trafisse Pizzaballa. 2-0 per il Magdeburgo e sogno che diventava realtà.

Gli ultimi quindici minuti furono un assedio del Milan. Trapattoni gettò nella mischia tutte le sue carte, ma la porta difesa da Ulrich Schulze sembrava stregata. Ogni tiro veniva respinto, ogni cross allontanato. Il Magdeburgo resisteva con le unghie e con i denti, consapevole di essere a un passo dalla storia.

Quando l’arbitro, l’olandese Van Gemert, fischiò la fine, lo stadio fu teatro di scene contrastanti. I giocatori del Magdeburgo si abbracciavano in lacrime, increduli per l’impresa appena compiuta. I milanisti, invece, erano a terra, incapaci di credere a quanto accaduto.

Il capitano Manfred Zapf salì i gradini della tribuna per alzare la Coppa delle Coppe. In quel momento, non era solo il trionfo di una squadra, ma di un intero sistema calcistico che aveva dimostrato di poter competere con i grandi del calcio occidentale.

La vittoria delle DDR rimane uno dei più grandi upset nella storia delle competizioni europee. Una squadra proveniente da una realtà calcistica considerata minore aveva sconfitto uno dei club più prestigiosi al mondo, scrivendo una pagina di storia che ancora oggi, a distanza di cinquant’anni, continua a emozionare gli appassionati di calcio di tutto il mondo.

La squadra

Il Magdeburgo del 1974 era una squadra che incarnava perfettamente lo spirito del calcio della Germania Est. Immaginate un gruppo di ragazzi, la maggior parte cresciuti insieme nel settore giovanile del club, uniti da un senso di cameratismo e da una fame di successo che andava oltre le limitazioni imposte dal regime.

In porta c’era Ulrich Schulze, un ragazzo di 26 anni con riflessi felini e un’innata capacità di leggere le situazioni di gioco. Davanti a lui, una difesa rocciosa guidata dal capitano Manfred Zapf, vero e proprio muro umano, affiancato dal solido Detlef Raugust. Sulle fasce, Siegmund Mewes e Wolfgang Abraham garantivano copertura e spinta, mostrando una resistenza fisica invidiabile.

Il centrocampo era il vero cuore pulsante della squadra. Axel Tyll era il metronomo, colui che dettava i tempi e distribuiva palloni con precisione chirurgica. Accanto a lui, il giovane Jürgen Pommerenke, appena ventenne ma già dotato di una maturità tattica sorprendente. La sua energia e la sua visione di gioco erano fondamentali per il gioco del Magdeburgo.

Ma era in attacco che questa squadra mostrava il suo lato più spettacolare. Jürgen Sparwasser era la stella, il giocatore capace di accendere la luce con una giocata improvvisa. Veloce, tecnico e con un fiuto del gol innato, Sparwasser era il terminale offensivo ideale per il gioco del Magdeburgo. Al suo fianco, Wolfgang Seguin offriva versatilità e intelligenza tattica, mentre sulle fasce Martin Hoffmann e HansJürgen Herrmann garantivano velocità e cross precisi.

Un’impresa irripetibile

Purtroppo, come spesso accade nelle favole più belle, il lieto fine non durò a lungo. Appena due anni dopo il trionfo europeo, l’allenatore Heinz Krügel venne allontanato per motivi politici. Il Magdeburgo non riuscì più a raggiungere simili vette, iniziando un lento declino che lo portò, dopo la riunificazione tedesca, a sprofondare nei campionati minori.

Oggi, a distanza di cinquant’anni, l’impresa del Magdeburgo continua a brillare come un faro nella storia del calcio. Rimane l’unica squadra della DDR ad aver vinto un trofeo europeo: un primato che nessuno potrà mai cancellare.