L’indelebile exploit della Pistoiese a Firenze

Dalla storica promozione in A nel 1980 alla vittoria esterna contro i viola nel 1981

«La vecchia città dorme nell’attesa che sorga il sole giusto. A proposito, il sole che circola da queste parti, alla levata e al tramonto, è arancione!» (Marcello Melani)

L’annata più esaltante della Pistoiese arrivò tra la fine degli anni 70 e l’inizio della decade successiva. La “Piccola Olanda”, guidata da Enzo Riccomini, conquistava la serie A domenica 1 giugno 1980, traguardo mai raggiunto con il massimo campionato a girone unico. Il presidente Marcello Melani, soprannominato “il Faraone” per le sue ingenti forze economiche, aveva promesso ai tifosi l’arrivo in A entro un lustro, sbagliandosi di un anno. Melani prese le redini societarie della Pistoiese nel ’74, succedendo a Ducceschi, contestato dai tifosi per i risultati poco positivi. Dopo l’approdo in serie C1 nel ’75, due anni più tardi la Pistoiese raggiunse la B. Mancava l’ultimo salto, il più difficile e prestigioso: la A. Il traguardo tanto atteso arrivò dopo una salvezza risicata nel ’78 ed una promozione sfiorata l’anno seguente.

L’intera città seguì le sorti della squadra arancione nella stagione 1979/80. Melani, molto vicino alla tifoseria organizzata, elargì contributi per l’acquisto di materiale coreografico. La “Piccola Olanda”, detta anche la “Pistoiese dei vecchietti”, definizione coniata dal giornalista Giorgio Bubba per l’elevata età media della rosa, cominciò male. Tre sconfitte nelle prime sette partire rappresentarono un magro bottino. Incontri persi di misura: a Taranto come a Vicenza ed in casa contro l’Atalanta. Si cominciò a parlare di campagna acquisti sbagliata, di giocatori troppo avanti negli anni come Marcello Lippi (ex Sampdoria), Berni e Luppi (ex Genoa). L’organico venne completato con un’iniezione di gioventù: Salvatori, Guidolin, Cesati e Manzi.

Riccomini si affidò per quasi tutta la stagione allo stesso undici di partenza: l’ottimo Moscatelli tra i pali, Salvatori, Arecco e Mosti, Berni, Lippi e Guidolin, Frustalupi, Saltutti, Rognoni e Luppi. Come jolly venne utilizzato Sergio Borgo mentre La Rocca, Cesati e Manzi furono i rincalzi più impiegati. Il punto di forza di quella squadra risultò la difesa la cui solidità compensava un attacco non molto prolifico. Il girone d’andata si concluse senza sussulti; lo scivolone di Palermo, alla seconda di ritorno, rappresentò l’ultimo ko stagionale. Per il resto, la Pistoiese veleggiò con sicurezza, restando sempre in zona promozione. La serie A arrivò dopo lo 0-0 casalingo contro il Lecce. Dodici vittorie e ventidue pareggi portarono per la prima volta gli arancioni toscani nell’elite del football italiano. Pistoia impazzì di gioia: Marcello Melani aveva mantenuto la sua promessa di condurre la squadra nel massimo campionato dell’Italia calcistica.

Della rosa che ottenne quello storico traguardo, un posto di rilievo lo conquistò il portiere Maurizio Moscatelli, vero baluardo difensivo, vincitore del Guerin d’Oro come miglior giocatore della serie B 1979/80. Fabrizio Berni guidò la difesa arancione con sicurezza, ottenendo a 31 anni la più bella soddisfazione della sua carriera. Francesco Guidolin firmò solo tre gol ma tutti pesanti. Il trentottenne Mario Frustalupi, dopo due scudetti, conquistati con Inter e Lazio, staccò il biglietto per il suo ultimo campionato di A alla soglia delle quaranta primavere. Di rilievo fu anche il contributo di Livio Luppi (sei gol in trentatrè presenze), Nello Saltutti e Giorgio Rognoni. Ed infine, capitan Sergio Borgo che con la maglia della Pistoiese trovò il suo centro di gravità permanente, vivendo l’epopea della squadra arancione dalla C alla A.

La stagione 1980/81 e l’enigma Danuello

L’esordio assoluto in massima serie, nella trasferta contro il Torino, avvenne il 14 settembre ’80 e si concluse con una sconfitta di misura (1-0) scaturita da un gran tiro al volo di Patrizio Sala. Il primo gol in A della Pistoiese lo segnò il centrocampista Paolo Benedetti nella partita casalinga contro l’Udinese. A rovinare la festa ci pensò il friulano Acerbis, autore del pareggio. Nella panchina degli arancioni sedeva Lido Vieri, con Edmondo Fabbri direttore tecnico.

Grazie alla riapertura delle frontiere, con la fine dell’autarchia del calcio italiano, arrivò anche il primo straniero. Inviato in Brasile dal presidente Melani, l’allenatore in seconda Giuseppe Malavasi tornò con un nome: quello del ventenne brasiliano Luis Silvio Danuello, ingaggiato per 170 milioni di lire. Danuello, eletto miglior calciatore brasiliano rivelazione nel ’79, approdava in Italia dopo aver militato in club di primo piano del calcio verdeoro: Palmeiras e Botafogo su tutti.

Una fama determinata, per certi versi, da leggende circolate sul conto di questo giocatore il cui rendimento scadente in Italia fu determinato, in parte, da un suo utilizzo fuori ruolo: centravanti anziché ala destra. Al suo arrivo all’aeroporto di Roma, alla domanda “sei una punta?” Luis Silvio rispose in modo affermativo. Tuttavia, Danuello intendeva dire “ponta” che in portoghese significa ala. Il brasiliano, infatti, era un’ala destra, ponta direita. Per colpa di una vocale, si ritrovò nel nostro campionato a fare il centravanti, giocando quindi fuori ruolo. Un disastro. Specialista del cross, la sua stagione fu pessima, con appena sei presenze e nessun gol. Passerà alla storia come il “principe dei bidoni” approdati in serie A negli anni 80.

Ai vecchietti che avevano conquistato la promozione si erano uniti alcuni giovani che tennero la Pistoiese in linea di galleggiamento nel girone d’andata. Tra i volti nuovi, l’attaccante Vito Chimenti (ex Catanzaro), il portiere Poerio Mascella (proveniente dalla Terzana), Roberto Badiani, centrocampista prelevato dal Napoli come il difensore Mauro Bellugi alla sua ultima stagione agonistica. Dopo la prima vittoria esterna, ottenuta a Catanzaro, l’Olandesina si attestò al sesto posto. Un piazzamento sorprendente per una matricola della serie A. Il 28 dicembre ’80, l’exploit in terra calabrese (1-3, l’ex Chimenti, Badiani e Paganelli i marcatori) fu il miglior viatico per la Pistoiese in vista del derby contro la Fiorentina, la partita di gran lunga più attesa della stagione.

Corsari a Firenze

Al derby toscano, in programma il 18 gennaio ’81, arrivarono due squadre appaiate in classifica ad undici punti. L’ultimo impegno prima della sosta aveva registrato il ko casalingo dei viola contro il Napoli. La panchina di Carosi non sembrava solidissima. Il tecnico commise anche l’errore di affidare l’unica punta della Pistoiese, Chimenti, ad un difensore piuttosto macchinoso come Guerrini. Non per caso la prima palla gol dell’incontro scaturì da un colpo di testa proprio di Chimenti con prodezza di Giovanni Galli.

Il vantaggio arancione arrivò da un pallone fatto filtrare dallo stesso Chimenti per Rognoni che, dalla distanza, lasciò partire un missile che si spense all’incrocio dei pali, con il portiere viola vanamente proteso in uno spettacolare quanto vano tuffo. L’effetto per i gigliati fu quello di una doccia gelata in pieno inverno. Stadio ammutolito. Il vantaggio ospite scosse i padroni di casa. Bastarono sei giri d’orologio e la parità fu ristabilita da Antognoni che trasformò con sicurezza un rigore decretato per fallo di Rognoni sul campione del mondo argentino Daniel Bertoni.

Il finale della prima frazione fu pirotecnico. Due minuti dopo il pari viola, Roberto Badiani da Prato spezzò nuovamente l’equilibrio, entrando nella storia della Pistoiese. Finta di Chimenti, ancora lui, tiro dell’ex partenopeo e palla in rete. Si andò all’intervallo con gli ospiti in vantaggio di un gol, difeso con grande determinazione dalla “Piccola Olanda”. La calma fu il tratto distintivo della Pistoiese. Tra i migliori, oltre a Rognoni, Badiani e Frustalupi, spiccò anche Borgo. Nella ripresa, la Fiorentina provò ad impensierire la porta di Mascella, guardiapali non sempre irreprensibile nella prima frazione. I gigliati, dopo aver dilapidato alcune buone occasioni con Casagrande, Guerrini, Fattori e Bertoni, non furono in grado di trovare la rete del pareggio.

Battuti in casa dalla Pistoiese e con gol decisivo segnato da uno di Prato: per i tifosi viola fu il massimo dell’affronto possibile. In crisi di gioco e di risultati, la Fiorentina si consolò con la grande prestazione di Antognoni. A nulla servì l’esordio di Novellino, fratello del milanista Walter, invocato dal pubblico ma evanescente nella mezzora scarsa in cui venne impiegato. Alla fine, fu festa grande per l’Olandesina del duo Vieri-Fabbri mentre in casa Fiorentina si sfogliava la margherita per l’esonero di Carosi, chiesto dai tifosi con tanto di volantini. L’exploit di Firenze fece assurgere la Pistoiese al ruolo di squadra rivelazione del girone d’andata. I tanti che l’avevano bollata come “oggetto misterioso” dovettero ricredersi, almeno in quel frangente della stagione 80/81.

Dopo la grande vittoria nel derby sembrò spegnersi la luce per gli arancioni. Surclassata a domicilio dalla Roma e battuta nettamente dal Cagliari, la Pistoiese chiuse l’andata al di fuori della zona retrocessione. Il girone di ritorno riservò soltanto un cumulo di sconfitte e pareggi, di vittorie neanche l’ombra. L’ultimo rantolo in massima serie arrivò con il pari di Ascoli a cui seguirono nove sconfitte consecutive, derby di ritorno compreso dove la Fiorentina riscattò il ko dell’andata, vincendo con il minimo scarto (autorete di Rognoni). Una sconfitta che sancì la matematica retrocessione della Pistoiese che concluse l’esperienza in A all’ultimo posto e con alcuni record negativi sul groppone: peggiore difesa, minor numero di vittorie sia in casa che fuori, maggior numero di sconfitte complessive. Ma i tifosi della “Piccola Olanda”, rievocando il campionato 1980/81, ricordano soprattutto i gol di Rognoni e Badiani, eroi indimenticabili di quel pomeriggio fiorentino da incorniciare.

Testo di Sergio Taccone