Loik e Mazzola al Torino

Nel 1942 il Torino di Ferruccio Novo riuscì a sfilare alla Juventus le due promettenti mezzeali del Venezia, dando così inizio all’epopea del Grande Torino.

Non ha goduto di molti momenti felici nella propria storia, il Venezia, sicché si comprende l’eccezionalità per la Laguna della stagione 1941-42. È un momento storico. Forte di due mezzeali formidabili e perfettamente complementari tra loro, la squadra neroverde punta allo scudetto. I due fenomeni si chiamano Ezio Loik e Valentino Mazzola, giocano insieme ormai da un anno.

Sono due lottatori di granito, ma accanto alla grinta e a fasce muscolari poderose posseggono il “quid” dei fuoriclasse: Loik è l’erede di Giovanni Ferrari, pur non possedendone la straripante propensione al gol. Anche lui è un motorino instancabile, capace di correre allo stesso ritmo per tutta la partita. Anche lui è ovunque, mantiene l’equilibrio del gioco, tampona e rilancia e ogni tanto si proietta all’attacco. Ma soprattutto, copre Mazzola quando è quest’ultimo a incunearsi in avanti, a far valere la classe e la fantasia del lottatore di genio dal tiro proibito.

Due tipi così possono fare la fortuna di qualsiasi squadra e la Juventus, che ha smesso di vincere nel 1935, quando ha incassato il quinto scudetto consecutivo del magico quinquennio, si mette senz’altro sulle loro piste. Il grande Virginio Rosetta, proprio lui, segue come tecnico incaricato le prestazioni della coppia e ben presto suggerisce alla dirigenza di avanzare un’offerta al Venezia.

Ma non è più la Juve della magica accoppiata Edoardo Agnelli-Mazzonis. Il presidentissimo, figlio del senatore Giovanni, è morto in un tragico incidente aereo nel luglio 1935 e da allora niente è stato più lo stesso.

Ora le fortune finanziarie del club bianconero sono in mano a Piero Dusio, ex giocatore e ora titolare di un’azienda meccanica. Un uomo spiccio, fin troppo, quando si tratta di cedere (Bodoira, Borel II e Gabetto, quest’ultimo in rotta col dirigente Monateri, lasciati disinvoltamente al Torino) e drammaticamente cauto al momento di comprare. Rosetta segnala, Dusio si informa e chiede al Venezia il prezzo. In Laguna sanno di avere grani d’oro puro tra le mani e avanzano una richiesta clamorosa: un milione di lire.

Dusio ferma le macchine e avvia una snervante trattativa. Inutilmente Rosetta, che intanto continua a seguire i due, segnala quanto questa tattica dilatoria potrebbe risultare controproducente. Così, il 31 maggio 1942, terzultima di campionato, accade l’inevitabile.

Il Torino, che comanda la classifica, va a far visita al Venezia, terzo a tre punti, in uno scontro diretto da far tremare i polsi. Toro in vantaggio, poi Mazzola decide che il Venezia deve vincere e la partita finisce 3-1. Ad approfittarne sarà la Roma, che balza in testa e vincerà il campionato. Ciò che conta, però, è che a fine partita il presidente granata, Ferruccio Novo, infila lo spogliatoio veneziano dove i dirigenti stanno festeggiando con i giocatori la vittoria che profuma di scudetto.

Rosetta lo insegue, ma si trova di fronte la porta sbarrata. Novo prende da parte il collega Arnaldo Bennati, patron neroverde, e gli mette davanti la sua offerta: per Loik e Mazzola un milione e duecentomila lire più due giocatori: Patron e l’argentino Mezzadra. Prendere o lasciare, con contratto da firmare seduta stante. Bennati prende, anzi, sottoscrive immediatamente.

E quando Rosetta vede uscire dallo spogliatoio Novo con un sorriso stampato sul volto nonostante la sconfitta, comprende che la Juve ha perso una partita storica. Quel giorno è nato il Grande Torino, che vincerà ininterrottamente fino a quando la tragedia di Superga gli spezzerà crudelmente le ali.