Luciano Castellini paratutto a San Siro

Nella stagione più difficile della sua storia, il Milan venne fermato in casa dalle prodezze del portiere del Napoli. Era il 7 febbraio 1982.

Stagione 1981/82, annata di passione per il Milan. Un calvario calcistico che non contemplò la risurrezione finale, l’epilogo fu la seconda retrocessione in B del Diavolo, la prima sul campo. Tra le giornate di campionato in cui i rossoneri raccolsero meno di quel che avevano seminato nei novanta minuti di gioco, spiccò la terza di ritorno, l’impegno casalingo contro il Napoli il 7 febbraio ‘82. In quei giorni, a Roma, Psi e Democrazia Cristiana cercavano la quadratura in vista della verifica di governo. Nei quotidiani si dava conto di un’operazione di polizia che aveva portato al fermo di decine di terroristi (bloccati in diverse regioni) e alla scoperta di covi con rinvenimento di armi. Intorno a Brigate Rosse e Prima Linea si stringeva una vera e propria morsa dopo l’arresto di Giovanni Senzani e la liberazione del generale Dozier. In campo televisivo si era in piena guerra dell’etere: la Rai preparava l’affondo, davanti al pretore, contro Italia 1 e Rete 4 mentre Canale 5 meditava un colpo a sorpresa.

A San Siro, il tecnico milanista Italo Galbiati, arrivato sulla panchina rossonera due settimane prima, dopo l’esonero di Gigi Radice voluto dal presidente Giussy Farina, schierò il seguente undici titolare: Piotti, Tassotti, Maldera, Battistini, Collovati, Baresi, Buriani, Novellino, Jordan, Romano, Antonelli. La sconfitta rimediata sul campo della capolista Fiorentina, dopo una buona prestazione, aveva dato fiducia al nuovo allenatore del Milan, chiamato a fare uscire la squadra dalle sabbie mobili della zona retrocessione.

Il Napoli, guidato da Rino Marchesi, occupava la quarta posizione in classifica, a cinque punti di ritardo dalla vetta. I partenopei si schierarono con Castellini, Bruscolotti, Citterio, Guidetti, Krol, Ferrario, Damiani, Benedetti, Musella, Criscimanni, Pellegrini. Nel turno precedente, un rigore di Guidetti aveva deciso la sfida del San Paolo contro il pericolante Cagliari. La partita di San Siro venne affidata all’esperto Enzo Barbaresco della sezione di Cormons.

Allo stadio arrivarono in oltre cinquantamila per seguire la sfida tra rossoneri e partenopei, diecimila i tifosi ospiti. Il rientro di Franco Baresi, reduce da una lunga assenza per problemi di salute, aveva accresciuto il tasso tecnico del Milan, apparso rinfrancato già a Firenze grazie alla presenza del titolare nel ruolo di libero.

Sull’altro versante, era l’olandese Krol a registrare i meccanismi arretrati e impostare la manovra sin dalle retrovie, puntando sulla velocità di Damiani, l’agilità di Musella e i colpi di testa di Pellegrini.

Galbiati scelse le due punte, affiancando Antonelli allo scozzese Jordan, con Novellino pronto ad inserirsi e Ciccio Romano nel ruolo di interno. L’inizio fu di marca milanista. Al primo affondo, su traversone di Buriani in area, fallo di Bruscolotti su Maldera: rigore. Dal dischetto si presentò Buriani, autore di un tiro non molto angolato alla sinistra di Castellini. Il guardiapali fece il giaguaro respingendo la conclusione ma arrendendosi sulla ribattuta di Antonelli: Milan-Napoli 1-0. San Siro esplose in un grido di gioia!

La ribattuta in rete di Antonelli

I padroni di casa palesarono più fluidità dal punto di vista del gioco. Baresi si fece notare per alcune incursioni in avanti, mettendo in difficoltà la mediana partenopea. Sprazzi di gioco validissimo a tutto campo e in senso verticale, come richiesto da Galbiati. Vago e approssimativo in fase offensiva, il Napoli non sembrò in grado di creare pericoli verso la porta difesa da Piotti.

Alla mezz’ora esatta, l’arbitro giudicò fallosa una deviazione di mano di Tassotti, nettamente involontaria, su girata di Damiani. Proteste di rito prima dell’esecuzione di Guidetti: palla alla destra del portiere, tuffatosi dalla parte opposta.

Il rigore di Guidetti

Con decisione, il Diavolo tornò a spingere con Aldo Maldera (a suo agio come mediano) e con gli inesauribili Novellino e Buriani. In retroguardia, i rossoneri lasciarono pochi spazi agli attaccanti del Napoli. Dalla parte ospite, alla mancanza di lucidità (evanescenti Benedetti e Criscimanni a centrocampo) si sopperiva con la sagacia difensiva di Ferrario e Krol, ben spalleggiati da Citterio (pronto a ripartire in avanti) e da un guardingo Bruscolotti, episodio del rigore a parte.

Prima dell’intervallo, Castellini sbarrò la porta a Novellino, al tiro da ottima posizione. In avvio di ripresa, dopo un’occasione ospite sprecata da Damiani, palla fuori, il portiere del Napoli negò il raddoppio a Joe Jordan, sciorinando un intervento da manuale, con Ferrario lesto a spazzare prima del tap-in dello squalo scozzese. Dopo un gol annullato a Novellino, per un presunto fallo di Jordan su Castellini (l’arbitro scovò la scorrettezza nel bel mezzo di una mischia), Baresi suonò la carica, cercando l’uno-due con lo stesso Novellino e facendo spiovere dei cross in area alla ricerca di qualche deviazione rossonera. Ci provò anche Maldera su punizione: con un volo da campione, Castellini deviava in angolo salvando il pareggio.

A metà ripresa, Galbiati inserì Adelio Moro per Jordan. Lo straniero rossonero si era mosso bene, palesando segnali di ripresa. L’ex capitano dell’Ascoli, con un fendente preciso, chiamò ad un’altra prodezza il giaguaro, bravissimo a bloccare la sfera dopo un tuffo spettacolare quasi all’incrocio dei pali. Una caduta di Maldera, dopo un tocco di Benedetti, fece gridare al rigore ma Barbaresco sorvolò tra i mugugni di San Siro. Alla fine i taccuini dei cronisti contarono cinque parate di Castellini, di gran lunga il migliore in campo.

Negli spogliatoi, con Marchesi a rimarcare una certa arrendevolezza dei suoi, Galbiati palesò il solito realismo: “Siamo andati vicini alla vittoria, ce l’ha negata un grande Castellini. Il Napoli ha saputo chiudersi bene”. La mossa di utilizzare Maldera in mediana convinse l’allenatore milanista. “Così riusciamo a sviluppare più gioco sulle fasce e questo è di buon auspicio per il futuro”, precisò Galbiati, rammaricato per quel pizzico di fortuna venuto meno ancora una volta in zona-gol. Dopo due buone partite, il nuovo allenatore rossonero raccolse parecchi complimenti ma soltanto un misero punto che manteneva il Milan al penultimo posto della classifica.

Mauro Tassotti, protagonista nell’azione del penalty ospite, non ebbe dubbi. “Mi sono riparato il viso sul tiro che Damiani mi ha sparato addosso da mezzo metro. Il rigore non c’era. I giocatori del Napoli, dopo il pareggio, mi hanno detto che l’arbitro aveva voluto bilanciare il nostro rigore”. La più classica delle compensazioni anche se il rigore per il Milan era sembrato netto. Rincarò la dose Gianni Rivera. “Non era fallo da rigore quello del nostro giocatore, dovremo cominciare a lamentarci più spesso”, sentenziò il vicepresidente del Milan.

Il portiere del Napoli, migliore in campo quel giorno, palesò modestia: “Ho fatto solo il mio dovere”. Reattività in dosi altissime e spiccate doti acrobatiche tra i pali, Luciano Castellini, nato nel dicembre 1945, era partito calcisticamente dalle giovanili del Monza, passando al Torino nel 1970 e vincendo subito la Coppa Italia. Ferruccio Valcareggi se lo portò al Mondiale tedesco del ‘74 come terzo portiere, alle spalle di Zoff e Albertosi. Nel 1976 vinse il titolo italiano con i granata, guidati da Gigi Radice al settimo scudetto, il primo (e finora ultimo) dopo la tragedia di Superga.

Il ciclo torinista di Castellini si concluse al termine della stagione 1977/78 con il passaggio al Napoli dove divenne subito idolo della tifoseria in un’annata che vide i partenopei cominciare il campionato con Gianni Di Marzio, esonerato alla terza giornata e sostituito da Luis Vinicio. Il primo a chiamare Castellini “giaguaro” era stato Gianni Brera durante una cena con il portiere sul Lago di Como, seguita da una chiacchierata di parecchie ore, fino alle tre del mattino. Nella stagione 1980-81, il portiere mantenne inviolata la porta del Napoli per 531 minuti, imbattibilità inferiore all’epoca solo al record di Dino Zoff (590 minuti nel ‘70/71).

Le sue parate contro il Milan, quella domenica d’inizio febbraio 1982, evitarono al nuovo direttore generale del Napoli, Beppe Bonetto, di esordire con una sconfitta. “Meno male. Debuttare perdendo? Mi avrebbero dato dello jettatore”, disse il dg partenopeo. A proposito di superstizione: quella contro i partenopei fu l’ultima apparizione dei giocatori del Milan, a San Siro, con i pantaloncini rossi, utilizzati a partire dalla sfida casalinga d’inizio gennaio al cospetto del Cagliari. Verranno definitivamente archiviati dopo la sconfitta contro la Juventus a Torino (14 febbraio ‘82).

Questo il commento di Beppe Viola nel servizio su MilanNapoli per la Domenica Sportiva:

“La situazione del Milan è drammatica. Aria pesante. La squadra è sempre la stessa: buona volontà, pochi tiri in porta, nessuno con la vocazione del goleador. Jordan ha una palla gol ma Castellini para”.

Oreste del Buono, dalle colonne del Guerin Sportivo, scrisse:

“Il rigore in apertura? Ormai le orecchie milaniste si erano dimenticare un fischio amico. Il rigore del Napoli? Un altro rigore per il Milan? Inutile mettersi a discutere: sono i rossoneri ad andar male. A fine domenica siamo rimasti penultimi sebbene davanti a noi Cagliari e Bologna abbiano perduto”.

La stagione si concluse il 16 maggio ‘82 con il Milan retrocesso dopo un gol, in zona Cesarini, del genoano Mario Faccenda al San Paolo contro il Napoli. Una rete scaturita da un corner nato da un rinvio di Castellini, clamorosamente finito in calcio d’angolo, capace di sfidare le più elementari leggi fisiche della dinamica. Ma questa è un’altra storia.