L’ultimo derby di Masetti tra divieti e follie naziste

UN MESE PRIMA DELLA LIBERAZIONE UNA STRACITTADINA SURREALE

Durante l’occupazione nazista di Roma, i grandi alberghi di via Veneto erano stati isolati da transenne e picchetti armati e requisiti dai comandi germanici. All’albergo Excelsior aveva preso dimora il generale Malzer, comandante del distaccamento militare dell’urbe. Su suo ordine diretto erano stati emanati molti dei divieti che stavano soffocando la capitale: vietato andare in bicicletta, vietato telegrafare e telefonare fuori Roma, vietato passare la notte in casa d’altri, coprifuoco che progressivamente passerà dalle undici alle nove, e dalle sette alle sei, razionamento di pane portato a cento grammi (rispetto ai duecento per tutto il resto d’Italia). A inizio di maggio del 1944 l’offensiva alleata su Cassi­no era entrata nel vivo. Gli occupanti iniziarono a scavare trincee davanti alle mura aureliane, sgomberarono i sobborghi sulle vie AppiaAnagninaCasilina e Prenestina, piazzarono provocatoriamente delle vedette in cima ai campanili delle chiese illustri.

Su questo sfondo drammatico, il calcio continuava incredibilmente il proprio fragile cammino. Era difatti in corso un campionato romano che vedeva in lizza formazioni rionali (come il Trastevere), aziendali (come la MATER e l’Elettronica) e club professionistici (Lazio e Roma). La partecipazione a questo torneo capitolino avrebbe portato alla società un incasso lordo di 394 mila lire, che una volta sottratte tasse e spese varie, aveva permesso di dividere fra gli atleti della prima squadra 204 mila lire (32.000 erano andate alla società). Chiaramente, lo spettacolo clou della modesta contesa era rappresentato dal derby.

Quello d’andata, disputato il 9 gennaio, era finito in pareggio, grazie ad una zampata del fornaretto Amadei. La gara di ritorno, fissata per il 7 di maggio, era dunque l’occasione per risolvere definitivamente la questione della supremazia cittadina. I motivi d’interesse, che finirono per richiamare sugli spalti dello stadio Flaminio una grande folla di tifosi, erano però più d’uno. C’era ad esempio il rientro all’attività agonistica di Amadei, appena amnistiato da una infame squalifica a vita. “Il Fornaretto” viveva in quei giorni al nono piano di un appartamentino in piazza d’Istria, dove dormiva sul nudo pavimento, visto che l’unico lettino disponibile era occupato dall’anziana madre Elena.

Per Vittorio Finizio, all’epoca giovanetto di belle speranze destinato nel dopoguerra a dive­nire una delle prime firme spor­tive del Corriere dello Sport, nonché magistrale cantore delle gesta giallo rosse, il motivo di attrazione maggiore era però la presenza in campo dell’alle­natore-giocatore Guido Masetti. Finizio, cultore maniacale della Roma testaccina, non aveva nessuna intenzione di perdere una esibizione del mitico capitano dello scudetto, ma la sua frenesia sportiva rischiava di costargli molto caro.

Finizio rischiava infatti di finire nelle mani delle SS e di essere deportato. In un articolo del marzo 1970, il giornalista scrittore rivelò che la questione venne risolta da Vincenzo Biancone. Finizio aveva conosciuto il leggendario di­rigente romanista nell’agosto del 1938, quando in pieno agosto si era recato nella sede di via del Tritone per ritirare il suo abbonamento. Il “Sor Vincenzo” diede disposizione di sistemare il ragazzotto in un «quadratino al centro dei distinti, dove con l’aiuto di una scaletta si poteva velocemente guadagnare l’uscita». Fu così che Finizio potette assistere a quella che sarebbe passata alla storia come l’ultima apparizione in maglia giallorossa di Guido Masetti (che aveva debuttato nella Roma quattordici anni prima, nel settembre 1930).

Il vecchio Guido, dopo il suo secondo addio al calcio, aveva ripreso il suo posto fra i pali dopo la partenza di Blason verso Ve­nezia. La sua presenza finirà però per rivelarsi provvidenziale. Fra l’8′ e il 18′, l’estremo romanista compì due parate su Manola e Andreolo, che Ennio Mantel­la consegnò alla cronaca come “due capolavori“. Al 33′, infine, l’estremo omaggio alla causa. Su calcio d’angolo Andreolo si avventa sul pallone e devia verso la rete, Masetti si accartoccia sulla palla e blocca. Nel tuffo, però, la spalla si lussa per l’ennesima volta. Nella ripresa Guido, con il braccio al collo, scenderà nuovamente in campo, ma questa volta nel ruolo di ala. Finizio scriverà che: «I difensori laziali non osarono avvicinarsi al feri­to. Si limitarono a controllarlo a distanza».

Quel derby, così particolare, immerso in un clima surreale, terminerà 0-0. Neanche quattro settimane più tardi, le prime avanguardie dell’eser­cito alleato liberano la città. Per la capitale la guerra, le sue persecuzioni e i suoi orrori erano finalmente terminati.

derby lazio roma 1944 –
La Lazio. Lombardini, Gualtieri, Manola, Koenig, Valenti, Capponi, Canestri (all.); Andreolo, Longhi I, Manfrè I, Rega I, De Pierro

7 maggio 1944 – Stadio Nazionale del PNF (Oggi Stadio Flaminio) – Campionato Romano

LAZIO-ROMA 0-0

Lazio: Rega, Valenti, De Pierro, Gualtieri, Andreolo, Manfrè, Koenig, Longhi, Lombardini, Manola, Capponi.
Roma: Masetti, Pastori, Andreoli, Matteini, Salvioli, Milano, Krieziu, Borsetti, Amadei, Cozzolini, Jacobini.
Arbitro: Dattilo di Roma.