MARIO GUIDETTI – Intervista marzo 1979

Questa è la confessione sincera di un calciatore che a Vicenza ha trovato il suo piccolo successo e anche la misura d’uomo. Se ne ricava il ritratto di un giovane filosofo che ha saputo cogliere l’essenza di una professione oggi non più divistica

Un volto tra la folla

VICENZA – Abbi pazienza, Mario, ma devi raccontarti…
«E io mi racconto. Sono della provincia di Novara, ho fatto le tre medie e poi due anni da perito. Un altro paio d’anni a fare dei lavoretti, l’aggiustatore di televisori, il magazziniere. E quindi il calcio. Ho cominciato un po’ tardino, ma sempre in tempo per farmi apprezzare da qualcuno. Sono stato tre anni a Verbania, vivevo in un pensionato. Ho fatto tonta C e B, la A l’ho toccata per la prima volta a ventiquattro anni, ecco».

– E come mai sei esploso così tardi?
«Diciamo che sono arrivato tardi alla A. Perché in effetti ero già discretamente esploso in B».

– Ma è vero che ai tempi di Como volevi metterti a fare il rappresentante?
«Verissimo, Stavo giù di morale, i tifosi non mi vedevano più, pensavo di aver già ottenuto il massimo e allora ho chiesto ai dirigenti di farmi rientrare vicino a casa perché volevo mettermi a fare il rappresentante».

– Poi Vicenza…
«Sì, questa meravigliosa squadra, questa stupenda esperienza…».

– Dimmi: che tipo di calciatore ti ritieni?
«Uno che sul campo ci sa stare».

– Hai qualche modello?
«Bertini ieri e Oriali oggi».

– E che uomo sei?
«Un uomo che ha voglia di chiacchierare con la gente e di vivere serenamente. Sono il tipico calciatore e uomo medio».

– Che traguardi si può ancora avere a ventotto anni?
«Per esempio giocare in una grande squadra oppure continuare a giocare in un Vicenza che faccia l’Uefa. E poi tieni presente che qualche mese fa ho debuttato con la Sperimentale. Insomma, dovrei dire che sono già soddisfatto così, ma perché poi dovrei contentarmi?».

– Perché fai gol? Fiuto o tiro vincente?
«Beh, raramente sbaglio la porta, e poi mi parte il tiro con una traiettoria che frega spesso i portieri. Mettici anche il fatto fondamentale che il nostro Mister ha impostato un modulo che mi consente molte opportunità».

– Sicché in un’altra squadra segneresti di meno?
«Non so, potrei risponderti che anche nel Como qualche gol l’ho fatto».

– Quanto conta Paolo Rossi nel Vicenza?
«Dividi la torta in undici parti e considera che Paolo conti doppio. Direi che come minimo conta per due undicesimi, come minimo».

– E Fabbri?
«Conta tanto. Questo Vicenza è soprattutto opera sua».

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Bologna-Vicenza 5-2: la rete di Guidetti

– Insomma, conta più Fabbri o Paolino?
«Cosa vuoi, quando una squadra di valore medio ha un uomo che ti garantisce dai quindici ai venti gol all’anno, allora si fa il gran salto in avanti. E visto che tu mi ripeti ossessivamente la domanda, ti dico che contano moltissimo tutti e due».

– Ma tu Rossi lo cederesti?
«Io penso che attorno a Rossi si possa mettere insieme un Vicenza più forte».

– Come ti regoleresti nei panni di Farina?
«Te l’ho detto: approfitterei della presenza di Paolino per fare un Vicenza da Uefa permanente».

– Ipotesi: un Vicenza senza Rossi e Fabbri…
«Oh dio… il solito Vicenza che si salva all’ultima giornata nella migliore delle ipotesi…».

– E tu te ne andresti da Vicenza?
«In linea di massima vorrei restare il più a lungo possibile, mi piace la città, mi piace la gente, la società. Però se dovesse arrivare la grande occasione, sai…»

– Diciamo una cosa alla Filippi…
«Ecco, sì, non mi tirerei mica indietro».

– Come hai trovato la serie A?
«Era peggio in B quando il Como stava in testa. Venivano a farci visita squadre molto chiuse e io faticavo a districarmi. In A c’è un po’ più di respiro, l’impatto per me è stato abbastanza dolce».

– Parliamo della tua vita, quella del Guidetti borghese.
«Ho moglie e un figlio di due anni e mezzo, mi piace molto stare in casa».

– Ti interessi di politica?
«Mi piace sapere come ci si deve muovere al mondo».

– Ma le tue preferenze?
«Non ritengo opportuno che un calciatore oggi si dichiari. Siamo personaggi pubblici, siamo nel mirino di tutti, molto meglio sorvolare».

– Perché in Italia i laterali non segnano?
«Non è vero che non segnano».

– Dai, segnano pochissimo…
«Dipende in gran parte dall’impostazione del modulo, Io penso che con allenatori come Fabbri o Liedholm i laterali segneranno sempre».

– Marietto, ha più importanza il successo o il denaro?
«Chiaramente il successo per la semplice ragione che sicuramente ti porta il denaro».

– Non credo che tu abbia guadagnato molto…
«Ma sì, ho messo insieme qualche soldo solo da pochi anni».

– E questi soldi come li hai investiti?
«Un po’ di terra e qualche altra robetta».

– Andiamo avanti di cinque anni: che farai?
«Può darsi pure che giocherò ancora».

– Cambio la domanda: andiamo avanti di dieci anni…
«Mi piacerebbe molto occuparmi di squadre di ragazzini o anche fare l’osservatore la domenica, ma solo a livello di campionati giovanili. E poi qualcosa per continuare a vivere dovrò pur fare. Vediamo: mi piace stare con la gente, penso che potrei fare il rappresentante».

– Torno al discorso di partenza: racconta agli sportivi chi sei…
«Fate conto l’uomo medio con i suoi problemi quotidiani, un uomo che vive giocando a calcio e cercando di capire tutto ciò che lo circonda. Fra l’altro ho la presunzione di riuscire sempre a comprendere chi è che mi sta di fronte. Sono espansivo, ma non fesso. Non frego nessuno, ma non intendo farmi fregare».

– Il titolo fallo tu: Mario Guidetti e poi cosa…?
«Mario Guidetti, uno come tanti».