Markus di trionfo

La battaglia più difficile. Come il difensore del Liverpool, colpito da una rara malattia genetica, riuscì a tornare in campo.

«Ricordo che giocavamo contro il Bolton. Alla fine del primo tempo ho chiesto all’allenatore di uscire perché non riuscivo più a correre e a respirare. Non capivo che cosa mi stesse succedendo, ma provavo un malore molto strano. La stessa cosa capitò a Montecarlo nella finale di Supercoppa contro il Bayern Monaco. Ogni tanto guardo ancora le foto del nostro trionfo: i miei compagni festeggiano, mentre io sono piegato in due dalla fatica e sembro quasi un oggetto estraneo».

Inizia così il racconto di Markus Babbel, classe 1972, all’epoca difensore centrale del Liverpool e della Nazionale tedesca. Nell’estate del 2001 viene colpito dalla sindrome di Guillan-Barre, una malattia genetica che in alcuni casi provoca anche la morte, e in altri un’infermità quasi totale. Gli anticorpi impazziscono e attaccano il sistema nervoso periferico. Si perde progressivamente la sensibilità nei piedi e nelle mani, fino alla paralisi. La sindrome di Guillan-Barre, che aggredisce in media 2 persone su l00mila ogni anno in Europa, non guarda la carta d’identità o il sesso della persona. Anche un granatiere come Babbel (190×84) fece i conti con una malattia che lo stava consumando giorno dopo giorno.

Markus premiato da Lennart Johansson, presidente dell’UEFA Il Liverpool ha battuto il Bayern, siamo il 24 agosto 2001 e Babbel mostra tutti i segni di una fatica innaturale

«Dopo quella famosa partita contro il Bayern sono tornato a Monaco per farmi visitare da uno specialista, e quando mi ha spiegato di che cosa soffrivo non volevo quasi crederci. Non avevo mai sentito parlare di questa malattia, ma dalla faccia del medico ho capito che c’era poco da scherzare. Mi è crollato il mondo addosso, anche perché nel giro di pochi giorni ho iniziato ad avvertire uno strano formicolio alle mani e ai piedi».

Babbel viene ricoverato alla clinica Harlach e sottoposto a un trattamento per combattere la paralisi, perde addirittura 10 chili e senza l’aiuto degli infermieri e di una sedia a rotelle non riesce a percorrere neppure un metro. Difficile accettare un destino beffardo e atroce, ma lo è ancora di più quando fino a qualche mese prima sei stato una macchina perfettamente funzionante e dal giorno alla notte diventi un ferro vecchio da rottamare. La storia di Babbel commuove il mondo del calcio. Gli restano accanto la moglie Sandra e la madre Ruth, cosi come gli amici del Liverpool e della Nazionale tedesca.

Phil Thompson, vice di Houllier, fa spesso la spola tra l’Inghilterra e la clinica Harlach, mentre Rudi Voller gli promette (più che altro per incoraggiarlo) di richiamarlo presto in vista dei Mondiali. Mentre Markus è ancora bloccato su una sedia a rotelle il Liverpool gli rinnova il contratto per altri due anni.

«Avevano fiducia in me. Forse in quel momento dentro di me è scattata la molla, e ho capito che non era tutto finito, che potevo sperare. Ma dovevo combattere, disarmare l’attaccante più pericoloso tra quelli che ho incontrato sulla mia strada».

A dicembre 2001 Babbel inizia a intravedere un barlume di luce in fondo al tunnel, prova ad alzarsi dal letto e percorre i metri che lo separano dal bagno. È la prima vittoria. Lascia la clinica Harlach il 16 gennaio 2002, si trasferisce nella clinica neurologica di Bad Aibling e poi inizia a lavorare con Klaus Elder, il fisioterapista della Nazionale tedesca.

«Dovevo letteralmente imparare a camminare, come i bambini di pochi mesi. C’è gente che vive il mio stesso problema e va in coma, io sono stato fortunato. Ci sono voluti parecchi mesi per riacquistare sensibilità nelle mani e nei piedi, ma mi ero posto un obiettivo: tornare a giocare in estate».

Ha vinto la battaglia: a luglio 2002 riprende ad allenarsi con la squadra, assaporando la battaglia in campo nell’amichevole contro la Lazio all’Anfield Road. Qualche settimana dopo Houllier lo vuole per la Community Shield (la Supercoppa d’Inghilterra) contro l’Arsenal.

«Abbiamo perso 1-0 grazie a un gol del brasiliano Gilberto Silva. I miei compagni erano disperati ma io invece sorridevo. Avevo vinto qualcosa di più importante di quel trofeo che i Gunners sollevavano al cielo sotto il mio naso».

Ma la rincorsa non è finita: il 6 novembre Babbel veste per la prima volta la maglia da titolare contro il Southampton in una gara di Coppa di Lega e in primavera Voller (che è stato evidentemente di parola) lo convoca nuovamente in Nazionale in vista delle decisive sfide per le qualificazioni agli Europei del 2004.

6 novembre 2002: il ritorno di Babbel titolare, qui contro Delgado del Southampton

«Ho rivisto il Babbel di un tempo, più forte della malattia che l’aveva colpito» racconta il manager del Liverpool Gerard Houllier, un altro che ha visto la morte in faccia e che è tornato a vivere dopo un’operazione al cuore durata quasi 12 ore. «Il suo entusiasmo sarà per noi un ‘arma in più. L’ho visto piangere quando gli ho detto che era pronto per tornare a giocare. Erano lacrime di gioia».

Lacrime di chi si è lasciato alle spalle l’inferno, ma che ha rimandato l’appuntamento col paradiso.