Milan-Inter: 5 Storie di Derby

Gli EROI PER CASO

La rimonta-beffa del centrocampista rossonero e il ragazzino che rovinò l’esordio di Berlusconi. De Vecchi: «Liedholm non si scompose. Disse: peccato, ancora 10′ e si vinceva»

Che cos’è il derby? Un mondo dove anche chi non si chiama Meazza, Rivera, Mazzola o Van Basten può entrare nella storia, nel cuore dei tifosi. Non ci credete? E allora fate un giro per Milano e scoprirete che davvero in pochi non conoscono Walter De Vecchi e Giuseppe Minaudo.

LA DOPPIETTA DI DE VECCHI

«Il miracolo di De Vecchi»: così titolava in prima pagina la Gazzetta di lunedì 19 marzo 1979. Il giorno prima, l’allora giovanissimo centrocampista del Milan aveva vanificato in dieci minuti il doppio vantaggio dell’ Inter, lanciando di fatto i rossoneri verso lo scudetto della stella.
«Fu una gara incredibile – racconta De Vecchi – Un 2-2 rocambolesco. L’Inter dominò per 80′, segnò con Oriali e Altobelli e sbagliò pure un calcio di rigore con lo stesso Spillo: lo parò Albertosi (migliore in campo, ndr). Poi successe che misi in campo una delle mie caratteristiche migliori, il tiro dalla distanza e…».
E per Bordon furono forse i dieci minuti peggiori della sua vita sportiva. Non solo per l’eterno vice di Dino Zoff, però. Quella doppietta, oltre all’Inter stessa, colpì al cuore l’intero popolo nerazzurro, sbeffeggiato per lungo tempo dagli sfottò dei cugini.
«Eh sì – continua De Vecchi -, io di gol nella mia carriera ne ho fatti tanti, ma quella doppietta è rimasta scolpita nella mente di tutti. Alla vigilia di ogni derby, viene ricordata. E la gente mi riconosce ancora oggi. Non è una frase fatta quando si dice che il derby non sia una partita come le altre: vale dieci volte una sfida normale. Un gol decisivo e il tuo nome diventa indelebile».
Quello era un Milan fortissimo, guidato dal barone Liedholm: «Il mister a fine gara non si scompose minimamente. Disse “peccato, ancora dieci minuti e vincevamo partita…”. Un grande!».

De Vecchi è uomo di buon senso, misurato e per nulla propenso a rendere leggenda ciò che fu, ma quel Milan è un dolce ricordo: «Una squadra magnifica, non c’erano ancora gli stranieri e attorno a grandi vecchi come Rivera, Bigon e Capello cresceva un gruppo affiatatissimo di giovani: io, Novellino, Maldera, Buriani, con Franco Baresi e Fulvio Collovati pronti a sbocciare definitivamente. Si arrivava all’ allenamento anche due ore prima e si dava il via a una serie di partitine a calcio-tennis. Che gruppo! Quel Milan era destinato ad aprire un ciclo importante, molto importante. Ma poi scoppiò il caso scommesse…».

L’ultimo ricordo di De Vecchi è tutto per San Siro: «Quel pomeriggio lo stadio era stracolmo. Mi trovai ai piedi di una vera e propria muraglia umana, alta due anelli (il terzo fu costruito solo nel ’90, ndr): una situazione alla quale non puoi mai abituarti. E’ solo quando esci da quel tunnel che cominci a sentire certe partite e se non sei un giocatore vero, certi palcoscenici ti mandano nel panico».
Era dunque il 18 marzo 1979, Walter De Vecchi divenne il simbolo dei tifosi rossoneri, l’icona da sbattere in faccia ai cugini nerazzurri. Ma il derby comincia a scrivere le sue sceneggiature con largo anticipo e quel pomeriggio fu scritto il primo capitolo di un’ altra beffarda storia, questa volta favorevole alla sponda nerazzurra del Naviglio…

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De Vecchi ha appena scoccato il tiro per il provvisorio 2-1

IL SOGNO DI MINAUDO

A bordo campo, infatti, tra i raccattapalle c’era un ragazzino, quasi dodicenne, distrutto da quei due gol in dieci minuti, ma destinato a rovinare la prima di Silvio Berlusconi. Il suo nome? Giuseppe Minaudo, classe 1967, interista dalla nascita. Il suo giorno di gloria arriva domenica 6 aprile 1986. Inter-Milan conta solo per la coppa Uefa. Ma è il primo derby di Berlusconi presidente, il Milan è definitiva-mente uscito da una brutta crisi societaria e il popolo rossonero già sogna in grande. Di contro, Ernesto Pellegrini insegue ancora il primo successo contro i rossoneri. Lo stadio? Nemmeno a dirlo: esaurito. L’Inter è a -3 dal Milan: per lo scudetto cittadino servono i due punti (tanto valeva allora una vittoria).

La partita è brutta, ma a 13′ dalla fine arriva il gol del 19enne Minaudo, ragazzino della Primavera, gettato nella mischia nel secondo tempo da Mario Corso. «Si fece male Marangon – ricorda Minaudo – e il mister, che mi aveva già allenato nelle giovanili, mi spedì in campo. Ma ci pensate: un interista sfegatato, cresciuto nelle giovanili dell’ Inter, che segna il gol partita in un derby: una goduria. Dopo il gol ero impazzito, non sapevo più dove andare, i dubbi me li tolse Ferri che mi sollevò da terra e non mi mollò più, finché non venni sommerso anche dal resto della squadra. Ma il valore di quel gol l’ho capito solo con il passare degli anni. Pazzesco, contava poco per la classifica, eppure se un interista vuole sfottere un milanista molto spesso gli ricorda proprio il mio gol. E sapete perché? E’ molto più bello vincere un derby per 1-0, con un rigore rubato, un autogol o appunto con una rete di un ragazzino sconosciuto della Primavera. E’ più bello anche di un 6-0…».

Minaudo rivive con piacere quei momenti: «Un sogno, a posteriori sembra davvero una piccola vendetta personale: ricordo bene i due gol di De Vecchi nel 1979, mi fecero soffrire come un pazzo. E anche il Milan che affrontai io era allenato da Liedholm…».
Sincero, poi, ammette: «Un gol che mi ha cambiato la vita, nel senso che ancora oggi mi capita di essere fermato e festeggiato da qualche tifoso. Aveva proprio ragione Matteoli, che una volta mi disse “ma ti rendi contro che per quel gol sarai ricordato per sempre dai tifosi dell’Inter e ci sono giocatori più famosi di te che magari sono già caduti nel dimenticatoio? Forse, un giorno un tifoso dirà: Matteoli? E chi è? Minaudo? Ah sì, quello del gol al Milan”. Sembra pazzesco, ma è così».
In effetti, Giuseppe Minaudo è uno dei dispetti più brutti che il derby potesse fare ai milanisti. E ancora oggi il piccolo centrocampista si diverte indirettamente alle loro spalle: «alleno gli esordienti della Poli-sportiva Ghisalbese. Cosa c’è di strano? E’ una società che appartiene a Galassia Milan. Così non mi dimenticano…».

ALTRI EROI PER CASO

A ritroso nel tempo, proustianamente, risaliamo fino a Bibiano Zapirain, uruguaiano, classe 1919. Arrivò nel ’46 con gli altri quattro (Bovio, Cerioni, Volpi e Pedemonte) famigerati «bidoni di Masseroni». Bibiano, meno scarso del quintetto, in poco più di due anni sommò 58 presenze e 18 gol di cui uno, il 2 novembre del ’47 al Milan, battuto alla fine per 3-2.
Non era uno sconosciuto Egidio Morbello definito «un prezioso attaccante che è servito a tenere ”svegli” i titolari», però sfiorò solo l’Inter che si avviava a dominare il mondo. Sedici i suoi gol con la maglia nerazzurra che indossò per poco più di due anni. Il più importante nel derby del 4 febbraio 1962: favoriti i rossoneri, che si erano imposti all’andata, ma Morbello portò in vantaggio l’Inter che poi raddoppiò con Suarez. Giocò l’ultima partita in nerazzurro il 13 gennaio del 1963, poi venne ceduto. Curiosa la sua vicenda umana e professionale: transitò anche in Libia, dove ebbe la sfortuna di incappare nella rivoluzione di Gheddafi. Terminata la carriera si impiegò come geometra all’Autobianchi di Desio.
Autografò la sua presenza nella stracittadina anche Sergio Maddè, poi famoso vice di Osvaldo Bagnoli, ma negativamente: una sua autorete consegnò all’Inter il derby del 20 novembre ’66.
Sono diventati protagonisti del derby anche attaccanti non famosi come quelli che hanno scritto la Storia delle due milanesi: dietro a Mazzola e Rivera, Corso e Prati, ecco Silvano Villa che partecipò al 3-0 (a favore del Milan) dell’8 novembre ’70: dopo quel tonfo Ivanoe Fraizzoli cacciò Heriberto Herrera e lo sostituì con Giovanni Invernizzi con cui la squadra ottenne il suo undicesimo titolo.
Nell’inguardabile prova del 28 novembre ’76, in uno dei periodi più grigi delle vicende rossonerazzurre, a Giampiero Marini replicò Massimo Silva, 20 presenze e quattro reti in quel Milan opaco.
L’abbiamo preso in giro in tutti modi, ma Egidio Calloni, «sciagurato» centravanti milanista vittima di una crudele iconografia, comunque si è distinto nel derby, realizzando due gol (il 9 marzo e il 7 dicembre ’75).
In tempi più recenti, hanno marchiato la «Partita» di Milano Andrea Seno e André Alves da Cruz. Seno arrivò a Milano da Foggia: giornalista (teneva una rubrica sul «Roma») e, soprattutto, intellettuale del centrocampo di Zeman, non ebbe fortuna in nerazzurro a causa di un grave infortunio. Però, il 15 aprile del 1995 fu un suo gol ad aprire la strada al successo dell’Inter (3-1) nel primo derby di Massimo Moratti.
Cruz, difensore proveniente dal Napoli, fu uno degli acquisti deludenti del Milan che non riusciva a emanciparsi dall’età dell’ oro di Sacchi e Capello. Però, in 13 presenze, riuscì a farsi notare con una rete. All’Inter, ovviamente. Trasformò un rigore all’80’ del derby del 22 novembre 1997, chiudendo quella sfida sul 2-2. Poi sparì…