Mondiali 1934: ITALIA

Braccio di ferro tra danubiani e latini

Conclusi i turni eliminatori (l’Italia aveva superato la Grecia per 4-0) la macchina organizzativa era pronta per mettersi in moto. L’inizio vero e proprio fu anticipato dall’incontro fra Stati Uniti e Messico che avevano deciso di giocarsi la partecipazione alla fase finale direttamente in Italia. Il 24 Maggio, tre giorni avanti l’inizio ufficiale della manifestazione, gli «states» sconfissero il Messico e il gruppo delle sedici finaliste era finalmente composto per dare fuoco alle polveri. Il sorteggio per gli accoppiamenti degli ottavi non fu pilotato e fortunatamente la prima giornata di gare non prevedeva scontri tali da pregiudicare il prosieguo del torneo.

In qualche difficoltà incappò l’Austria nel confronto con la Francia a Torino. I transalpini che anche allora disponevano di una formazione di seconda forza, erano capaci di esaltare le loro qualità a seconda degli avversari che incontravano. Poco prima del mondiale l’inglese Mister Kimpton, selezionatore degli orgogliosi «galli», aveva pescato a piene mani nella seconda divisione francese. Al vertice dell’attacco aveva schierato Jean Nicolas, scaltro opportunista che nella qualificazione aveva segnato caterve di reti al Lussemburgo e proprio in un incontro di preparazione ad Amsterdam s’era reso interprete di una grande performance segnando tre delle cinque reti con le quali i francesi avevano battuto l’Olanda. La Francia giocava già il WM e gli austriaci si trovarono a mal partito fin dall’inizio. Al 19′ poi Nicolas pur relegato all’ala per una testata di Smistik, riuscì a portare in vantaggio i suoi raccogliendo un centro di Keller. Il Wunderteam di Meisl dovette sudare le proverbiali sette camicie per aver ragione del marcamento strettissimo imposto da Mister Kimpton agli attaccanti austriaci. Matias Sindelar riuscì a pareggiare sul finire del primo tempo e solo la disputa dei supplementari suggellò la vittoria dei danubiani con un risicatissimo 3-2 per le reti di Shall in sospetta posizione di fuori gioco, Bican e Verriest.

Austria-Francia 3-2; il francese Thepot battuto da Bican
Austria-Francia 3-2; il francese Thepot battuto da Bican

Gli azzurri batterono agevolmente gli Stati Uniti per 7-1 (3 reti di Schiavio) e le uniche e abbastanza relative sorprese furono determinate dalla eliminazione di Argentina e Brasile che come abbiamo visto s’erano presentate al mondiale con formazioni di scarsa consistenza. Le stesse difficoltà dell’Austria le incontrò la Cecoslovacchia opposta ad una Romania gagliarda e combattiva. I rumeni andarono in vantaggio all’11’ grazie ad una netta superiorità di manovra e solo i grandi interventi di Planika, impedirono l’ulteriore aggravamento della situazione. Nella ripresa l’ardore combattivo dei rumeni andò scemando ed allora Puc e Nejedly riuscirono a ristabilire la giusta gerarchia dei valori in campo. Italia, Cecoslovacchia, Germania, Austria, Spagna, Svizzera, Svezia, e Ungheria hanno superato gli ottavi e la manifestazione entra nel vivo senza il fardello delle formazioni più modeste.

I quarti prevedono già incontri di fuoco come Austria e Ungheria tradizionale lotta fra danubiani, Cecoslovacchia e Svizzera e Italia – Spagna sfida infuocata fra latini. Ostacolo durissimo la Spagna di Zamora. Le furie rosse ci hanno battuto nel 1930 a Bologna per 3-2 e nell’immediata vigilia del mondiale hanno fatto polpette del Portogallo. Nel confronto degli ottavi con il Brasile di Leonidas, gli spagnoli non hanno avuto difficoltà di sorta. Oltre alla grande esperienza di Zamora e alle qualità combattive di giocatori come Quincoces, Iraragorri, Lafuente, Regueiro e Gorostiza, hanno messo in vetrina un centravanti temibilissimo come Isidro Langara, che con una doppietta perentoria ha piegato la resistenza dei gialloverdi. All’epoca di quella Coppa del Mondo Langara contava appena ventidue anni ed era nel pieno della vigoria fisica; nell’incontro con il Brasile aveva stupito per l’astuzia che coronava adeguatamente il gioco rapido e senza fronzoli dei suoi compagni di linea.

Brutta gatta da pelare questa Spagna per gli azzurri che Pozzo aveva presentato nella seguente formazione: Combi Monzeglio Allemandi, Pizziolo Monti Castellazzi, Guaita Meazza Schiavio Ferrari Orsi. E gli spagnoli: Zamora, Ciriaco Quincoces; Cilaurren Muguerza Fede; Lafuente Iraragorri Langara Regueiro Gorostizia. Gran folla sugli spalti al fischio d’inizio del belga Baert e subito fu chiaro che il gioco maschio e deciso delle difese ben difficilmente avrebbe permesso agli attacchi di pervenire al gol manovrato. Spagna dal gioco rapido con palla scagliata radente e veloce a dettare la manovra e Italia preoccupata a contenere lo slancio dei «rossi» rispondendo con abili fiondate colpo su colpo, iniziativa su iniziativa. Bloccate le due formazioni dal gioco rude dei difensori, scontate le reti che fissarono 1’1-1 dopo la 120′ di lotta gagliarda. Per una entrata scorretta di Allemandi al 31′ punizione di Langara battuta ad effetto e rapida deviazione di Regueiro che inganna Combi; al 44′ stessa situazione nei pressi dell’area iberica e gran botta di Pizziolo alla quale Zamora oppone le mani senza riuscire a deviare; Ferrari si avventa sulla palla ed è lesto ad infilare. Per il resto dell’incontro brividi alterni alle tifoserie per un palo di Langara pareggiato da un bolide di Guaita che si infrange sui legni. E poi Combi ad eguagliare Zamora in bravura e proprio al 119′ dell’aspra contesa un pallone sibilante di Schiavio un dito sopra la traversa.

La rete di Meazza piega la Spagna

Niente da fare, si rendeva necessario un altro incontro e ciò favoriva nettamente l’Austria deputata a misurarsi con la vincente fra Spagna e Italia. A ventiquattro ore di distanza nuova kermesse per designare la rappresentante latina degna di continuare il torneo. Pozzo si limitò a quattro innesti: Ferraris IV, Bertolini, Borel e De Maria a sostituire Pizziolo, Castellazzi, Schiavio e Ferrari. La squadra perdeva qualcosa in continuità e stile, ma acquistava compattezza ed aggressività. Più difficile il compito di Garcia Salazar che fu costretto a rivoluzionare i ranghi. Malignamente fu scritto che tale modo d’agire fu imposto da ordini superiori e più pedestramente dal fatto che ì tifosi fiorentini stazionando tutta la notte davanti all’albergo che ospitava gli iberici con trombe e tamburi impedirono agli stanchissimi eroi il sonno che meritavano. Spagna comunque con: Nogues; Zabalo Quincoces; Cilaurren Muguerza Lecue; Vantoirà Regueiro Campanai Chaco Bosch.

Sebbene pesantemente rimaneggiati i «rossi» non concessero alcun vantaggio agli azzurri; l’incontro non fu spettacolare come quello del giorno avanti ma le due squadre non si concessero tregua e il risultato rimase in dubbio fino all’ultimo. Gli azzurri erano passati in vantaggio già al 12′ con un perfetto stacco di Meazza ad incornare in rete un calcio d’angolo pennellato da Orsi e ciò faceva presagire una facile soluzione della contesa. Ma non fu così. Gli spagnoli pur menomati per un infortunio all’ala sinistra Bosch seppero moltiplicare le energie provocando brividi di paura ai tifosi quando Regueiro spedì in rete un pallone che l’arbitro Marcet annullò per fuori gioco di posizione. Gli azzurri avrebbero potuto raddoppiare ripetutamente ma la fatica pesava sulla precisione nelle conclusioni e pur con qualche difficoltà passarono alle semifinali meritatamente con il minimo punteggio scaturito dal gol di Meazza.

Gli altri incontri dei quarti furono altrettanto equilibrati anche se non si resero necessari tempi supplementari e ripetizioni. L’Austria riuscì a prevalere sui tradizionali avversari ungheresi dopo una dura battaglia disputata ai limiti della correttezza. Hugo Meisl disse che non si era giocata una partita di calcio ma una baruffa continua fra due squadre che non intendevano prendere la strada di casa. Il Wunderteam guadagnò la vittoria grazie alla migliore prestazione tecnica e al successo dei bianchi contribuì non poco l’eccessivo nervosismo che caratterizzò il comportamento dei magiari che oltre tutto terminarono la contesa menomati nel numero per l’espulsione dell’ala destra Markos. Gli ungheresi avevano battuto l’Egitto negli ottavi, vendicando così l’onta subita a Parigi nel ’24, ma nel corso di quella Coppa del Mondo non riuscirono ad attingere i livelli che poche settimane prima avevano reso possibile una vittoria inequivocabile sull’Inghilterra di Hapgood e Bastin, grazie alla grande prestazione di Stefan Avar e Giorgio Sarosi.

Piana e regolare la vittoria dei tedeschi di Otto Nerz schierati a WM secondo l’ortodosso sistema inglese, con le mezze ali arretrate ed il centromediano Szepan costantemente fra i terzini a marcare il centravanti avversario. Otto Nerz allora Commissario Unico dei tedeschi, e con il quale già collaborava Sepp Herberger, introdusse questo sistema di gioco dopo un lungo viaggio di studio in Inghilterra. Pochi anni più tardi scomparve sul fronte russo nella grande ecatombe del terzo Reich. Pur chiara nell’espressione tecnica la vittoria tedesca fu assai meno netta nel punteggio; 2-1 grazie ad una doppietta della mezzala Hohmann.

Ardente e combattuto l’altro quarto che vedeva impegnate Svizzera e Cecoslovacchia. I rossocrociati imbaldanziti dalla vittoria ottenuta a spese di una ambiziosissima Olanda, si avventarono sulle retrovie cecoslovacche concedendo ai boemi larghissimi spazi. Sfruttando i quali Svoboda Sobotka e Nejedly costruirono le basi di una vittoria sofferta, poiché gli svizzeri riuscirono ad andare in vantaggio e a raggiungere i cechi sul 2-2, ma meritata per la più razionale tattica di gara e per una maggiore caratura dei cechi nei confronti dei compagni di Trello Abegglenn.